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Il governo Meloni ha creato un nuovo caso Albania solo per usare i migranti nello scontro con i giudici

I giudici della Corte d’Appello di Roma hanno disposto la liberazione (e il rientro in Italia) dei 43 migranti trasferiti in Albania per essere rimpatriati. Una decisione inevitabile, che apre un ennesimo fronte nella guerra fra governo e magistrati, frutto di un azzardo di Meloni e Piantedosi.
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Prima di tutto i fatti: i giudici della Corte d’Appello di Roma hanno sospeso il giudizio di convalida dei trattenimenti dei 43 migranti trasferiti in Albania e rimesso "gli atti alla Corte di Giustizia dell'Unione europea ai sensi degli artt. 267 TFUE, 105 e ss. del Regolamento di procedura e 23 bis dello Statuto della Corte”. Una pronuncia in linea con le precedenti decisioni operate dai Tribunali, malgrado nel frattempo fosse intervenuta una sentenza della Cassazione che il governo aveva provato a interpretare favorevolmente rispetto alla possibilità di riprendere il trasferimento dei migranti nei centri in Albania per la procedura accelerata di espulsione. Per la Corte d’Appello, dunque, “il giudizio va sospeso nelle more della decisione della Corte di Giustizia europea” e, per effetto di tale sospensione, “poiché  è impossibile osservare il termine di quarantotto ore previsto per la convalida, deve necessariamente essere disposta la liberazione del trattenuto, così come ha ripetutamente affermato la Corte Costituzionale in casi analoghi”.

Un flop gigantesco, insomma, che ha già scatenato la reazione furibonda della maggioranza, che parla di “sentenza sconcertante”, di “decisione preoccupante”. Il canovaccio delle prossime ore lo conosciamo. Gli esponenti della maggioranza urleranno al complotto e i giornali amici parleranno del tentativo della magistratura di sostituirsi al potere politico. Vespa tuonerà dal pulpito di Rai Uno. Mario Giordano urlerà qualcosa senza contraddittorio. Del Debbio dirà che i giudici non rispettano la volontà popolare. E così via.

La realtà dei fatti è diversa, molto più semplice. Come già accaduto in precedenza nei Tribunali, i giudici della Corte d’Appello non hanno potuto fare altro che sospendere il giudizio e rimettere gli atti alla Corte di Giustizia UE, che a breve, brevissimo, sarà chiamata a esprimersi sulle eccezioni sollevate in casi analoghi e a dirimere la questione sui “Paesi sicuri” e sulla compatibilità delle norme del governo con l’ordinamento europeo.

Il governo si era illuso che bastasse la sentenza della Cassazione, che pure chiaramente lasciava al giudice il compito di valutare singolarmente i casi. In tanti erano convinti che sarebbe andata in questo modo e avevano spiegato come non avesse alcun senso "riprovare" a mandare in Albania qualche decina di persone, con il concreto rischio di doverli riportare indietro in brevissimo tempo. Del resto, non c'era alcuna urgenza. Si poteva tranquillamente aspettare la decisione della CGUE, che comunque è attesa nelle prossime settimane.

Non aveva senso, certo, a meno che non si fosse voluto creare l'ennesimo caso. Un nuovo "incidente" con i giudici, per potersi nuovamente giocare la carta vittimista e usare la questione migranti come clava nello scontro con la magistratura.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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