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Il governo ammette che con la tassa sugli extraprofitti delle banche lo Stato non ha incassato un euro

L’imposta sui profitti delle banche era stata lanciata la scorsa estate, con Matteo Salvini che aveva previsto “alcuni miliardi di euro” di gettito. Poi però si è trasformata in una norma che gli istituti di credito potevano aggirare. Oggi il ministro dell’Economia Giorgetti ha detto che lo Stato non ha incassato nulla, “esattamente come previsto”.
A cura di Luca Pons
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Lo Stato non ha ricevuto neanche un versamento per la tassa sugli extraprofitti delle banche, "esattamente come previsto dalla relazione tecnica del provvedimento". A dirlo è stato il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, intervenendo durante il question time alla Camera. L'imposta in questione era stata lanciata la scorsa estate, e inizialmente non c'era dubbio su quale fosse l'intenzione della norma, portata in Cdm proprio dal ministro Giorgetti: incassare "alcuni miliardi" di euro per "tagliare le tasse" e "aiutare le famiglie e imprese con l'aumento dei tassi d'interesse", come aveva detto Matteo Salvini in conferenza stampa.

Poi però sono arrivati una serie di passi indietro. In Parlamento, il decreto è stato modificato in modo radicale per permettere che le banche potessero evitare di pagare l'imposta. In cambio, avrebbero dovuto mettere da parte una somma maggiore e usarla per rafforzare il proprio patrimonio. Negli scorsi mesi anche la stessa Giorgia Meloni – che pure aveva rivendicato la norma come una sua decisione personale contro i profitti "ingiusti" delle banche –  ha difeso la tassa in questa sua nuova forma. La presidente del Consiglio ha detto che gli istituti di credito, avendo un patrimonio più solido, avrebbero potuto aumentare i prestiti ai cittadini. Una tesi che però i dati sembrano smentire.

Oggi il ministro Giorgetti ha portato altri motivi per cui l'imposta sugli extraprofitti sarebbe stata utile anche senza portare introiti allo Stato: "È stata introdotta la facoltà di non versare l'imposta, destinando un importo non inferiore a due volte e mezza l'imposta dovuta a una riserva non distribuibile", ha ricordato. Di conseguenza, "il rafforzamento patrimoniale delle banche ha contribuito a mantenere o addirittura a migliorare i livelli di rating" dell'Italia, e questo ha "costituito uno dei fattori che ha contribuito alla riduzione dello spread registrato negli ultimi mesi". E da questo, con un ultimo passaggio logico, è derivato, "un risparmio in relazione agli interessi passivi".

Insomma, l'effetto dell'imposta sarebbe stato non di portare fondi nelle casse pubbliche, tassando i profitti aggiuntivi portati alle banche dal rialzo dei tassi d'interesse. Ma di rendere più solide le banche italiane, e così migliorare l'opinione delle agenzie di rating sull'Italia, abbassare lo spread e quindi causare un risparmio indiretto. Un percorso piuttosto convoluto, in cui peraltro (sia per quanto riguarda le valutazioni sul rating, sia il ribasso dello spread) entrano anche moltissimi altri fattori che non hanno nulla a che fare con la tassa sugli extraprofitti.

Per il resto, Giorgetti ha confermato due cose: innanzitutto, "nel bilancio dello Stato non è mai stata iscritta alcuna somma connessa all'attuazione di tale disposizione". Insomma, non si è mai nemmeno previsto che sarebbero arrivati dei soldi con questa nuova imposta. E per secondo, come detto, "al momento non risultano essere pervenuti versamenti con riferimento alle imposte in esame". Anche in questo caso, "esattamente come previsto dalla relazione tecnica".

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