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Il governo Meloni è in ritardo sugli asili nido, dice l’Upb: rischia di saltare la scadenza del Pnrr

Entro la metà del 2026, l’Italia dovrebbe avere 150mila posti in più negli asili nido. Per raggiungere questo obiettivo ci sono 3,24 miliardi di euro del Pnrr. Ma i lavori sono in ritardo, e finora è stato speso solo un quarto dei soldi a disposizione. Lo ha segnalato l’Ufficio parlamentare di bilancio.
A cura di Luca Pons
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La costruzione di nuovi posti negli asili nido è uno degli obiettivi del Pnrr (il piano italiano finanziato con fondi europei, con scadenze precise da rispettare), ma i lavori sono decisamente in ritardo. A farlo notare è l'Ufficio parlamentare di bilancio, con un rapporto pubblicato oggi. Sui 3,24 miliardi di euro messi a disposizione per il Pnrr, finora ne sono stati spesi circa 816 milioni: circa un quarto, e meno della metà di quanto prevedeva la tabella di marcia a questo punto (1,7 miliardi).

Di questo passo, riuscire a ottenere 150mila nuovi posti per asili nido e scuole materne entro giugno 2026, come richiesto, potrebbe risultare impossibile. Nonostante proprio il governo Meloni avesse abbassato l'asticella, dato che prima il target era di 250mila nuovi posti.

Quanti posti negli asili nido deve costruire l'Italia

L'obiettivo sugli asili nido e le scuole d'infanzia era stato rivisto dal governo Meloni a fine 2023, abbassando il numero di posti da 250mila a 150mila (per la precisione, 150.480). Questo nonostante un aumento dei posti a disposizione serva ad aiutare le famiglie, e di conseguenza sia agevolare le nuove nascite, sia permettere a più donne di lavorare, temi che la premier Meloni ha detto più volte di avere a cuore.

Anche negli ultimi mesi c'è stato uno scontro sul tema, dato che l'esecutivo nella legge di bilancio ha respinto la proposta di aumentare i fondi e nel Piano strutturale di bilancio ha previsto un obiettivo decisamente poco ambizioso: arrivare a una copertura nazionale del 33%, ovvero a fare sì che ci siano posti sufficienti per mandare all'asilo un bambino su tre nella fascia dai tre mesi ai tre anni; ma permettendo che in singole Regioni si possa arrivare anche solo al 15%. Per fare un confronto, l'Unione europea ha raccomandato di raggiungere, entro il 2030, una copertura del 45% in tutte le zone.

A che punto sono i lavori: un "sostanziale ritardo"

Ma, stando a quanto riportato dall'Upb, anche fissare obiettivi più semplici da raggiungere non è bastato al governo per rispettare i tempi. Alla fine del 2024, "avrebbero dovuto essere spesi 1,7 miliardi". Invece al 9 dicembre "ne risultano effettivamente utilizzati circa la metà (816,7 milioni)". Un "sostanziale ritardo", si legge. In più, "la quasi totalità degli interventi avviati nel 2020 o nel 2021 sono in una fase esecutiva e solo circa il 3% dei progetti è concluso".

I problemi ci sono stati fin dall'inizio, quando i Comuni del Mezzogiorno e con "gravi carenze strutturali" hanno mostrato una adesione "limitata" alle procedure per assegnare i soldi, cosa che ha rallentato i tempi. Fatto sta che oggi i progetti in esecuzione sono poco più del 70% al Nord e al Centro, il 69% al Sud. Su molti dei progetti più nuovi non ci sono ancora informazioni, invece.

I problemi che rimarrebbero anche completando il Pnrr

Così, ci sono "incertezze" sulla possibilità di rispettare effettivamente i tempi del Pnrr. L'Ufficio parlamentare di bilancio ha fatto delle previsioni: nel migliore dei casi, l'Italia potrebbe arrivare ad avere solo 500 posti in meno del previsto; nel peggiore il buco potrebbe essere da 26mila posti. La versione più ‘probabile' al momento, è che se le cose non cambiano si vada in contro a circa 17-18mila posti mancanti.

Peraltro, l'Upb ha sottolineato che se anche tutti gli interventi previsti per il Pnrr arrivassero a compimento, in Italia resterebbero grossi problemi per quanto riguarda la copertura degli asili nido. Si ridurrebbe la distanza tra Nord e Sud, è vero, ma "la quasi totalità dei Comuni con meno di 500 abitanti (96,6%) resterebbe priva di tali strutture". Più in generale, tra i territori che prima non avevano asili, la situazione resterebbe la stessa per l'81,4%: oltre quattro su cinque.

L'Ufficio ha anche fatto notare che i nuovi obiettivi fissati dal governo per la copertura dei servizi per bambini da tre mesi a tre anni (il 33% a livello nazionale e almeno il 15% a livello regionale) sono così poco ambiziosi che non serve nemmeno completare il target del Pnrr per rispettarli. Anche perché, negli anni, continuano a calare le nascite e quindi diminuisce il numero di bambini. Persino nella peggiore delle sue simulazioni, quella con un ‘buco' da 26mila posti, la copertura supererebbe le soglie previste dall'esecutivo.

Pd: "Cosa sta facendo il governo?"

Il Partito democratico ha commentato il rapporto dell'Upb con la senatrice Valeria Valente: "Cosa sta facendo il governo, che ha avocato a sé la realizzazione del Pnrr con pochissima trasparenza, per sostenere le amministrazioni locali nel conseguimento di un obiettivo da cui dipende lo sviluppo del Paese? I posti nei nidi soprattutto per il Sud sono un obiettivo cruciale, cui è legato il rilancio dell'occupazione femminile, oltre al diritto dei bambini all'educazione da 0 ai 6 anni".

La Cgil, e in particolare la segretaria confederale Daniela Barbaresi, ha detto che il "quadro di incertezze e ritardi" conferma "le ragioni delle nostre numerose denunce". Quella del Pnrr era "un'occasione irripetibile che, se persa, certificherebbe l'incapacità del nostro Paese di raggiungere standard europei e di garantire ai bambini il fondamentale diritto a un percorso educativo di qualità sin dai primissimi mesi di vita".

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