La svolta di Matteo Salvini, il via libera al governo Draghi praticamente senza condizioni, ha messo il Partito Democratico nella situazione di dover accettare un’alleanza scomoda, contro cui si era espresso pochi giorni prima praticamente l’intero gruppo dirigente, e di veder diminuito il proprio peso politico all’interno della nuova maggioranza. In effetti, la presenza della Lega sembrerebbe comportare lo spostamento verso destra dell’asse politico – programmatico del governo guidato da Mario Draghi, obbligando gli altri partiti della maggioranza a scendere a compromessi su punti rilevanti del loro programma. Ovviamente, il riferimento obbligato è al tema dell’immigrazione, atteso che la "svolta europeista di Salvini" è più un claim buono per le prime pagine dei giornali e per rassicurare gli ambienti istituzionali che una reale volontà politica.
Una prima risposta l’ha data il Partito Democratico di Nicola Zingaretti, che, nel corso dell’incontro con il Presidente del Consiglio incaricato Mario Draghi, ha ribadito qual è la posizione del suo partito sul tema dell’immigrazione. Revisione degli accordi europei sulla gestione dei migranti attualmente in vigore, contro gli egoismi nazionali e l’esternalizzazione delle frontiere, cambiamenti sostanziali della Bossi – Fini, mantenimento delle modifiche ai decreti sicurezza e approvazione dello ius culturae: sono queste le richieste che il PD ha avanzato durante il confronto, mettendole poi nero su bianco in un documento consegnato all’ex guida della Banca Centrale Europea. Nel testo, con riferimento all’attività da portare avanti in sede europea, si legge:
Riprendendo il lavoro già impostato con gli accordi di Malta, riteniamo prioritario:
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rafforzare l’impegno in sede di Consiglio Europeo per una reale solidarietà da parte degli Stati membri, non solo in termini monetari, ma prevedendo una effettiva ripartizione delle persone che chiedono asilo e attive politiche di cooperazione e sviluppo con i Paesi di transito e di provenienza di queste migrazioni forzate;
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lo sblocco dei provvedimenti che promuovono una nuova cittadinanza inclusiva, in grado di creare coesione sociale, tornando a investire su un ruolo attivo e determinante dei Comuni.
Ma non solo, perché il PD ribadisce di considerare disumani e insicuri i decreti Salvini e rivendica con forza la scelta di cambiarli (a quanto ci risulta, poi, Zingaretti ha fatto esplicito riferimento al lavoro del ministro Lamorgese durante il colloquio con Draghi). Scrivono i dem nel documento: “Avevano come scopo non dichiarato quello si rendere impossibile, di fatto, la protezione internazionale per decine di migliaia di persone in fuga da carestie e guerre, con l’aggravante che molte persone venivano espulse dalle strutture e dai percorsi di accoglienza, diventando così degli “invisibili”. A ciò si sommava la chiara carica simbolica di quei decreti: il migrante era l’invasore da respingere, sacrificando a tale scopo l’umanità e il diritto”.
E dunque, in ragione di tali considerazioni e nella necessità di cambiare le politiche in tema di accoglienza (anche del Conte I, con un chiaro riferimento allo smantellamento del sistema SPRAR voluto da Salvini), nonché di dare un chiaro segnale ai “nuovi italiani”, i democratici chiedono al prossimo governo:
- l'adozione di un nuovo testo unico sull’immigrazione che superi la Bossi-Fini, ormai datata e dagli effetti dannosi;
- l'approvazione in via definitiva del disegno di legge sullo Ius Culturae;
- lo sviluppo di un modello di accoglienza diffusa, capace di offrire non solo i servizi essenziali , ma adeguata formazione linguistica e inserimento professionale, come indicato dal recente decreto immigrazione.
Ora toccherà a Draghi trovare la quadra. E dirlo a Salvini.