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Il governo vuole eliminare dal Pnrr 1200 chilometri di piste ciclabili turistiche

Nel progetto di revisione del Pnrr, il governo ha deciso di eliminare 400 milioni destinati alla realizzazione delle ciclovie turistiche. Molti progetti rischiano così di saltare, dalla tratta per collegare Torino a Venezia, alla ciclabile della Magna Grecia, tra Puglia e Calabria. Secondo il ministro Fitto, le opere hanno accumulato troppi ritardi. Le Regioni però smentiscono questa tesi e protestano contro la cancellazione.
A cura di Marco Billeci
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Con un tratto di penna, il governo cancella dal Pnrr – e dalla mappa dell'Italia del 2026 – oltre 1200 chilometri di piste ciclabili, che avrebbero dovuto potenziare gli itinerari turistici su due ruote nel nostro Paese e disegnarne di nuovi. Se la decisione verrà confermata, per completare le opere ci si dovrà affidare ad altre forme di finanziamento, non precisate in alcun modo. Intanto, però, le Regioni sono sul piede di guerra e chiedono all'esecutivo di ripensarci.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prevedeva lo stanziamento di 600 milioni per "la realizzazione e manutenzione di reti ciclabili". Lo scopo – si spiegava nel piano – era quello "facilitare e promuovere ulteriormente la crescita" della mobilità su bici, un mezzo di trasporto "non inquinante, che rappresenta una fonte di indotto economico dal valore di 7,6 miliardi ogni anno" e il cui utilizzo è in costante crescita. 200 milioni dovevano servire per le ciclovie urbane, 400 per quelle turistiche, la metà delle risorse era destinata al Sud.

Lo stop alle ciclabili turistiche

Ora, nell'ambito della revisione del Pnrr, il governo Meloni decide di de-finanziare completamente l'investimento di 400 milioni sulle piste ciclabili turistiche, confermando solo i soldi per quelle cittadine. La lista di interventi che vengono così messi a rischio  è lunga: dal completamento della ciclovia Vento, per collegare Venezia a Torino (un tragitto lungo quanto l'Autostrada del Sole), a quella della Magna Grecia, tra Taranto a Reggio Calabria; dall'Adriatica, che dovrebbe costeggiare tutto il litorale a est della Penisola, alla Tirrenica, che dovrebbe invece svilupparsi da Ventimiglia a Latina. Qua sotto, trovate la tabella, con tutte le tratte, per cui il ministero dei Trasporti aveva previsto finanziamenti.

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Secondo il governo Meloni, però, "le difficoltà autorizzative e di completamento della fase di progettazione" rendono impossibile realizzare i progetti entro il 2026, data di scadenza del Pnrr. Per questo, le ciclabili turistiche devono uscire dal piano. Le Regioni – destinatarie dei fondi per questi interventi – hanno definito la decisione "repentina e incomprensibile", contestando fermamente i dubbi dell'esecutivo sulla possibilità di centrare l'obiettivo.

La protesta delle Regioni

Come raccontato da Fanpage.it, la Conferenza delle Regioni il 2 agosto ha preparato una bozza di osservazioni alla proposta di revisione del Pnrr, molto critica verso il lavoro di riscrittura coordinato dal ministro Fitto. Il capitolo dedicato alla cancellazione dei fondi per le ciclovie turistiche è un po' la summa di tutte le perplessità dei governatori. Intanto, come detto, viene confutata la teoria del governo, per cui l'investimento avrebbe accumulato un ritardo, ormai incolmabile.

Certo ci sono dei problemi, sostengono i governatori, ma la colpa non è degli enti locali, bensì dei ritardi nelle risposte delle amministrazioni centrali, a partire dal ministero delle Infrastrutture e Trasporti, guidato da Matteo Salvini. Anche così, tuttavia, secondo le Regioni, l’obiettivo complessivo di 1235 chilometri di ciclabili "presenta alte probabilità di essere raggiunto", magari modificando i target dei diversi territori, anche per tenere conto di alcune difficoltà contingenti per l'avanzamento dei lavori, come l'alluvione in Emilia Romagna.

Regioni e ministero avevano già condiviso peraltro una proposta di rimodulazione degli interventi, che avrebbe salvaguardato il traguardo finale di chilometri totali realizzati. Fitto invece ha deciso per il colpo di spugna, una scelta che nel documento dei governatori viene definita "improvvisa", senza nessun confronto preventivo.

Mancano le coperture alternative

Certo, a parole il ministro ha assicurato che tutte le opere eliminate dal Pnrr saranno comunque realizzate, con altre risorse. Ma nella relazione delle Regioni si fa notare come, per le ciclovie turistiche, "non sono state previste eventuali coperture alternative, a differenza degli altri interventi definanziati, per i quali si assume l’impegno formale a ricorrere ad altre fonti". Nè tantomeno sono indicate le tempistiche di un possibile diverso finanziamento, un ulteriore motivo di allarme, perché gli eventuali nuovi fondi, "dovrebbero intervenire immediatamente, in quanto gli impegni assunti non consentono rinvii".

In sostanza, spiegano i  vertici regionali, servono soldi subito, per coprire "le spese già sostenute e quelle da sostenere in base ad impegni già assunti". E per garantire quanti  hanno rispettato i tempi previsti dal piano e quindi "hanno una procedura di gara in corso, sono nella fase di stipulazione del contratto o di esecuzione lavori".  Difficile però che, anche qualora per le ciclabili turistiche venissero reperite risorse diverse da quelle del Recovery, l'iter abbia tempi brevi. Il pericolo allora è il blocco dei cantieri, ma anche la nascita di contenziosi e possibili danni erariali, legati ai contratti "delle attività professionali" già firmati e gli accordi già stipulati.

Il tutto – conclude il documento delle Regioni – rischia di provocare "un impatto pesante"  sulle casse regionali e sul "sistema economico e produttivo, nonché sulla promozione turistica nazionale". Per questo, i governatori invitano il ministro Fitto a tornare sui suoi passi e rimettere i progetti delle ciclovie turistiche nel Pnrr, oppure, in subordine, garantire subito risorse alternative, una strada però molto stretta. Starà ora al governo dare una risposta e dire se vuol fare dell'Italia un Paese più a misura di ciclisti, oppure no.

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