"Qualora ci fosse un voto di fiducia dei gruppi parlamentari del M5S a chi ha distrutto l'Italia, serenamente, mi ritirerò dalla politica". Così Beppe Grillo su twitter, poco prima che la riunione degli eletti del Movimento 5 Stelle sancisse ciò che era nell'aria da tempo: nessun accordo con il Pd, nessuna disponibilità a votare la fiducia a Governi che non siano "a 5 stelle", nessuna convergenza sui nomi per la Presidenza delle Camere o il Quirinale. Chiusura totale, dunque, come tutto sommato prevedibile e come condiviso dalla grande maggioranza del popolo grillino. Del resto, come abbiamo provato a spiegarvi, non c'era motivo per cui Grillo accettasse la proposta di Bersani, dal momento che troppo distanti sembravano le posizioni, le aspirazioni, gli obiettivi di breve – medio periodo. E troppo vive le ferite di una campagna elettorale stranissima e nemmeno risolutiva.
Non è servita l'apertura del segretario del Partito Democratico, non sono serviti gli appelli di intellettuali più o meno vicini al Movimento e non è passata la linea (minoritaria ma presente) di coloro che chiedevano una consultazione fra gli iscritti del Movimento per decidere sull'alleanza di Governo. Del resto, sia lo Statuto che gli indirizzi programmatici dell'area grillina escludevano qualunque tipo di collaborazione con le forze politiche tradizionali. Certo, con oltre 8 milioni di voti la responsabilità di affossare un Governo riformista è molto più grande, ma la strategia del capo politico del Movimento evidentemente punta ad un sovvertimento globale del sistema politico tradizionale. Già, ma come? E soprattutto, cosa succederà adesso?
Escludendo che Bersani voglia comunque andare avanti ed esporsi ad una bocciatura parlamentare, restano essenzialmente 3 strade. Tutte complesse e non necessariamente praticabili. La prima è quella che vede il segretario Pd "esplorare maggioranze alternative", magari con i senatori di Scelta Civica ed un accordo (più o meno vincolante) con il Popolo della Libertà per il superamento del primo voto di fiducia. Una specie di "governissimo mascherato", che esporrebbe il segretario democratico ad un lento logoramento e lo costringerebbe a sanguinosi compromessi per ottenere "di volta in volta" la maggioranza parlamentare. In alternativa, l'esecutivo potrebbe essere retto da una "figura istituzionale", magari proprio da quella Anna Finocchiaro che nel tempo ha costruito buoni rapporti con le colombe del Pdl.
La seconda strada vuole la riproposizione di un governo tecnico, in grado di fare una serie di riforme (tra cui la legge elettorale e quella sui partiti) e di ottenere il sostegno condizionato dei partiti tradizionali. La riproposizione dell'esperienza Monti, insomma, magari a guida Cancellieri o Barca. In alternativa resta in piedi l'ipotesi "Governo del Presidente", che non si discosta poi di moltissimo…
Infine c'è il ritorno alle urne nel più breve tempo possibile e con questa legge elettorale. Una prospettiva estremamente complessa (c'è da eleggere subito il nuovo Presidente della Repubblica e poi attendere "tempi tecnici", quindi potrebbe slittare tutto a giugno o addirittura settembre), ma che fa gola proprio a Grillo. Il quale, paradossalmente non può che essere contento di andare a votare con il Porcellum, che potrebbe regalare un risultato clamoroso alla Camera dei Deputati: stando agli ultimi sondaggi il M5S sarebbe vicino al 30% e potrebbe contendere al centrosinistra il premio di maggioranza.