Il governo Meloni vuole cambiare la prescrizione dei reati: cosa dice la riforma e che effetto avrebbe
La riforma della prescrizione dei reati è arrivata in Aula, e la prossima settimana dovrebbe essere messo ai voti. Il testo su cui il centrodestra ha lavorato a lungo, mettendo d'accordo anche i centristi di Azione, è ora vicino all'approvazione. Si tratterebbe della quarta modifica nel giro di pochi anni, ma il governo Meloni sembra deciso ad andare avanti. Ecco cosa cambierebbe se il testo venisse approvato così com'è: si tornerebbe alla cosiddetta prescrizione sostanziale, cioè il reato potrebbe cadere in prescrizione anche dopo la prima sentenza, con dei periodi di sospensione tra i vari gradi di giudizio.
Come funziona la prescrizione oggi in Italia
Dal 2005, quando era intervenuta la cosiddetta legge Cirielli, ci sono state varie riforme: quella del ministro Orlando nel 2017 e quella del ministro Bonafede (detta Spazzacorrotti) nel 2019. Oggi, la prescrizione in Italia è regolata dalla riforma Cartabia del 2021. La ministra della Giustizia del governo Draghi, infatti, ha preparato un testo concordato sostanzialmente anche con la Commissione europea, perché era parte delle modifiche che l'Italia si impegnava a fare nel Pnrr. Al momento dunque le regole sono queste: per i reati commessi dal 2020 in poi, finché non c'è la prima sentenza, non ci sono limiti che interrompono la prescrizione. Si applicano le norme previste, con un tempo di prescrizione diverso per ogni reato.
Invece dal secondo grado in poi ci sono termini relativamente stringenti. Il processo d'appello può durare al massimo due anni, o tre anni in casi particolarmente complicati (o per reati particolarmente gravi). Per la Cassazione, il termine è di 12 mesi, al massimo 18. Passati questi termini, l'azione penale diventa improcedibile e quindi la persona non può essere processata (si parla tecnicamente di improcedibilità, non di prescrizione). L'obiettivo era quello di spingere a velocizzare i processi e in ogni caso non ingolfare i tribunali con procedimenti arretrati che durano per anni.
Cos'è la prescrizione sostanziale dei reati prevista dalla legge Nordio
La proposta a cui ha lavorato il centrodestra insieme ad Azione cambierebbe ancora una volta le regole. I termini di prescrizione verrebbero sospesi, per certi periodi. Si tratta della cosiddetta prescrizione sostanziale.
Fino alla sentenza di primo grado, il tempo per la prescrizione passerebbe normalmente, come accade oggi. Dopo la sentenza di primo grado, invece, questo verrebbe sospeso per un periodo fino a due anni. Passato questo tempo, il calcolo della prescrizione ripartirebbe. Se nel frattempo non c'è stata l'impugnazione della sentenza, si conterebbero anche i due anni appena passati. Dopo la sentenza di appello, ci sarebbe lo stesso blocco, ma solo per 12 mesi.
Un esempio pratico: una persona commette un furto nel 2023, e da quel momento parte il calcolo per la prescrizione, che è di sei anni. Passano due anni e nel 2025 arriva la prima sentenza: colpevole. Il calcolo della prescrizione si ferma per due anni, in cui chiunque può fare ricorso. Se nessuno lo fa, la sentenza diventa definitiva. Se qualcuno lo fa, si passa all'appello. In questo esempio dopo altri tre anni, nel 2028, arriva la sentenza d'appello: assolto. A quel punto c'è un'ultima sospensione della prescrizione, per un anno.
Trascorso questo anno, si arriva al 2029. Se nessuno è intervenuto per impugnare la sentenza d'appello e andare in Cassazione, riparte il calcolo della prescrizione. E dato che c'è stata un'assoluzione, si conteggia tutto il periodo precedente, anche quello che era di sospensione. Perciò, essendo passati sei anni dal 2023 al 2029, il reato cade ufficialmente in prescrizione.
Chi è a favore chi è contro la nuova riforma
Le forze di maggioranza si sono ovviamente schierate a favore della riforma, che è stata concordata dopo lunghe trattative tra i partiti del centrodestra. Il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, in Aula, ha dichiarato: "Mai più indagati e imputati a vita. Nessuna rottamazione dei processi in appello. Sono particolarmente soddisfatto del lavoro svolto dalla commissione e dai gruppi parlamentari, volto a far ritornare la prescrizione sostanziale, che, ricordo tutti, è agganciata alla gravità del reato e alla pericolosità sociale del reo". A sostenere la riforma è anche Azione di Carlo Calenda, tanto che uno dei relatori del testo è il deputato calendiano Enrico Costa: "Il tempo è importante per la vittima, per chi viene assolto, ma anche per chi viene condannato, perché la ragionevole durata del processo si collega al tema della rieducazione della pena. Auspico attenzione e disponibilità dalle altre forze di opposizione per un provvedimento di civiltà e di garanzia".
Tra i partiti del resto dell'opposizione, però, l'unico sostegno è arrivato da Alleanza Verdi-Sinistra: "Per noi è positivo il ritorno alla prescrizione sostanziale, quindi sostanzialmente, con qualche correttivo, alla riforma Orlando, che era la nostra proposta. In commissione abbiamo presentato un emendamento sul prolungamento dei termini di prescrizione per alcuni reati gravi sulla violenza contro le donne e rilanceremo la richiesta del raddoppio dei termini di prescrizione per i reati ambientali e per i reati edilizi, ci aspettiamo più apertura dalla maggioranza", ha detto il capogruppo di Avs in commissione Giustizia Devis Dori.
Critici invece Pd e Movimento 5 stelle. Chiara Braga, capogruppo dem a Montecitorio, ha definito il testo "una legge inutile e sbagliata". Gli esponenti del Pd in passato hanno anche fatto notare che cambiare la riforma Cartabia, che era prevista dal Pnrr per accorciare i tempi dei processi penali, potrebbe portare a a problemi con la Commissione europea.
Federico Cafiero De Raho, ex magistrato e deputato pentastellato, ha dichiarato: "L'autore del reato, puntando sulla lentezza della giustizia, troverà più attraente l'aspettativa dell'impunità rispetto ai riti alternativi. Ma così si ingolfa la giustizia. Il governo vuole intervenire sulla prescrizione senza aver verificato i risultati della normativa in vigore. Ad esempio, a differenza del ventennio precedente, nell'anno 2021 si registra una riduzione dei procedimenti pendenti del 3,9% e nel 2022 dell'8,5%. Nel primo semestre del 2023 questo dato sale all'8,6%. Cioè, comincia a funzionare la legge Spazzacorrotti e il governo la vuole eliminare, prima che dispieghi in pieno i suoi effetti positivi".