Il governo Meloni ha deciso cosa fare sulle pensioni: ecco il piano per il 2023, poi sarà riforma
Il tempo scorre, l'orologio ticchetta e il 31 dicembre si avvicina. La fine dell'anno, in termini economici, si traduce in una parola: manovra. E sappiamo bene come quella di quest'anno – la prima legge di Bilancio del governo Meloni – sarà monopolizzata dal problema del caro energia. Per le altre misure restano le briciole, ma alcuni passaggi sono quasi obbligati. Uno di questi riguarda le pensioni: dal primo gennaio, senza un intervento dell'esecutivo, ci sarebbe lo scalone da Quota 102 – lo scivolo temporaneo del governo Draghi – alla Fornero secca, che significa pensione a 67 anni.
Il governo, però, non ha nessuna intenzione di cedere sulle pensioni. Sia per evitare di scatenare la rabbia di sindacati e lavoratori prossimi al lasciare il lavoro, sia perché praticamente tutti i partiti – ma soprattutto la Lega – si sono spesi molto in campagna elettorale sul tema. Insomma, diventare l'esecutivo che segna il ritorno alla Fornero – dopo una serie infinita di opzioni e scivoli – non è un'opzione. Ma quindi quali sono le alternative in campo? In verità ben poche.
Il problema principale è sempre lo stesso: i soldi non ci sono, e i pochi che possono essere investiti serviranno a tamponare il caro energia e il caro bollette. L'obiettivo, perciò, è trovare una soluzione ponte di un anno sulle pensioni e rimandare una riforma complessiva. Ne ha riparlato oggi il sottosegretario al Lavoro e ideatore di Quota 100, il leghista Claudio Durigon: "Avremo una Quota 41 con 61 o 62 anni per il solo 2023, come misura ponte verso la riforma organica che faremo il prossimo anno – ha annunciato, intervistato da Repubblica – Spenderemo meno di 1 miliardo per agevolare 40-50mila lavoratori. Pensavamo anche a un bonus per chi resta a lavorare, ma la prudenza di bilancio ci induce a rinunciare".
Perciò, sulle pensioni, anche il governo Meloni finanzierà un nuovo scivolo e rinvierà la riforma al 2024: "Quota 41 ci sarà e questo è importante – ha insistito Durigon – la stiamo studiando nei dettagli con la ministra del Lavoro Marina Calderone e il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti". Per una riforma complessiva delle pensioni "bisogna discuterne con i sindacati e ci vuole tempo". Poi il sottosegretario al Lavoro si è anche giustificato rispetto alle promesse fatte in passato: "In campagna elettorale avevamo detto che facevamo Quota 41 e così sarà", ma "senza vincoli di età costa 4 miliardi il primo anno e poi a salire". Mentre "se la limitiamo a chi ha 61 o 62 anni, con il divieto di cumulo con un reddito da lavoro, il costo scende sotto il miliardo, con un piccolo trascinamento nel 2024". Insomma, come dicevamo, i soldi sono pochi e anche le promesse si fa fatica a mantenerle. Perciò alla fine arriverà una Quota 41 light come soluzione di compromesso.