Il M5s governa il Paese da quasi due anni. Il M5s ha 10 ministri, 20 sottosegretari e 6 viceministri. Il M5s fa parte della maggioranza in conferenza capigruppo e in tutte le altre commissioni parlamentari. Il M5s è di gran lunga il gruppo di maggioranza relativa sia alla Camera che al Senato. Il M5s esprime il Presidente della Camera dei deputati, il vicepresidente del Senato della Repubblica e il Presidente del Consiglio. Eppure, oggi è in piazza contro “il sistema” che vuole non solo ripristinare i vitalizi ma finanche “cancellare le leggi del Movimento 5 Stelle”, come detto da Luigi Di Maio in più di una occasione.
È del tutto evidente come non si possa leggere questa scelta senza considerare il contesto, ovvero la crisi senza precedenti che sta attraversando il Movimento Cinque stelle. Una crisi politica, identitaria, strutturale e organizzativa, che rischia di indebolirne il peso contrattuale all’interno della maggioranza e di portare ancora più in basso il dato dei sondaggi elettorali.
Nel momento peggiore, dunque, i Cinque Stelle non solo si rivolgono alla piazza, ma immaginano un ritorno al passato, spingendo, soprattutto sul piano comunicativo, su una delle battaglie storiche e di maggiore impatto per i militanti: la lotta ai privilegi della politica, nel quadro di una più ampia contestazione al “sistema” e ai “poteri forti”. In attesa degli stati generali del M5s, che ridisegneranno il partito e la sua piattaforma ideologica e programmatica, si prova ad andare sul sicuro, insomma. Scendere in piazza e chiamare i cittadini alla partecipazione è sempre una buona idea. Anche se non è chiarissimo chi dovrebbe “cancellare le leggi del M5S” e come la piazza possa influenzare controversie giuridiche e normative (sui vitalizi appunto, al netto della sacrosanta richiesta di trasparenza e correttezza dei processi decisionali).
Il problema, in fondo, è la credibilità di un posizionamento di questo tipo, anche tra i militanti del Movimento. Se infatti è ampiamente condivisa la battaglia contro i vitalizi (pur nella confusione e nell’approssimazione con cui si sono sovrapposti diritti acquisiti e ingiustizie, misure di buonsenso e sprechi, fino a produrre una delibera frettolosa e imprecisa), meno credibile rischia di essere l’immagine di deputati e senatori che si schierano nuovamente sulle barricate, davanti a palazzi nei quali hanno dimostrato di sentirsi perfettamente a loro agio. Piaccia o meno ai puristi, il M5s è e rappresenta il potere, ha scelto mesi e mesi fa la strada dell’istituzionalizzazione, diventando non solo “forza di governo”, ma forza garante dello status quo e della stabilità dell’intero sistema. Per scelta, non per caso. Il cambiamento epocale nella politica e nelle istituzioni, a ben guardare è rimasto confinato a poche e ben definite questioni (anche significative, ci mancherebbe), mentre la classe dirigente grillina ha scelto di puntare tutto sul “programma”, sul governo del Paese. Linea legittima, che ha portato i 5 stelle al governo e a diventare la prima forza politica del Paese. Ma il Movimento era nato per altri scopi e altri obiettivi. Era nato per cambiare la politica e per cambiare l’approccio dei cittadini alla cosa pubblica. Era il partito “fieramente populista”, non quello delle supercazzole in burocratese di alcuni ministri. Era, appunto. E la contraddizione di una manifestazione contro se stessi, in fondo, è tutta qui.
Perché davvero non si capisce contro chi si voglia manifestare oggi, atteso che sui vitalizi si farà come (giustamente) dicono i grillini, azzerando la commissione e magari ripensando la delibera. E stante il fatto che i 5 stelle sono in maggioranza e solo la maggioranza può “cancellare le leggi del Movimento”.