"Non abbandono la nave. Posso starci da mozzo o da campitano, ma non la abbandono". Pier Luigi Bersani ha scelto una delle sue "metafore spettacolari" per descrivere il momento più difficile della sua carriera politica, conscio probabilmente di andare incontro a critiche e polemiche. Eppure, mai come stavolta, la definizione sembra adattarsi alla perfezione allo scenario politico generato dai risultati delle politiche. Con qualche piccola, ma sostanziale differenza. Bersani sa benissimo che non sarà mai il Capitano del vascello tricolore. Almeno non un capitano legittimato dal voto popolare, e nemmeno da strane maggioranze parlamentari (perché il governissimo sarebbe l'anticamera della dissoluzione completa della politica tradizionale). Al massimo potrebbe essere un capitano di una ciurma di ammutinati (nel senso buono del termine), chiamato ad eseguire gli ordini di marinai tanto disprezzati un tempo quanto temuti adesso.
Ed è questo il dilemma in casa democratica (e non solo). Accettare cioè di reggere un Governo sostenuto "di volta in volta" dai parlamentari 5 Stelle, schiacciando il programma sui desiderata di Grillo e compagni e limitandosi a ruolo di notai per un arco di tempo ancora da stabilire. Senza tra l'altro avere alcun tipo di garanzia, dato l'interlocutore (il quale, giustamente, non accetterà mai alleanze organiche e non ha bisogno di garantirsi posti di rilievo nelle istituzioni). Del resto le alternative sono poche. Bersani potrebbe prendere il coraggio a due mani, abbandonare la nave e lasciarla al suo destino, rinunciando all'idea di formare il Governo e riportando il Paese alle urne nel più breve tempo possibile (chiaramente si tratta di capire come governare il caos istituzionale, tra scadenze ed elezione del nuovo Capo dello Stato). O ancora, come suggerisce provocatoriamente qualche commentatore, lasciare che sia il Movimento 5 Stelle a guidare il prossimo esecutivo, riservandosi la facoltà di valutare "di volta in volta". Un paradosso, è chiaro, ma che lo vedrebbe nei panni del "mozzo autorevole" (che magari attende la scialuppa di salvataggio renziana).
Del resto, mozzo o capitano, Bersani sa di aver mancato l'ultima grande occasione della sua carriera politica e di "questo" Partito Democratico. Peraltro non per demeriti suoi, non solo almeno. E sa bene che non è affatto detto che Matteo Renzi (su cui abbondano dietrologia e retropensieri) accetti di tuffarsi nelle tempestose acque democratiche per provare a guidare la scialuppa di salvataggio che porti in salvo partito e Paese. Anche perché il Sindaco di Firenze, seppur tra i più onesti ad ammettere la valenza dell'esperienza a 5 stelle (anche nella campagna delle primarie), non avrebbe né l'interesse né la volontà di collaborare organicamente con il Movimento. Cosa che, lo ripetiamo, è del tutto reciproca.