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Il Governo taglia le Province, salve le feste patronali

Il Consiglio dei Ministri ha stabilito i criteri per il taglio delle Province come previsto dalla spending review. Abolite tutte le Province che hanno meno di 350mila abitanti e una superficie inferiore ai 2500 chilometri quadrati.
A cura di Antonio Palma
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Il Governo taglia le Province, salve le feste patronali

Il Consiglio dei Ministri ha definito oggi i criteri validi per il taglio delle province italiane come stabilito dalle misure sulla spending review già varate dal governo. Come era stato già annunciato, l'obiettivo finale dell'Esecutivo è quello di ridurre almeno della metà il numero di questi enti locali attraverso l'accorpamento e la cancellazione di quelli più piccoli seguendo due criteri fondamentali, la dimensione territoriale e la popolazione residente della Provincia. Secondo i  nuovi criteri approvati oggi scompariranno le Province che abbiano una popolazione inferiore a 350mila abitanti e una superficie territoriale inferiore ai 2500 chilometri quadrati. Per quanto riguarda le Province delle città metropolitane, dieci comprese Roma, Milano, Napoli, Venezia e Firenze, esse saranno abolite contemporaneamente alla costituzione dei nuovi enti metropolitani e cioè entro il primo gennaio del 2014.

Dopo i calcoli provvedimento apposito per l'abolizione definitiva – Nei prossimi giorni il Governo dovrà trasmettere la delibera approvata dal CdM al Consiglio delle autonomie locali istituito in ogni Regione che a sua volta, fatti i dovuti calcoli, ritrasmetterà la proposta finale su quali Province abolire al governo che provvederà con un nuovo atto legislativo apposito ad abolirle formalmente. Come si legge nel comunicato di Palazzo Chigi le nuove province avranno competenze solo in materia ambientale, di trasporto e viabilità mentre tutte le altre competenze fin qui esercitate verranno trasferite ai Comuni.

Nessun accorpamento per le festività – Salve invece le feste patronali che il Governo aveva pensato di accorpare alle domeniche. Il CdM ha deciso di non procedere all’accorpamento delle festività per tre ragioni fondamentali, in primis perché dopo i conti della ragioneria dello Stato non vi erano sufficienti garanzie di risparmio, ma anche perché non ci sono indicazioni normative né prassi europee consolidate e, inoltre, un provvedimento simile avrebbe avuto anche ripercussioni sulla conflittualità tra lavoratori e datori di lavoro.

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