Il governo Meloni ha tagliato i fondi per le famiglie dei morti sul lavoro?
AGGIORNAMENTO:
Con il decreto Lavoro passato in Senato è stato rifinanziato il fondo di sostegno per le famiglie delle vittime di gravi infortuni sul lavoro di 5 milioni nel 2023. La ministra del Lavoro Marina Calderone ha spiegato che il governo ha "inizialmente provveduto alla definizione delle somme che spettano alle famiglie sulla base della nota tecnica attuariale che ci ha fatto pervenire l'Inail, che è previsionale. Poi abbiamo verificato che c'era necessità di incrementare il fondo, lo facciamo con ulteriori 5 milioni che porteranno i risarcimenti ad una somma che è in linea con il 2022, anzi superiore".
"Non facciamo cassa su questo, su situazioni già particolarmente dolorose per le famiglie, consapevoli che certo niente potrà restituire un giovane o un familiare che ha perso la vita in questo modo. Il tema della salute e sicurezza sul lavoro per noi è un impegno a ridurre il numero degli infortuni mortali. Ma laddove ci sono, bisogna essere solidali ed essere vicini".
Un decreto del ministero del Lavoro approvato a maggio e passato sotto traccia per alcune settimane aveva ridotto l'importo che le famiglie delle vittime del lavoro – o di chi subisce un grave infortunio – possono ricevere dallo Stato. Il testo del decreto 75/2023, firmato dalla ministra Calderone, specificava le nuove cifre: il minimo è di 4mila euro, se c'è una sola persona superstite nella famiglia. Il massimo 14.500 euro euro per più di tre superstiti. Si considerano familiari i coniugi e i figli, e se non ci sono si allarga a genitori, fratelli e sorelle.
Quanto si è ridotto il pagamento alle famiglie delle vittime del lavoro
Nel 2022, le cifre erano ben diverse: 6mila euro la soglia minima, ben 22.400 quella massima. E la differenza si vede, ovviamente, anche per le quote intermedie. Per due superstiti si pagano 7.500 euro, che un anno fa erano 11.400. Per tre superstiti, la somma è di 11mila euro contro il 16.800 assegnati nel 2022.
Così, il Fondo di sostegno per le famiglie delle vittime di gravi infortuni sul lavoro era stato ridimensionato. Il pagamento una tantum è una pratica gestita dall'Inail, nata nel 2007, che viene erogata alle famiglie dopo la morte o il grave infortunio di un lavoratore o una lavoratrice, entro un mese. Si rivolge anche a chi non ha un'assicurazione Inail. Più avanti, poi, con apposite verifiche si fissa un indennizzo specifico in base alle circostanze che vengono accertate.
Come si decide la cifra da pagare
Gli importi da versare alle famiglie vengono decisi ogni anno dal governo in carica, in particolare dal ministero del Lavoro. Per farlo si tengono in conto soprattutto due aspetti. Il primo sono le risorse messe da parte nel bilancio statale per questo specifico fondo: si tratta solo di 5,5 milioni di euro per quest'anno, mentre erano 9,8 milioni di euro nel 2022, 8,4 milioni di euro nel 2021, e 6,9 milioni nel 2020. Erano stati di meno solo nel 2019, con 4,5 milioni di euro.
Ma la decisione degli importi si basa anche – e soprattutto – una nota tecnica dell'Inail. In particolare, una nota che elaborando i dati a disposizione fa una previsione sul numero complessivo di infortuni mortali che ci si possono aspettare. Si tratta, quindi, non solo di una valutazione politica ma anche di una procedura tecnica che fa capo all'Inail.
La differenza con gli scorsi anni
In più, per completezza si deve sottolineare che nel 2022, con il ministro Andrea Orlando, gli importi erano stati particolarmente alti, e questo rende molto evidente il passaggio da un anno all'altro. Ma, guardando le cifre fissate negli anni precedenti, il distacco appare meno netto.
Ad esempio, nel 2021 la cifra minima era fissata a 5mila euro e quella massima a 19mila euro. Nel 2020, invece, per le famiglie con una sola persona superstite c'erano 4mila euro (come quest'anno) e per quelle con più di tre persone 15.500 euro. Ancora, nel 2019 l'importo più basso era stato stabilito in 3.700 euro e quello più alto in 14.200 euro. Nel 2018 il massimo era di 13mila euro, in ribasso rispetto ai 17.200 del 2017.
Insomma, il decreto del governo Meloni è il primo ribasso significativo negli ultimi anni, e il suo impatto è particolarmente alto anche perché l'inflazione dell'ultimo anno ha fortemente ridotto il potere d'acquisto. Quindi 14.500 euro oggi non valgono quanto i 14.200 euro del 2019. Ma le cifre stabilite non dipendono strettamente da una decisione politica quanto da una valutazione dell'Inail, e nel complesso sembrano piuttosto in linea con gli anni precedenti.