L’ambizione di Mario Draghi per il Quirinale non è mai stata un mistero: l’essersi definito, in conferenza stampa, un nonno al servizio delle istituzioni è stata una dichiarazione piuttosto esplicita della sua volontà, ribadita nelle ultime ore con ancora maggior vigore, e personalmente. Del resto, sono anni che il suo nome viene citato come successore naturale di Napolitano prima, di Mattarella poi: ai tempi del Patto del Nazareno, l’accordo extraparlamentare sulle riforme tra Renzi e Berlusconi, Mario Draghi rappresentava proprio il nome gradito a entrambi per la Presidenza della Repubblica, ma quell’ipotesi fu esclusa dal diretto interessato, che ricordò che il suo mandato alla Banca Centrale Europea sarebbe durato ancora qualche anno.
Ora, dopo un anno dal suo avvento provvidenziale alla Presidenza del Consiglio per risolvere la crisi di governo innescata da Renzi, dopo aver formato un esecutivo coinvolgendo la destra (Brunetta, Carfagna, Garavaglia, Gelmini, Giorgetti, Stefani, solo per citare i ministri) e premiando esponenti e simpatizzanti di Comunione e Liberazione, dopo aver ottenuto un appoggio parlamentare tanto largo quanto variegato, ecco che lascia intendere di voler effettuare un upgrade della carica, passando – e sarebbe la prima volta nella storia d’Italia – da capo dell’esecutivo a capo dello Stato. E, quando i partiti rispondono a suon di schede bianche, formalizza il desiderio e lo dichiara in maniera esplicita, seppur privata.
Si giunge dunque al paradosso. Indispensabile a Palazzo Chigi, Mario Draghi non può essere eletto al Quirinale. Ma se non viene eletto al Quirinale, allora non intende nemmeno restare a Palazzo Chigi. Il presupposto di questo impasse è che Draghi sia il migliore, non solo: che sia l’unico adatto a questi ruoli. Ma con l’ostinazione degli ultimi giorni pare invece dimostrare che, per quanto acuto, bravo, esperto possa essere, l’attuale occupante di Palazzo Chigi sia del tutto inadatto a trasferirsi al Quirinale.
Il Presidente della Repubblica ha enormi poteri, anche se all’apparenza il suo ruolo pare più formale: abituati ad ascoltarne i discorsi di capodanno, a vederlo conferire onoreficenze e presiedere cerimonie, finiamo per perdere di vista che, in quanto capo di Stato, il Presidente della Repubblica promulga leggi ed emana decreti, presiede il Consiglio Superiore della Magistratura e detiene il comando delle forze armate, nomina il Presidente del Consiglio, con tutto quel che questo comporta in termini di consultazioni, compromessi, confronti con gruppi parlamentari ed esponenti politici. Un simile ruolo di garanzia, simili responsabilità, non possono essere oggetto di pretesa, salvo non si voglia dimostrare di non averne compreso il profondo valore.