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Matteo Messina Denaro

Il ministro Nordio firma il 41 bis per Matteo Messina Denaro e dice che l’arresto è merito del governo Meloni

In un’intervista a Radio 24, parlando dell’arresto del boss latitante Matteo Messina Denaro, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha detto che, nonostante le lamentele di qualcuno per “l’inerzia di questo governo nei confronti della lotta alla mafia”, è arrivato un “successo straordinario”.
A cura di Luca Pons
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Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha firmato questa mattina il regime carcerario previsto dal 41 bis per Matteo Messina Denaro, arrestato ieri dai carabinieri del Ros a Palermo. La misura arriva poco più di 24 ore dopo l'arresto del boss di Cosa Nostra, che era latitante da 30 anni. In un'intervista, il ministro ha detto che su alcuni giornali si leggono "sibili di rancore", da parte di chi "non si rassegna al fatto che questa grandissima operazione sia stata operata da un governo di centrodestra. Dopo aver lamentato una inerzia di questo governo nei confronti della lotta alla mafia arriva un successo straordinario".

Le indagini della procura, che proseguivano da anni, avevano messo da diversi mesi nel mirino l'identità di Messina Denaro. L'intervento che ha portato alla sua cattura, ieri attorno alle 8 di mattina, è stata la conclusione di anni di lavoro della procura e dei Carabinieri, in quella che è stata chiamata operazione Tramonto.

La risposta di Nordio sulle intercettazioni: "Indispensabili nella lotta alla mafia"

Nell'intervista, Nordio è tornato anche sul tema delle intercettazioni. Ieri il procuratore capo di Palermo, Maurizio De Lucia, ha detto che il ministro Nordio "da tempo ha annunciato una discussa riforma" delle intercettazioni telefoniche "per tagliarne i costi", ma ha sottolineato che "senza le intercettazioni non si possono fare indagini".

Il ministro Nordio oggi ha concordato che "le intercettazioni sono assolutamente indispensabili nella lotta contro la mafia e il terrorismo. Sono fondamentali per la ricerca della prova e per comprendere i movimenti di persone pericolose". Tuttavia, ha proseguito il ministro, "bisogna cambiare radicalmente l'abuso che se ne fa per i reati minori, con conseguente diffusione sulla stampa di segreti individuali e intimi che non hanno niente a che fare con le indagini".

Pochi giorni prima di Natale, intervenendo a La7, il ministro aveva affermato: "Crediamo veramente che la mafia parli per telefono? Un mafioso vero non parla né al telefono, né al cellulare". Oggi, invece, ha dichiarato che nel contrastare la mafia "si devono coniugare tecnologie, e di questo fanno parte sicuramente le intercettazioni", oltre al "metodo Falcone: una continua ininterrotta analisi di dati finanziari, movimenti di denari, pedinamento e controllo che non può mai essere interrotto".

"È chiaro che i mafiosi – ha sottolineato Nordio – non parlano per telefono dei loro programmi criminosi, le intercettazioni servono ovviamente per capire con chi parlano, come si muovono e quali siano le loro problematiche". Nel caso di Messina Denaro, ad esempio, "si è capito che parlando di una malattia molto grave si poteva risalire ad un luogo di cura e così pare sia stato fatto".

"È illusorio pensare che la mafia possa essere vinta perché si arresta qualche boss, anche il più pericoloso", ha aggiunto Nordio. "È un fenomeno che va combattuto con un arsenale di armi e con una rivoluzione copernicana culturale".

La stessa presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ieri è intervenuta sul tema: "Le intercettazioni – per come sono utilizzate per i procedimenti di mafia – sono fondamentali. Uno strumento di indagine di cui non si può fare a meno. Per questo genere di reati nessuno le ha mai messe in discussione", ha detto Meloni.

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