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Il governo Meloni non ha mantenuto le promesse fatte su Opzione donna in campagna elettorale

Sia Fratelli d’Italia che la Lega avevano promesso di confermare lo scivolo pensionistico dedicato alle lavoratrici e – nel caso del Carroccio – addirittura di renderlo strutturale. Con la manovra, invece, il governo ha di fatto smontato Opzione donna.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Opzione donna, di fatto, non esiste più. Lo scivolo pensionistico per anticipare l'uscita dal lavoro è stato ridimensionato talmente tanto dal governo Meloni nella legge di Bilancio, da diventare praticamente inutilizzabile. Troppi paletti, poche categorie, pochissime lavoratrici coinvolte. Meno di tremila, alla fine, potranno andare in pensione anticipatamente nel 2023 grazie a Opzione donna. È una beffa se si considera quanto già sia penalizzante la misura in sé, ma soprattutto se si fa un passo indietro e si scorrono rapidamente i programmi della campagna elettorale estiva terminata appena un pugno di mesi fa. Quella terminata con le elezioni vinte dal centrodestra. Sia nel programma di Fratelli d'Italia che in quello della Lega si parla di Opzione donna e no, non si parla di abolirla.

Nel programma unitario di centrodestra – quello condiviso da Fratelli d'Italia, Lega, Forza Italia e Noi Moderati – si parla solamente di "flessibilità in uscita dal mondo del lavoro e accesso alla pensione, favorendo il ricambio generazionale". Ma se andiamo a guardare ai singoli partiti, invece, la storia cambia. Nel programma del partito di Giorgia Meloni, al punto dieci, si legge:

Flessibilità in uscita dal mondo del lavoro e accesso facilitato alla pensione, favorendo al contempo il ricambio generazionale. Stop all’adeguamento automatico dell’età pensionabile all’aspettativa di vita. Rinnovo della misura “Opzione donna”. Un sistema pensionistico che garantisca anche le giovani generazioni e chi percepirà l’assegno solo in base al regime contributivo. Ricalcolo, oltre un’elevata soglia, delle “pensioni d’oro” che non corrispondono a contributi effettivamente versati. Adeguamento delle pensioni minime e sociali, per restituire dignità alle persone che vivono difficoltà quotidiane e rischiano di finire ai margini della società.

Di quel rinnovo di Opzione donna, però, non si è proprio parlato. Anzi. Nel programma della Lega si fa un passo ulteriore. Questo è un passaggio del testo.

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Il Carroccio scriveva nel suo programma elettorale di voler rendere il trattamento pensionistico Opzione donna strutturale. Inutile dire che anche questo non è accaduto.

Con il via libera alla manovra del governo Meloni, invece, è arrivato anche l'ok alla nuova Opzione donna, che prevede una profonda revisione dello scivolo. Nel 2023 potranno andare in pensione in anticipo solamente donne che fanno lavori di cura, caregiver, licenziate o disabili. Stop. Inoltre è previsto uno sconto in base al numero di figli: la soglia è sempre 35 anni di contributi versati, ma i  60 di età anagrafica diventano 59 con un figlio e 58 con due o più.

Al di là della discriminazione nei confronti delle donne senza figli – fortemente criticata da esponenti politici e non solo – il nodo vero resta la riduzione drastica della platea, che ha limitato il trattamento solamente a pochissime categorie specifiche. Secondo le stime, in pratica, circa 2.900 lavoratrici in tutto potranno utilizzare lo scivolo. E non è neanche detto che lo facciano, visto che si tratta di un trattamento fortemente penalizzante che riduce l'assegno fino al 30%. Insomma, nulla a che vedere con quanto promesso in campagna elettorale da Fratelli d'Italia e Lega.

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