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Il M5s non espelle Di Maio, da Conte solo una bacchettata: “Basta esternazioni lesive”

Il comunicato del Consiglio nazionale dopo la riunione fiume di questa notte è più soft del previsto nei confronti di Di Maio: “Confidiamo che cessino queste esternazioni lesive dell’immagine e della credibilità dell’azione politica del Movimento 5 Stelle”. Nessuna espulsione, per ora.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Che Luigi Di Maio non sarebbe stato espulso dal Movimento 5 Stelle si era capito, nonostante il comunicato della riunione fiume del Consiglio nazionale della scorsa notte non fosse mai arrivato. Ora che è stato pubblicato, però, sul sito del Movimento, sorprendono i toni particolarmente soft. Non solo non c'è alcun provvedimento disciplinare, ma neanche una presa di posizione particolarmente dura contro il ministro degli Esteri: "Le esternazioni distorcono le chiare posizioni assunte – si legge nel testo – In particolare, le dichiarazioni circa una presunta volontà del Movimento 5 Stelle di operare un ‘disallineamento' dell’Italia rispetto all’Alleanza euro-atlantica e rispetto all’Unione europea sono inveritiere e irrispettose della linea di politica estera assunta da questo Consiglio nazionale e dal Movimento, che mai ha posto in discussione la collocazione del nostro Paese nell’ambito di queste tradizionali alleanze".

Per il Consiglio nazionale le dichiarazioni di Di Maio "sono suscettibili di gettare grave discredito sull’intera comunità politica del Movimento 5 Stelle, senza fondamento alcuno". Poi viene ribadita la posizione del partito "saldamente ancorata alla Carta delle Nazioni Unite, all’appartenenza euro-atlantica dell’Italia e costantemente orientata a rafforzare il processo di integrazione dell’Unione Europea". Perciò il Consiglio nazionale "confida che cessino queste esternazioni lesive dell’immagine e della credibilità dell’azione politica del Movimento 5 Stelle". Insomma, non solo niente espulsione, ma è forse il comunicato meno duro dell'ultima settimana, se consideriamo le dichiarazioni di Conte e dei suoi vice contro Di Maio.

Nello stesso comunicato vengono spiegate, però, anche le decisioni prese sulla linea da tenere a proposito della risoluzione di domani e un'altra serie di questioni su cui è arrivata una delibera unanime. Ecco la lista integrale:

• la conferma della risoluta condanna dell’aggressione militare condotta dalla Russia contro l’Ucraina, perché contraria ai più elementari principi di diritto internazionale, non provocata e non giustificabile in nessun modo;

• la profonda riprovazione per i ripetuti attacchi arrecati dalle forze militari russe alla popolazione e alle infrastrutture civili che contrastano con il diritto internazionale umanitario e configurano crimini di guerra;

• di considerare necessario mantenere un incisivo piano di sanzioni per dissuadere la Russia dal proseguire nell’invasione e, se del caso, di incrementare il livello sanzionatorio con misure ancora più severe;

• di considerare necessario perseverare negli aiuti umanitari per alleviare le sofferenze della popolazione ucraina e accogliere i profughi che abbandonano la loro terra per cercare salvezza dagli orrori della guerra;

• di ritenere necessario che l’Italia si faccia interprete e sia protagonista di una nuova fase degli sforzi diplomatici in tutte le sedi internazionali affinché sia scongiurato il rischio di una escalation militare e siano invece promosse serie e credibili negoziazioni diplomatiche, che valgano a evitare che il confitto attuale deflagri in uno scontro militare di proporzioni sempre più vaste e incontrollabili;

• di ritenere assolutamente opportuno che l’Italia, dopo avere già inviato varie forniture comprensive anche di armamenti per consentire all’Ucraina di esercitare il diritto alla legittima difesa di cui all’art. 51 della Carta delle Nazioni Unite, concentri adesso i suoi sforzi sul piano diplomatico, promuovendo, in particolare, un’azione sinergica anche con altri Paesi europei per giungere a una soluzione equilibrata, equa e sostenibile;

