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Il Parlamento Ue si oppone all’accordo sul bilancio dell’Unione: tagli inaccettabili

Oggi a Bruxelles una larghissima maggioranza ha votato una risoluzione sui risultati del Consiglio europeo. Lega e Fratelli d’Italia hanno annunciato l’astensione. Soddisfazione – non esente da critiche, soprattutto sul sistema della governance e il cosiddetto ‘freno di emergenza’ – per il Recovery Fund. Mentre per l’Eurocamera il compromesso raggiunto sul bilancio 2021-2027 mette a rischio il futuro dell’Europa.
A cura di Gloria Bagnariol
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Dopo le lunghe negoziazioni che hanno portato all’accordo i 27 capi di stato e di governo sul Recovery Fund e sul bilancio dell’Unione europea per il 2021-2027, tocca al Parlamento europeo esprimersi. Il Presidente del Consiglio europeo Charles Michel e la Presidente della Commissione Ursula Von Der Leyen sono andati a riferire in aula, Michel ha sottolineato ancora una volta la portata storica dell’intesa raggiunta, per Von Der Leyen in questo modo “ci assumiamo la responsabilità del futuro dell’Ue”, ma ammette che “il bilancio è una pillola amara”. Molto più duri gli eurodeputati che approvano a larghissima maggioranza una risoluzione che evidenzia tutte le ombre del compromesso. Hanno votato a favore 465 deputati, 150 si sono opposti, mentre 67 si sono astenuti. Lega e Fratelli d'Italia avevano annunciato la loro astensione, mentre tutti gli altri eurodeputati italiani hanno sostenuto il testo. Nel primo pomeriggio bocciati invece tutti i 35 emendamenti, tra cui uno che chiedeva di non garantire i finanziamenti alle aziende con sede nei paradisi fiscali, bocciato anche dal Pd e Forza Italia.

I deputati europei si dicono soddisfatti dell’accordo su Next Generation Ue, il piano lanciato dalla Commissione e approvato dal Consiglio che dovrebbe stimolare la ripresa delle economie europee alle prese con le conseguenze dell’emergenza Coronavirus. Ma ammoniscono i capi di stato e di governo sulla riduzione della quota dedicata alle sovvenzioni (passata da 500 miliardi a 390) e si oppongono sull’intesa raggiunta sulla governance, il cosiddetto ‘freno di emergenza’, inserito sotto le insistenti pressioni del governo olandese. Per il Parlamento “tale approccio si discosta dal metodo comunitario, privilegiando un approccio intergovernativo e finirà solamente per complicare il funzionamento del dispositivo e indebolire la sua legittimità”.

Le parole più dure vengono però riservate alla scelta del Consiglio europeo di tagliare i fondi riservati al bilancio (Qfp) per il 2021-2027, che indeboliscono i programmi faro dell’Unione, tra cui quelli dedicati alla ricerca, alla cooperazione internazionale e alla cultura. Il Parlamento europeo si dice “pronto a non concedere l’approvazione al Qfp fino a quando non sarà raggiunto un accordo soddisfacente nei prossimi negoziati tra il Parlamento e il Consiglio”. Ricorda al Consiglio che le sue conclusioni sono solamente “un accordo politico tra i capi di Stato e di governo” e che “tutti i 40 programmi dell’Ue finanziati nel quadro del QFP dovranno essere approvati dal Parlamento in qualità di colegislatore”.

La risoluzione approvata si concentra in più passaggi proprio sulla mancanza di un accordo dal respiro europeo, arrivando a “deplorare il fatto che troppo spesso l’adesione esclusiva a interessi e posizioni nazionali metta a rischio il conseguimento di soluzioni comuni che sono nell’interesse generale”. Dal voto dell’aula emerge il pericolo che i tagli proposti ai programmi dedicati alla sanità (eliminati dal piano per la ripresa) possono rappresentare in questo momento in cui l’Europa e il mondo continuano ad affrontare l’emergenza Coronavirus. Ma non solo: la mancanza di fondi per l’istruzione e la trasformazione digitale possono “pregiudicare il futuro della prossima generazione” e le sforbiciate in materia di transizione ecologica “sono in contrasto con l’agenda del Green Deal”.

Gli eurodeputati annunciano battaglia su più fronti: non solo devono essere garantiti fondi adeguati a tutti i programmi, ma deve essere stabilito un calendario giuridicamente vincolante per l’introduzione di un paniere di risorse proprie, che non può limitarsi alla tassa sulla plastica, “primo passo parziale per rispondere alle aspettative di questo Parlamento”, ma deve comprendere anche, tra le altre, un’imposta sul digitale e sulle transazioni finanziarie. Non solo: c’è bisogno di un vincolo più forte tra gli investimenti e lo Stato di diritto e, soprattutto, devono finire tutti i meccanismi di compensazione, i cosiddetti rebates, che hanno garantito a Olanda, Germania, Austria, Svezia e Finlandia uno sconto sul bilancio complessivo.

Il Parlamento si prepara quindi alle negoziazioni con il Consiglio e la Commissione europea tenendo ferme le ambizioni per un bilancio più corposo. È convinto che sia necessario raggiungere un accordo tra le istituzioni entro ottobre, ma ammette che “non è disposto ad avallare formalmente una decisione già presa”.

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