Con la nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza, il Governo ha sostanzialmente ammesso il peggioramento del ciclo economico del nostro Paese, oltre che “l’eccesso di ottimismo” nelle previsioni messe nero su bianco tanto nel Def quanto nella precedente legge di stabilità. Nel Def di aprile, il Governo valutava la crescita del Pil dell’1,2% per il 2016 e dell’1,4% per il 2017; nella nota di aggiornamento il Pil (programmatico) è previsto a +0,8% per quest’anno e a +1% per il prossimo anno. Un dato preoccupante, non solo perché è la certificazione delle difficoltà dell’economia italiana, ma anche perché restringe i margini di manovra del Governo, che ha meno risorse da utilizzare sfruttando la leva del deficit.
In ogni caso, anche quest’anno il Governo conta di reperire risorse portando il rapporto deficit / Pil al 2,4%, chiedendo dunque a Bruxelles il via libera per un ulteriore 0,4% di disavanzo per “eventi eccezionali”, ovvero il terremoto che ha colpito il centro Italia e l’emergenza immigrazione. Come spiegano i tecnici del Senato, la “ripresa del percorso previsto dall’attuale piano di rientro verrà assicurata dal 2018, al fine del raggiungimento del sostanziale pareggio strutturale di bilancio nel 2019, come già previsto nel DEF dello scorso aprile”.
Restano però tante le perplessità di Bankitalia e dell'Ufficio Parlamentare di Bilancio, che considerano troppo ottimistiche persino le nuove previsioni sul Pil programmatico (ricordiamo la differenza fra Pil programmatico e tendenziale, con quest'ultimo che indica quale sarebbe il risultato finale nel caso in cui il Governo non intervenisse). Padoan ha replicato con fermezza, rinviando però ogni valutazione di merito alla legge di bilancio e difendendo la previsione sul Pil programmatico: "È un obiettivo ottimistico secondo alcuni commentatori, ambizioso secondo altri. Anche noi consideriamo che questo obiettivo sia ambizioso, perché abbiamo il dovere di esserlo. Questa ambizione è sostenuta in modo concreto da una manovra che dà una spinta alla crescita".
Come sta l’economia italiana
Come detto, la “Nota di aggiornamento rivede il quadro macroeconomico tendenziale e programmatico, evidenziando un peggioramento delle prospettive di crescita dell’economia italiana, in considerazione del nuovo contesto internazionale meno favorevole, nonché, per quanto concerne il quadro programmatico, della politica economica e fiscale che il Governo intende impostare per i prossimi anni con la legge di bilancio per il 2017”. Decisivo in tal senso appare l’indebolimento della domanda interna, dunque al calo dei consumi e degli investimenti, su cui ha inciso anche il calo di fiducia delle famiglie. Per il Governo segnali positivi arrivano dalle esportazioni e dalle condizioni del mercato del credito, in particolare per quel che concerne il credito bancario al settore privato. Il problema, però, è sempre lo stesso, come ammette anche l’esecutivo: il recupero dei livelli di prodotto pre-crisi si sta rivelando più lento del previsto e ci sono ancora incognite enormi, tipo la Brexit, che potrebbero determinare negativamente il quadro complessivo.
La situazione, in sintesi, è questa per quel che riguarda i dati tendenziali:
E le tasse?
La Nota di aggiornamento del Def fa chiarezza anche sulla questione della diminuzione delle tasse, uno dei cavalli di battaglia dell’esecutivo guidato da Matteo Renzi. Nel 2015 la pressione fiscale si è mantenuta sul livello del 2014 (43,4% per cento del Pil), nel 2016 si ridurrà dello 0,6%, crescerà leggermente nel 2017 (+0,2%) per restare sullo stesso livello per il biennio successivo, ovvero il 42,7% del Pil. Perché allora il Presidente del Consiglio continua a ripetere il mantra delle “tasse che scendono”? Semplice, perché Renzi include anche gli 80 euro in busta paga che, come noto, non possono tecnicamente essere classificati come minori entrate, ma rappresentano a tutti gli effetti una maggiore spesa per le casse dello Stato. Includendo anche gli 80 euro, infatti, la pressione fiscale per il 2016 si attesterebbe al 42,1%, ben 1,3 punti in meno rispetto al 2015.
Nella prossima legge di bilancio, il Governo sarà chiamato poi a disinnescare le clausole di salvaguardia introdotte dagli esecutivi di Monti e Letta. In poche parole, se Renzi e Padoan non riuscissero a trovare 15miliardi di euro per quest’anno e 19,2 per il 2018 e 2018, a legislazione vigente, dal dal 2017, le aliquote IVA del 10 per cento e del 22 per cento passeranno rispettivamente al 13 per cento e al 24 per cento; dal 2018, l’aliquota IVA ordinaria verrà ulteriormente incrementata al 25 per cento e le accise sui carburanti dovranno essere incrementate in misura tale da assicurare un maggior gettito pari a 350 milioni annui.