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Il ministro della Difesa Guerini a Fanpage.it: “Nostri militari a disposizione per aiutare Libano”

Il ministero della Difesa è pronto a “mettere a disposizione i suoi assetti per eventuali iniziative per aiuti che il governo vorrà realizzare” in Libano, dopo la violentissima esplosione avvenuta ieri a Beirut di cui non si conoscono ancora le cause, ma che ha provocato un centinaio di morti e migliaia di feriti. Lo afferma a Fanpage.it il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, che ha anche ribadito come “il nostro contingente sia e rimanga assolutamente impegnato nella missione internazionale Unifil” nel Paese.
A cura di Annalisa Girardi
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Raggiunto pochi istanti prima della partenza per la Libia, dove oggi incontrerà il Presidente del Consiglio Presidenziale Sarraj, il ministro della difesa Lorenzo Guerini ha parlato a Fanpage.it della situazione in Libano dopo la terribile esplosione al porto di Beirut di ieri sera, martedì 4 agosto. "Per ora ci risulta solo un ferito italiano. È un militare del nostro contingente impiegato nella missione Unifil, che ha riportato una ferita e una piccola frattura a un braccio", spiega il ministro. Che ribadisce poi l'impegno del suo ministero a "mettere a disposizione gli assetti della difesa per eventuali iniziative per aiuti che il governo vorrà realizzare". Per quanto riguarda la presenza del nostro contingente nel Paese, circa 1200 soldati, il ministro ribadisce come "il nostro contingente sia e rimanga assolutamente impegnato nella missione internazionale Unifil", nonostante il governo libanese abbia dichiarato allarme per una nube tossica sulla città di Beirut e invitato i residenti ad andarsene. I militari italiani sono di base a Shama: a Beirut erano in 12, spiega il ministro, "ma sono stati trasferiti stanotte a Shama pure loro".

Cosa è successo in Libano

Ieri pomeriggio, verso le ore 18 locali, una violentissima esplosione a cui ne è seguita una seconda ha colpito la zona del porto, distruggendo palazzi e provocando circa un centinaio di morti. I feriti sono a migliaia, ma si continua a scavare tra le macerie per cui il bilancio definitivo potrebbe ancora alzarsi. L'impatto dell'onda d'urto è stato percepito fino a 250 chilometri di distanza, tanto è stata potente la deflagrazione. L'esplosione è avvenuta in un deposito dove erano stipate circa 2.500 tonnellate di nitrato di ammonio: si tratta di un materiale altamente esplosivo, che viene usato principalmente per i fertilizzanti (ma anche per fabbricare bombe), e che si trovava lì da circa sei anni, dopo essere stato confiscato.

Il ministro della Salute libanese ha raccomandato ai cittadini di Beirut di lasciare la città, in quanto dopo l'esplosione si sarebbe alzata una nube tossica sopra la capitale libanese. Non sono ancora chiare le cause che hanno provocato le esplosioni: intanto la città è alla prese con la ricerca dei dispersi e la cura dei feriti. Un compito reso ancora più difficile dal fatto che nella deflagrazione sono andati distrutti ben tre ospedali.

Che cos'è la missione Unifil

La presenza dei militari italiani in Libano è legata alla missione delle Nazioni Unite Unifil, nata nel 1978 per volontà del Consiglio di Sicurezza dell'Onu in seguito dell'invasione del Libano da parte di Israele. Il mandato è stato più volte rinnovato: dopo la guerra israelo-libanese del 2006, la missione viene riconfermata annualmente e ha il compito di monitorare la cessazione delle ostilità, assistere le Forze armate libanesi, assicurare il rispetto della Blue Line da entrambe le parti e fornire supporto alle comunità civili locali. I militari Unifil sono responsabili dei checkpoint lungo il confine e del pattugliamento dell'area. Sono questi gli obiettivi della missione, rimasta coinvolta nell'esplosione di ieri. Infatti, come confermato anche dal ministro Guerini, un militare del contingente italiano è rimasto lievemente ferito. Fanpage.it ha potuto ascoltare un messaggio audio che uno dei militari coinvolti nell'esplosione ha inviato ai commilitoni: "Stiamo bene, stiamo bene fortunatamente. Ringraziamo dio", afferma il militare, che ha raccontato come alcuni dei suoi compagni che si trovavano a Beirut sono sotto osservazione perché in stato di shock.

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