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Il Governo obbliga la PA a digitalizzare le gare, ma le piattaforme non funzionano: appalti fermi

L’esperto Santo Fabiano a Fanpage.it sul caos nella PA dopo la digitalizzazione delle gare d’appalto: “In questo modo lo Stato non combatte la corruzione ma la pubblica amministrazione”.
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La Pubblica Amministrazione italiana è nel caos a causa dell’obbligo, dal primo gennaio scorso, di digitalizzare tutte le gare d’appalto utilizzando “piattaforme certificate”. Il problema è che queste piattaforme non funzionano e decine di migliaia di piccoli e grandi appalti, in tutto il Paese, sono fermi.

I responsabili dei procedimenti amministrativi, infatti, non riescono ad accedere né alle piattaforme messe a disposizione dallo Stato per il tramite di Consip, né a quelle private che, alla prova dei fatti, non si sono dimostrate all’altezza. Risultato: in pochi, in Italia, stanno riuscendo ad appaltare lavori, beni e servizi e questo è particolarmente grave in un momento in cui l’Unione Europea chiede di accelerare le procedure del PNRR.

Il corto circuito è legato al nuovo codice degli appalti voluto dal Governo Meloni, che obbliga tutti gli enti pubblici ad usare piattaforme informatiche certificate dal primo gennaio scorso. Ci si aspettava una proroga dei termini, ma questa non è arrivata e la maggior parte delle amministrazioni è stata presa in contropiede. Anche le società che dovevano creare l’infrastruttura digitale sono andate in affanno: basti pensare che il Mercato Elettronica della Pubblica Amministrazione promosso da Consip, una partecipata dello Stato, è andato offline fino all’Epifania per consentire gli adeguamenti di sistema. Nonostante ciò, oggi i malfunzionamenti sono all’ordine del giorno, creando enormi grattacapi ed aziende e dipendenti pubblici.

Le piattaforme, a cui è possibile accedere esclusivamente con lo Spid, devono essere tutte integrate con una ulteriore piattaforma nazionale di proprietà dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, l’Anac, ma anche questa spesso è fuori uso. Può capitare, pertanto, che chi lavora riesca a completare, dopo ore perse, l’iter per comprare una risma di carta sulla propria piattaforma ma abbia problemi poi con quella dell’Anac, vanificando ogni sforzo.

Il nuovo sistema è farraginoso, pieno di passaggi poco comprensibili, con richieste di informazioni astruse alle stazioni appaltanti e tempi per spendere anche poche decine di euro allungati all’infinito. Tra l’altro, non si comprende perché non esista una piattaforma unica, ma sia stata consentita, con aggravo enorme di spesa per le casse dello Stato, ad ogni Ente di acquistare propri strumenti informatici da privati, tutti, ovviamente, diversi gli uni dagli altri. Chiamare i call center è praticamente impossibile, manuali e video di spiegazioni su Youtube sono presi d’assalto dai dipendenti pubblici, spesso anziani d’età e con scarsa competenza informatica.

E il Governo pare non riesca a porre rimedio a questi disagi, nonostante tutta Italia, aziende sanitarie ed università comprese, brancoli nel buio e gli enti pubblici siano costretti a concedere proroghe ai precedenti affidatari, ove possibile. Se già alla fine del 2023 l'OICE, l'Associazione di categoria, aderente a Confindustria, che rappresenta le organizzazioni italiane di ingegneria, architettura e consulenza tecnico-economica aveva denunciato che l’entrata in vigore del nuovo Codice degli Appalti aveva fatto crollare il numero di affidamenti nel Paese, il dato peggiorerà sicuramente quando arriveranno i numeri ufficiali del primo periodo del 2024.

Sul tema si esprime con durezza anche l'Anci, l’associazione nazionale dei Comuni, che ha già predisposto un rapporto con alcune migliorie da sottoporre al Governo centrale. “Quando ci si affida alla tecnologia – spiega il vicepresidente Ciro Buonajuto – può capitare di andare difficoltà, ma queste non posso gravare sui sindaci e, soprattutto, sui cittadini. I malfunzionamenti delle piattaforme informatiche non sono addebitabili alle amministrazioni pubbliche e per questo il Governo deve consentire delle deroghe che ci consentano di operare con la massima celerità, nell’esclusivo interesse delle nostre comunità. In questo caos è necessario, inoltre, differire i termini di legge per la presentazione dei bilanci degli enti locali.”

Uno dei più grandi esperti di pubblica amministrazione in Italia, Santo Fabiano, si esprime senza mezzi termini: "La corruzione è un fenomeno culturale, ma la vogliono combattere con le procedure. Tuttavia, visto che non riescono a sconfiggere la corruzione con questi metodi, qualche domanda bisogna farsela. Vogliono combattere la corruzione centralizzando i processi, come se a livello centrale non ci fossero fenomeni corruttivi, come invece dimostrano gli scandali Consip ed Anas. Se c'è una cosa che facilita la corruzione è la confusione e, incredibilmente, a Roma hanno creato le condizioni migliori perchè ora c'è confusione normativa, confusione organizzativa e confusione informatica: un mix che non si era mai verificato prima nel nostro Paese. Le pubbliche amministrazioni sono costrette a violare le norme nell'interesse pubblico pur di poter effettuare qualche acquisto e questo è gravissimo. Le colpe maggiori le ha l'Anac, che dovrebbe essere una Autorità indipendente e non una Autorità irresponsabile: oggi non combatte la corruzione, ma, le pubbliche amministrazioni mentre la corruzione dilaga. Su questa vicenda grave è anche la posizione della politica: sia il Governo che le opposizioni tacciono e non si capisce il perchè."

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