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Il governo ha presentato un emendamento per sopprimere la deroga al tetto degli stipendi pubblici

Palazzo Chigi fa sapere che, dopo l’irritazione di Draghi per quanto accaduto ieri durante la discussione sul decreto Aiuti bis, il governo ha presentato un emendamento che sopprime l’articolo 41 bis sulla deroga al tetto degli stipendi dei dirigenti della Pubblica amministrazione.
A cura di Tommaso Coluzzi
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"Draghi è furioso". La voce, ieri sera, è circolata con forza e confermata da fonti di Palazzo Chigi. Il presidente del Consiglio non ha preso affatto bene – per usare un eufemismo – l'emendamento al decreto Aiuti bis per far saltare il tetto agli stipendi nella Pubblica amministrazione, inserito da una manina e approvato in Senato. Nonostante il percorso del secondo decreto Aiuti del governo Draghi – ne dovrebbe arrivare un terzo a breve – sia più che accidentato, per via della caduta dell'esecutivo, la pausa estiva e lo stallo sul Superbonus, il premier non ha voluto sentire ragioni: quell'emendamento va soppresso, immediatamente. Anche se questo costerà un ulteriore passaggio in Senato, molto probabilmente la prossima settimana.

"Il governo ha presentato un emendamento al decreto Aiuti bis per sopprimere l’art. 41 bis sul ‘Trattamento economico delle cariche di vertice delle Forze armate, delle Forze di polizia e delle pubbliche amministrazioni’", fanno sapere fonti di Palazzo Chigi. In alternativa, però, dicono sempre dalla presidenza del Consiglio "il governo chiederà di votare l’emendamento salvo che le forze politiche all’unanimità non decidano di approvare l’ordine del giorno che dispone la soppressione dell'articolo nel decreto Aiuti Ter".

Ora il testo è alla Camera, perciò – con l'approvazione dell'emendamento soppressivo del governo – il decreto Aiuti bis sarà nuovamente modificato e dovrà ripassare appunto in Senato. Poi il via libera definitivo, sempre che non ci siano ulteriori modifiche da fare. Anche perché il fatto che il testo non arrivi blindato alla Camera può esporlo qualche altra manina.

I partiti, intanto, si sono sostanzialmente rinfacciati la responsabilità dell'approvazione di quell'emendamento per tutto il giorno. Si sa solamente che la prima firma è di un senatore di Forza Italia e che poi c'è stata una riformulazione del ministero dell'Economia e Finanze, infine ha ricevuto il via libera a maggioranza delle Commissioni. Poi, quando si è saputo, tutti si sono tirati improvvisamente indietro.

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