Il vicepresidente della Camera dei Deputati, il grillino Luigi Di Maio, con un post su Facebook ha annunciato la querela per diffamazione nei confronti di tutti quei giornalisti che in queste ore stanno pubblicando retroscena e virgolettati relativi al caos che coinvolge la giunta romana di Virginia Raggi e che secondo l'esponente del Movimento 5 Stelle sarebbero frutto di ricostruzioni senza fondamento. "Stamattina sono costretto a querelare alcuni giornalisti che hanno scritto articoli vergognosi su di me e a citare per danni i loro editori. Mi attribuiscono frasi e condotte sul "caso Marra" che sono pura invenzione. A me dispiace doverlo fare. Non so se rispondono a logiche vergognose dei loro editori. Ma altrettanto vergognose sono le frasi inventate e i retroscena inesistenti. Sia chiaro che non ho mai garantito per Marra dicendo che fosse ‘pulito', è un'invenzione vera e propria. Il ricavato della querela sarà donato al fondo per le piccole e medie imprese italiane. Non voglio intascare un euro, ma tutelare la verità. Ho appena dato mandato al mio avvocato", si legge nel post pubblicato da Di Maio qualche ora fa. Un cambio di posizione davvero sorprendente, considerando che fino a qualche anno fa – prima dell'entrata in Parlamento dei cosiddetti cittadini portavoce – il Movimento 5 Stelle ha più volte ribadito che lo strumento della querela per diffamazione sarebbe un'arma impropria utilizzata dai politici e potenti in genere per mettere a tacere la verità.
Non me lo sto inventando io, sul blog di Beppe Grillo è ancora presente un post pubblicato il 9 agosto 2009 intitolato "La querela contro la rete", in cui si legge: "La querela per diffamazione è sopravvissuta a tutte le riforme sulla Giustizia, alla depenalizzazione del falso in bilancio, al lodo Alfano, alla separazione delle carriere, al bavaglio all'informazione. La querela serve al potere. La querela è un'arma da ricchi. Usata per intimidire. Per tappare la bocca. Per togliere i mezzi economici all'avversario. Spesso con la ricerca del pelo nell'uovo, come ad esempio un mancato virgolettato in una frase. La querela può essere penale o civile. Se va bene si infanga l'avversario e si porta a casa un piccolo tesoretto. Magari con la cessione del quinto dello stipendio di un povero diavolo". Il post prosegue chiedendo che la querela per diffamazione venga definitivamente depenalizzata, proponendo inoltre l'obbligo per il querelante, nel momento in cui agisce contro giornalisti e blogger, di depositare preventivamente l'ammontare della somma richiesta per il risarcimento dei danni su un conto a disposizione del tribunale che, nel momento in cui dovesse dichiarare l'infondatezza dell'azione, provvederebbe a girarla per risarcire la persona ingiustamente querelata.
Il post poi prosegue così: "Di solito si querela la verità, mai la menzogna. Di solito chi querela sono i politici e i rappresentanti delle cosiddette istituzioni, mai i cittadini. Di solito la querela viene usata in mancanza di altre argomentazioni per finire sui giornali di regime e fare la figura dell'innocente". Insomma, una bella giravolta quella di Di Maio che di fatto contravviene a dei principi da sempre propagandati e sostenuti dal Movimento 5 Stelle. Sempre fermo restando che l'utilizzo dello strumento della querela per diffamazione per difendere la propria reputazione quando si è convinti di essere stati ingiustamente attaccati è più che legittimo, il cambio di posizione di Di Maio e, a latere, dello stesso Movimento 5 Stelle di cui Di Maio è membro del direttorio ed esponente di primo piano, appare molto contraddittoria.
Come appare contraddittoria anche la novella posizione garantista dei membri del Movimento rispetto alle inchieste che hanno colpito e stanno colpendo alcuni esponenti grillini, come quella delle firme false a Palermo, ad esempio, o la strenua difesa della Muraro e di Marra prima e delle scelte sbagliate effettuate dal primo cittadino della giunta capitolina Virginia Raggi poi. Il Movimento 5 Stelle ha sempre preteso e sostenuto la necessità delle dimissioni degli esponenti di altri partiti ben prima dell'arrivo dell'avviso di garanzia, anche solo per errori di valutazione politica, pretese che nel caso dei caos a Cinque Stelle, invece, finiscono per essere relegate nel dimenticatoio nella speranza che la memoria degli elettori italiani sia abbastanza corta da non ricordare le contraddizioni che da anni costellano il variegato mondo del Movimento 5 Stelle.