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Crisi di Governo 2022

Il Movimento 5 Stelle ha (quasi) deciso, è pronto a togliere la fiducia a Draghi e passare all’opposizione

Alla vigilia del voto parlamentare sulla fiducia al governo Draghi, il Movimento 5 Stelle sembra aver deciso la propria linea: abbandonare il governo e passare all’opposizione. Ma mette in conto che questo possa costare un nuovo strappo interno.
A cura di Marco Billeci
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Il Movimento 5 Stelle è pronto ad abbandonare il governo Draghi. Questa è la linea che emerge dalle valutazioni dei vertici pentastastellati, alla vigilia del voto di fiducia in Senato sulle comunicazioni del presidente del Consiglio. Una posizione non ancora ufficializzata, ma che ormai dagli uomini vicini a Giuseppe Conte viene considerata inevitabile. Tanto che, dopo giorni di riunioni, nella serata prima dell'appuntamento decisivo, nessun incontro dei vertici M5S è ancora convocato, come se ormai i giochi fossero fatti.

"Non ha dato risposte sui nostri nove punti che gli avevamo sottoposto, non ci ha mai difeso dagli attacchi delle altre forze politiche della maggioranza", queste in sintesi le motivazioni che esponenti di spicco del Movimento consegnano ai cronisti per spiegare la decisione. Tra gli episodi decisivi per arrivare alla scelta dello strappo, viene citata la scelta di dare poteri speciali al sindaco di Roma Gualtieri per la costruzione del termovalorizzatore di Roma.  "Lo hanno saputo prima i giornali del nostro capodelegazione al governo", spiegano le fonti M5S.

Altro passaggio chiave, il silenzio di Draghi di fronte agli attacchi del ministro degli Esteri Di Maio a Conte sulla collocazione atlantica. Un silenzio letto in ambiti 5 Stelle come una sponda del premier verso le parole di Di Maio. Così, si è arrivati alla rottura, che si prospetta netta, con un passaggio diretto all'opposizione, senza alcuna ipotesi di appoggio esterno al governo. Se poi il corso degli eventi dovesse portare alle elezioni, argomentano fonti pentastellate, sarà Draghi a dover spiegare perché ha precipitato il Paese al voto, pur godendo ancora di un'ampia maggioranza parlamentare.

I 5 Stelle mettono in conto  che questo passaggio possa costare un nuovo strappo all'interno del Movimento, dopo quello consumato da Di Maio e dagli altri confluiti in "Insieme per il Futuro". Al momento del voto parlamentare, infatti, si calcola che almeno almeno venti parlamentari (in gran parte deputati) potrebbero lasciare il Movimento, per confermare l'appoggio all'esecutivo, capitanati dal capogruppo grillino alla Camera Davide Crippa. Questo, sempre che Draghi decida di tornare sui suoi passi e proseguire nell'azione di governo.

In questo caso, i 5 Stelle si preparano a nove mesi di opposizione, puntando sul salario minimo, il caro energia e altre questioni sociali per recuperare il consenso perduto. E provando a riportare nel Movimento Alessandro Di Battista che, ricordano esponenti grillini, si era detto disponibile a riabbracciare la causa se il M5S avesse lasciato il governo prima dell'estate. Questo scenario certo comprometterebbe forse in modo definitivo l'alleanza con il Pd, che si troverebbe cannoneggiato dall'esterno sui temi del lavoro e della crisi economica, in un autunno che si preannuncia caldissimo.

Da parte del Movimento tuttavia l'opzione del campo largo viene tenuta aperta, anche se non mancano le recriminazioni verso l'atteggiamento dei Democratici che, dicono i grillini, hanno provato a inglobarli, invece di riconoscere il valore aggiunto della differenziazione dell'offerta politica. Certo, rimane viva l'ipotesi per cui la Lega o lo stesso Draghi decidano di staccare la spina dell'esecutivo, con un conseguente voto a ottobre. "Ma anche in quel caso siamo serenissimi – concludono le  fonti M5S -, anzi oggi vedo i nostri molto più sollevati di quanto lo fossero nei giorni scorsi".

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