• di ritenere necessario – dopo quasi tre mesi di confitto nel cuore dell’Europa, con uno scenario in continua evoluzione – un confronto in Parlamento tra le varie forze politiche, con la possibilità di pervenire a un atto di indirizzo del Parlamento che possa contribuire a rafforzare l’azione politica del Governo in tutti i consessi internazionali e a perseguire un indirizzo ampiamente condiviso dal Governo e dal Parlamento;

• di considerare non sufficiente, in base ai principi del nostro ordinamento democratico, il vaglio parlamentare che è stato effettuato in corrispondenza del c.d. “decreto Ucraina”, che risale ai giorni immediatamente successivi all’aggressione militare russa, e che non tiene conto dei mutamenti nel frattempo intercorsi e delle strategie che si stanno delineando anche a livello internazionale;

• di sostenere un ruolo dell’Italia, in prima linea, in direzione del rafforzamento del pilastro europeo della difesa comune, che adeguatamente posto a supporto di una politica estera europea, può garantire maggiore sicurezza all’Unione europea e consentire una razionalizzazione delle spese e degli investimenti militari, in modo da dotarsi di uno strumento militare europeo più moderno ed efficiente, oltreché più economico per i singoli Stati membri;

• di considerare imprescindibile che, nel quadro delle iniziative europee, venga adottata una strategia comune di sostegno energetico (Energy Recovery Fund), che possa renderci, nel
più breve tempo possibile, indipendenti dall’approvvigionamento energetico russo, attraverso piani di acquisto e di stoccaggio comuni, un tetto massimo al prezzo del gas da azionare in tutte le situazioni più critiche di mercato e un massiccio investimento nelle fonti rinnovabili anche attraverso il ricorso del debito comune europeo;

• di promuovere immediatamente un’azione coordinata di accoglienza comune europea per affrontare l’ondata migratoria, proveniente dal continente africano, dovuta alla drammatica crisi alimentare provocata dal mancato approvvigionamento per molti paesi dell’Africa del grano ucraino;

• di ritenere necessario che il Governo intervenga immediatamente e incisivamente, senza attendere il peggioramento delle già difficili condizioni delle famiglie e delle imprese: a) per azzerare o, comunque, abbassare l’Iva per i beni di largo consumo a favore delle famiglie con redditi più bassi, anche attraverso interventi selettivi attuati per il tramite del cashback fiscale; b) per detassare gli aumenti degli stipendi e dei rinnovi contrattuali, in modo da rendere più pesanti le buste paga dei lavoratori; c) per incentivare e semplificare gli investimenti nel settore delle rinnovabili; d) per riformare il mercato dell’energia al fine di limitare la formazione degli extraprofitti e sostenere la transizione alle energie rinnovabili.

Insomma, si va dalla condanna all'aggressione della Russia agli interventi in materia economica (in cui ritorna il cashback), ma i passaggi più interessanti sono quelli sulle armi e sulla diplomazia. Nello specifico, dopo aver inviato le armi, l'Italia ora dovrebbe "concentrare i suoi sforzi sul piano diplomatico, promuovendo, in particolare, un’azione sinergica anche con altri Paesi europei per giungere a una soluzione equilibrata, equa e sostenibile". In conclusione del comunicato, però, viene anche aggiunto:

In particolare, il Consiglio Nazionale auspica che l’intero Parlamento o, quantomeno, i Gruppi parlamentari che sostengono il Governo possano convenire sulla necessità di:
a) una descalation militare in favore di una escalation diplomatica che porti al più presto a un cessate il fuoco e, in prospettiva, a una definizione pacifica del conflitto in atto;
b) di un più pieno e costante coinvolgimento del Parlamento con riguardo alle linee di indirizzo politico che verranno perseguite dal Governo italiano nei più rilevanti consessi europei e internazionali, inclusa l’eventuale decisione di inviare a livello bilaterale nuove forniture militari, funzionale a rafforzare il mandato del Presidente del Consiglio in tali consessi.

In sostanza Conte e i suoi chiedono a Draghi e al governo di tornare in Parlamento nel caso in cui si dovesse decidere per un nuovo invio di armi. Circostanza che, secondo quanto filtra da Palazzo Chigi, non sarebbe accettabile.

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