Il Parlamento vota per abolire i senatori a vita, approvato il primo articolo del premierato
È arrivata la prima votazione sulla riforma del premierato, il testo che vorrebbe cambiare la Costituzione italiana introducendo l'elezione diretta del presidente del Consiglio. Oggi il Senato è riunito in una seduta fiume che terminata alle dieci di sera – per arginare l'ostruzionismo delle opposizioni. I senatori hanno dato il via libera al primo degli articoli del ddl, quello che cancella il potere del presidente della Repubblica di nominare senatori a vita. I voti a favore, effettuati per alzata di mano e quindi non proclamati, sono stati 94. Dopo diverse ore, poi, è arrivato anche l'ok al secondo articolo, che regola l'elezione del presidente della Repubblica.
Cosa cambia per i senatori a vita e il presidente della Repubblica
La norma abroga l'articolo 59 della Costituzione al secondo comma, che recita: "Il presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cittadini che hanno illustrato la patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Il numero complessivo dei senatori in carica nominati dal presidente della Repubblica non può in alcun caso essere superiore a cinque". Dunque, il Quirinale verrebbe del tutto privato del potere di nominare dei senatori a vita. L'unica eccezione rimarrebbero gli stessi capi dello Stato, dato che resterebbe intatta la prima parte dell'articolo 59: "È senatore di diritto e a vita, salvo rinunzia, chi è stato presidente della Repubblica". I senatori a vita oggi in carica manterrebbero comunque il loro seggio.
Non si tratta di novità che entreranno in vigore da subito, anzi. Il voto di oggi è il primo passo di una discussione che si annuncia lunga e combattuta. Oggi non si sono risparmiate le tensioni in Aula, con scontri continui tra maggioranza e opposizione. Questi hanno coinvolto anche il presidente del Senato Ignazio La Russa, accusato di aver preso in giro la senatrice a vita Elena Cattaneo quando, una volta finito il tempo del suo intervento, le ha detto: "Per una volta che abbiamo l’onore di poterla ascoltare, prego, ha il tempo doppio". Affermazione accolta da risate e applausi del centrodestra, e criticata dalle minoranze.
Quando può entrare in vigore la nuova norma sui senatori a vita
I tempi della riforma si annunciano lunghi: cancellata ormai l'idea di arrivare al voto finale prima delle europee, al momento il calendario prevede che il Senato concluda i lavori attorno al 18 giugno. Le opposizioni sono pronte a dare battaglia, gli emendamenti presentati sono circa tremila, anche se fin da oggi il centrodestra ha applicato il cosiddetto "canguro" per votare insieme numerosi emendamenti simili e quindi accorciare i tempi. All'inizio della seduta, alle ore 15, la minoranza ha fatto fermare i lavori per circa venti minuti perché gli esponenti della maggioranza non erano ancora arrivati tutti e quindi non c'era il numero legale per procedere alla discussione.
Per quanto riguarda i senatori a vita, come detto, la "abolizione" non partirà da subito. Non solo perché lo stesso ddl del premierato prevede che la riforma entri in vigore solo dopo il prossimo scioglimento delle Camere, ma perché l'iter di approvazione è ancora lungo. Dopo aver approvato il primo articolo, il Senato prosegue nella discussione per arrivare al voto degli altri quattro. Quando l'intero ddl sarà stato approvato, passerà alla Camera, poi in autunno dovrà tornare ancora al Senato per la seconda lettura, e da lì ancora alla Camera. Sempre presupponendo che non ci siano più emendamenti e che il testo resti identico.
Anche dopo tutti questi passaggi, è molto probabile che ci sarà margine per chiedere un referendum costituzionale sul premierato. Si parla, insomma, di lavori che richiederanno ancora come minimo diversi mesi, e forse più di un anno. Nel frattempo, il presidente Mattarella manterrà il potere di nominare senatori a vita.
Approvato anche il secondo articolo del ddl
Poco prima delle dieci di sera, il Senato ha poi dato l'ok anche al secondo articolo della riforma. In questo caso, si tratta di una misura per modificare le regole dell'elezione del presidente della Repubblica. Infatti, oggi il capo dello Stato deve essere eletto dal Parlamento in seduta comune con una maggioranza dei due terzi dei voti, ma dalla quarta votazione in poi basta la maggioranza assoluta.
Con questo articolo, che era stato inserito durante i lavori della commissione Affari costituzionali a partire da un emendamento di Italia viva, il quorum scenderà solo a partire dal settimo scrutinio, e non dal quarto. Rendendo, così, più complesso eleggere il presidente della Repubblica, e dando più tempo per cercare accordi condivisi tra i partiti.