Il governo Meloni non abolirà il carcere duro, a costo di cambiare la Costituzione
Nessun passo indietro sul carcere duro. Il governo Meloni continua a rivendicare di aver bloccato l'abolizione dell'ergastolo ostativo, anche se la sua applicazione è in contrasto con la Costituzione. Ma l'esecutivo non ha intenzione di mollare la presa, soprattutto dopo la cattura di Matteo Messina Denaro e la rivendicazione dell'arresto – da parte di Meloni e di tutti i suoi ministri – come un grande successo di questo governo. Considerando che non è l'esecutivo a condurre le indagini, il successo – come spiegato dal sottosegretario Delmastro a Fanpage.it – è tutto concentrato nell'aver mantenuto in piedi il carcere duro.
Ultimo, ma non per importanza, ci è tornato anche il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi. Il titolare del Viminale, intervistato dalla Stampa, ha sottolineato che la scelta di non toccare l'ergastolo ostativo è "giusta e chiara contro la mafia". Sul contrasto con la Costituzione, che invece prevede che la pena abbia un fine riabilitativo, Piantedosi è andato ancora più sicuro: "Lo Stato ha ingaggiato una guerra contro la mafia che non può concedere al nemico dei vantaggi. Alla luce di questo vanno effettuate anche le valutazioni di ordine costituzionale".
Insomma, il ministro dell'Interno ha annunciato che il governo è disposto a cambiare l'articolo 27 della Costituzione, che recita:
La responsabilità penale è personale.
L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.
Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.
Non è ammessa la pena di morte.
Nello specifico ci si riferisce al comma tre, che prevede il fine rieducativo della pena. In qualsiasi caso. Nei prossimi mesi capiremo se e come il governo deciderà di intervenire, ma per cambiare la Costituzione sarà necessaria la doppia approvazione del Parlamento con tempi inevitabilmente più lunghi.