Il ministro Nordio dice che la legge anti Rave ha fatto sparire i party: ecco perché non è vero
"Abbiamo introdotto [il reato di] rave party. Ci è stato detto: a che è servito? Beh, è servito al fatto che non si sono fatti più rave party, non sono state più incarcerate persone perché non sono stati più commessi reati. Che significa che una volta tanto ha avuto un effetto deterrente". Lo ha detto il ministro della Giustizia Carlo Nordio, rispondendo in Senato a una domanda di Matteo Renzi sulla linea del governo – che ha aggiunto numerosi reati dall'inizio del suo mandato, nonostante proprio Nordio in passato sostenesse la necessità di ridurli. Le affermazioni del ministro, però, hanno poco senso.
Cosa prevede il "reato di rave party"
Il reato di rave party, più formalmente, si chiama "invasione di terreni o edifici con pericolo per la salute pubblica o l’incolumità pubblica". Lo introdusse un decreto approvato dal governo Meloni il 31 ottobre 2022, uno dei primi atti dell'esecutivo di destra. Un decreto arrivato chiaramente in risposta a un rave organizzato a Modena, che aveva attirato l'attenzione dei giornali e dei partiti.
L'articolo 633-bis del Codice penale, oggi, punisce con fino a sei anni di carcere chi "organizza o promuove l’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di realizzare un raduno musicale o avente altro scopo di intrattenimento", purché da questo raduno derivi un possibile "concreto pericolo per la salute pubblica". Ad esempio, se circolano sostanze stupefacenti.
Davvero con il nuovo reato non ci sono più stati rave?
Dire che "non si sono fatti più rave party", però, è sbagliato. Basta scorrere le pagine dei quotidiani locali, nell'ultimo anno, per trovare notizia di diverse feste. L'ultima a Capodanno, a Bologna, ha coinvolto oltre 700 persone ed è durata circa due giorni. A fine novembre erano stati identificati 125 giovani a Giovi, una frazione di Salerno.
A ottobre, ancora centinaia di persone nella Val Canzoni, vicino a Belluno. A settembre una festa illegale si era svolta in un parco vicino a Fabriano (Ancona). Ad agosto, almeno in 400 si erano riuniti a Galatina, in provincia di Lecce, e pochi giorni prima un altro rave si era svolto a Cinisello Balsamo, nel milanese.
L'elenco, anche solo limitandosi alla seconda metà del 2024, potrebbe continuare. Insomma, la tesi del ministro della Giustizia – cioè che il "reato di rave party" sia servito a bloccare i festeggiamenti in aree occupate in modo illegittimo – non regge.
Nordio conferma che non ci sono state condanne per i rave
È vero ciò che Nordio ha sostenuto, e cioè che "non sono state più incarcerate persone". Ad aprile dello scorso anno, proprio il ministro aveva spiegato (sempre rispondendo a un'interrogazione, questa volta scritta) che nel 2023 c'erano stati 21 provvedimenti giudiziari legati al "invasione di terreni o edifici con pericolo per la salute pubblica o l’incolumità pubblica", quindi appunto di rave party. Ventuno indagini di cui tre erano ancora in corso, mentre le altre avevano portato a quindici archiviazioni e solo sei rinvii a giudizio, per un totale di otto imputati. In tutto il Paese. In un anno.
Non è noto come siano poi andate a finire le altre tre indagini, né quanti fascicoli siano stati aperti nel 2024. I tempi della giustizia sono lunghi, e mancano anche le informazioni sufficienti su eventuali condanne e assoluzioni: ma, come lo stesso Nordio ha confermato, non risulta che siano state "incarcerate persone" per i rave party. Non perché le feste siano sparite e quindi "non sono stati più commessi reati" per effetto deterrente, ma perché il reato si è rivelato sostanzialmente inutile.
I rave party non erano un problema prima del decreto e non lo sono oggi
Un altro aspetto va sottolineato è che i rave party nel 2024 ci sono stati, sì, ma sono stati pochi. Sparsi nel territorio del Paese, spesso in zone abbandonate o isolate. Con danni nulli o trascurabili, senza vittime o feriti. Potrebbe sembrare un punto a favore del governo, ma il fatto è che la situazione era la stessa anche prima del decreto che istituì il reato.
Nel 2022, così come anche negli anni precedenti – ovviamente escludendo il periodo delle restrizioni legate al Covid – le notizie erano le stesse. Diverse centinaia o anche alcune migliaia di persone, riunite in un luogo per festeggiare, che in molti casi venivano poi sgomberate dalle forze di polizia e per questo finivano sui giornali. Era successo nel Capodanno tra 2021 e 2022 ad Arezzo, ad aprile a Bologna.
Certo, c'erano anche stati episodi con conseguenze più pesanti: a Ferragosto 2021 a Valentano, nel viterbese, circa 8mila persone si erano riunite per quattro giorni e un 24enne era morto, annegato in un lago vicino. Ma si parla di un singolo caso, oltre tre anni fa.
A fine ottobre 2022, però, un rave party nella zona di Modena aveva attirato l'attenzione nazionale. Alcune migliaia di persone si erano riunite, senza autorizzazione ma anche senza causare particolari danni o problemi sanitari. Non solo i media, ma anche la politica – specialmente i partiti di centrodestra – avevano seguito il montare della festa e il successivo sgombero. Pochi giorni dopo era arrivato il decreto del governo. Vale la pena di ricordare che in teoria i decreti legge si dovrebbero usare solo in "casi straordinari di necessità e urgenza".
Guardando alla situazione prima e dopo l'introduzione del nuovo "reato di rave party" insomma, è piuttosto facile vedere perché le parole del ministro Nordio siano sbagliate. Non solo la legge non ha avuto un "effetto deterrente" perché diversi rave ci sono comunque stati. Ma in assoluto, il numero di feste illegali è stato ridotto come sempre: non c'era nessuna ‘emergenza' all'epoca e non c'è oggi. Il decreto ha avuto solo l'effetto di permettere al governo di rivendicare una "linea dura" contro un pericolo, di fatto, inesistente.