Il giallo delle date nel caso Almasri: perché Nordio l’ha tenuto segreto?
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Come in un numero di magia venuto male, il coniglio invece di uscire dal cilindro ha morso la mano del prestigiatore. Così, anziché dissipare i dubbi sull'operato del governo nel caso Almasri, l'informativa di Nordio e Piantedosi in parlamento ne ha aggiunti altri, scaturiti proprio dalle argomentazioni esposte dai due ministri.
In particolare, ci si aspettava che Nordio spiegasse nel dettaglio i possibili errori nella procedura di arresto di Almasri, che hanno portato alla sua scarcerazione. E magari chiarisse perché lui stesso non avesse ritenuto di intervenire per sanare, come avrebbe potuto, eventuali vizi procedurali, per evitare la liberazione del capo della polizia giudiziaria libica, accusato di gravi crimini dalla Corte penale internazionale.
D'altronde, quello di un ritardo nelle comunicazioni prima e dopo la fase dell'arresto era stato il chiodo su cui più avevano battuto gli esponenti della maggioranza, a partire dalla premier Meloni, dopo lo scoppio del caso. Sul punto, invece, Nordio ha di fatto sorvolato. E invece ha concentrato quasi tutto il suo intervento su presunte "imprecisioni, omissioni, discrepanze e conclusioni contraddittorie" (Cit.) nel mandato di arresto emesso dal tribunale dell'Aja contro Almasri.
Il giallo delle date nel mandato di cattura
Il ragionamento del ministro della Giustizia si è basato su un argomento centrale: la Cpi ha emesso il mandato di cattura il 18 gennaio, imputando ad Almasri crimini contro l'umanità a partire dal 2011. Ma successivamente si è corretta, promulgando un nuovo testo dell'ordinanza il 24 gennaio, dove le accuse erano postdatate 2015. Nordio ha ragione, la correzione c'è stata. Ma basta leggere i due documenti per capire come l'errore nel primo atto sia stato solo un errore di forma, non di sostanza.
Già nel mandato del 18 gennaio infatti viene più volte ribadito come il periodo preso in considerazione – per valutare la condotta dell'aguzzino libico – sia quello che va dal 2015 al 2024. Solo nelle conclusioni, per un evidente confusione di date, si fa riferimento al 2011, l'anno da cui sono cominciate le investigazioni della Corte sulla Libia. Ma tutto il resto dell'ordinanza si basa su fatti accaduti dal 2015 in poi. E non potrebbe essere altrimenti, dato che nel 2011, il carcere di Mitiga – quello dove si sarebbero compiuti i crimini di Almasri – non era stato ancora nemmeno costruito.
Si dirà ed è giusto dirlo, che nel diritto la forma è sostanza. Ma competeva al ministro valutare questa discrepanza e ritenerla sufficiente, a impedire la liberazione di un personaggio accusato di crimini così gravi? O invece semmai doveva essere sollevata nelle sedi giudiziarie? E perché, se il punto era così dirimente, nessuno degli avvocati e giudici coinvolti nella vicenda lo ha fatto? Non lo hanno fatto gli avvocati di Almasri nell'istanza di scarcerazione, né la Corte di Appello di Roma che l'ha accolta. Entrambi si sono focalizzati su un altro aspetto della vicenda, quello appunto delle procedure con cui è stato eseguito l'arresto.
Le due omissioni di Nordio
Nemmeno i difensori di Almasri dunque hanno ritenuto di dover puntare sulla confusione delle date, nel mandato di arresto della Cpi. Ma ci ha pensato Nordio ha farlo al posto loro, davanti al parlamento. Va bene, mettiamo però che per il ministro quel problema fosse dirimente. Non poteva fare nulla per rimediare? In una nota del 22 gennaio, il tribunale dell'Aja sostiene di aver comunicato – dopo la cattura di Almasri – alle autorità italiane che: "Se avessero identificato qualche problema tale da impedire l'esecuzione del mandato, avrebbero dovuto consultare la Corte senza ritardo per risolvere la questione".
Nonostante la difficoltà di traduzione di quaranta pagine dall'inglese (sic), Nordio ha sostenuto in parlamento di essersi accorto subito, dopo aver ricevuto l'atto il 20 gennaio, dell'incongruenza di date nel documento. Perché allora non lo ha segnalato alla Corte penale internazionale? Alla scadenza dei termini di scarcerazione di Almasri mancavano ancora 24 ore, ci sarebbe stato tutto il tempo per correggere il testo e così consegnare il libico alla giustizia. Ma dall'Aja dicono di non aver ricevuto "nessuna preliminare notifica o richiesta di consultazione", prima del rilascio.
Quindi Nordio si sarebbe reso protagonista di una doppia omissione. A monte, non avrebbe segnalato per tempo alla Cpi l'errore nella datazione delle imputazioni di Almasri in una parte del mandato di arresto, che pure sostiene di aver individuato subito. Dall'altro non avrebbe fatto niente per evitare la scarcerazione dell'imputato, pur avendone gli strumenti. In questo senso, il ministro si è comportato proprio da passacarte, quel ruolo che con tanta veemenza ha rifiutato davanti alle Camere. Ma forse intendeva dire che quali carte passare e quali no doveva deciderlo lui.