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Il governo alza il muro su Paragon: “Tutto quello che si poteva dire è stato detto”

A Roma è stata presentata la relazione sull’attività annuale dei servizi segreti. Nel corso dell’evento, i cronisti presenti hanno chiesto informazioni e chiarimenti sul caso Paragon, ma il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano ha opposto un fermo no comment.
A cura di Marco Billeci
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Non sarà un segreto di Stato nella forma, ma nella sostanza ci somiglia molto. Almeno per ora, il governo non ritiene di dover più rispondere pubblicamente ai tanti interrogativi ancora aperti sulla vicenda Paragon. La linea è emersa plasticamente durante la conferenza stampa per la presentazione della relazione annuale sull'attività dei servizi segreti.  Nel corso dell'evento, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con la delega ai Servizi Alfredo Mantovano infatti ha più volte rintuzzato le domande sul tema, sostenendo che: "Qualsiasi cosa venga aggiunta in pubblico danneggerebbe contestualmente l'attività dell'intelligence e le indagini".

Eppure sono molti gli molti interrogativi senza risposta, sullo spionaggio di attivisti e giornalisti – tra cui il direttore di Fanpage.it Francesco Cancellato – con il software israeliano, in dotazione solo ad autorità pubbliche di diversi Paesi, tra cui appunto l'Italia. Non sappiamo chi ha spiato i soggetti coinvolti e perché. Non sappiamo se lo ha fatto in modo illecito, come pure sembra evidente. Non sappiamo nemmeno quale sia il corpo delle forze dell'ordine che ha (o aveva) in dotazione Paragon, oltre alle agenzie dei servizi.

Le parole di Mantovano

Durante l'incontro con la stampa, prima Repubblica e poi Fanpage.it hanno provato a interrogare Mantovano sulla materia. Ma il sottosegretario in entrambi i casi ha evitato di rispondere ai quesiti. "Tutto quello che si poteva dire pubblicamente fino a questo momento è stato detto – ha replicato il braccio destro di Giorgia Meloni – nell'iniziale comunicato di palazzo Chigi e nelle risposte alle interrogazioni parlamentari". Dopo lo scoppio del caso, il governo aveva escluso che giornalisti o altri soggetti tutelati dalla legge sui servizi segreti fossero stati messi sotto controllo da parte di apparati dell'intelligence. Una posizione ribadita anche dal ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, alla Camera il 12 febbraio.

Come detto, secondo Mantovano divulgare in pubblico altre informazioni su Paragon potrebbe compromettere il lavoro che sulla vicenda stanno facendo le procure e il Comitato parlamentare per la Sicurezza della Repubblica (Copasir). Si tratta in entrambi i casi di attività coperte da segreto e i cui sviluppi non possono essere diffusi all'opinione pubblica. Anche se nel corso della presentazione della relazione dell'attività dei servizi, il presidente del Copasir Lorenzo Guerini non ha escluso che il comitato parlamentare possa pubblicare una relazione, al termine del ciclo di audizioni sulla vicenda, in corso di svolgimento.

Le contraddizioni del governo 

Eppure proprio il governo fino a oggi ha mantenuto un atteggiamento ondivago sulla vicenda. Solo per fare due esempi: palazzo Chigi ha prima negato che Paragon avesse deciso di interrompere il contratto con la nostra intelligence, salvo poi parlare di una sospensione decisa in modo consensuale. E ancora il 18 febbraio, proprio con una lettera del sottosegretario Mantovano, l'esecutivo ha comunicato di non voler rispondere a un question time alla Camera, in cui si chiedevano lumi su un'eventuale ruolo della polizia penitenziaria nella vicenda, sostenendo che si trattasse di informazioni classificate. Ma il giorno dopo, a Montecitorio, il ministro della Giustizia Nordio ha contraddetto il collega di governo, affermando che la penitenziaria nel corso del 2024 non ha effettuato attività di spionaggio.

D'altra parte, quando c'è stato da negare il coinvolgimento delle nostre agenzie di intelligence nell'attività di spionaggio a giornalisti e attivisti, lo stesso Mantovano non ha lesinato dichiarazioni. Adesso però l'intenzione di palazzo Chigi appare quella di imporre un blackout informativo sulla vicenda. Una posizione che non convince il Pd, che per bocca dell'europarlamentare Sandro Ruotolo afferma: "L’opinione pubblica ha il diritto di sapere perché un giornalista viene spiato e perché gli esponenti di una Ong che salva i migranti in mare debbano essere controllati illegalmente".

"C'è un silenzio che è funzionale a proteggere l'operatività dell'intelligence", ha detto Mantovano nel corso del suo intervento alla presentazione della relazione annuale sull'attività dei servizi segreti, respingendo le accuse mosse di opacità mosse al governo dalle opposizioni, su Paragon come su altre vicende. Resta da stabilire quale sia il confine tra la riservatezza necessaria a garantire l'azione dei servizi segreti e il tentativo di seppellire dubbi e interrogativi sotto una coltre di silenzio

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