“Angelino (Alfano, ndr) lo considero una persona perbene un amico. Se gli posso dare una mano… Mi ha chiamato il fratello per farmi gli auguri; tu devi sapere che lui come massimo poteva avere 170.000 euro, io gli ho fatto avere 160.000. Tant'è che Sarmi stesso glielo ha detto ad Angelino: io ho tolto 10.000 euro d'accordo con Lino, per poi evitare. Adesso va dicendo che la colpa è la mia, che l'ho fottuto perché non gli ho fatto dare i 170.000 euro. Cioé, gliel'ho pure spiegato… Poi te li facciamo recuperare…”.
Questa intercettazione, riportata da diversi quotidiani, è stata diffusa nell’ambito dell’inchiesta “Labirinto”, coordinata dai pm Ielo e Fava, ed è parte di un colloquio avuto tra Raffaele Pizza, fratello di Giuseppe, ex sottosegretario del Governo Berlusconi, e Davide Tedesco, uomo considerato vicino al ministro dell’Interno Angelino Alfano. L’oggetto della telefonata era l’assunzione in Postecom, società di servizi internet del gruppo Poste Italiane, del fratello del ministro dell’Interno, Alessandro Antonio.
In queste ore, poi, l’attenzione è catalizzata dalle presunte pressioni per un numero consistente di assunzioni (80 circa) che sarebbero state fatte dal padre di Alfano. A sostenerlo è una delle persone indagate, sempre del “giro” di Raffaele Piazza, che in una intercettazione dice: “La sera prima mi ha chiamato suo padre… Mi ha mandato ottanta curriculum dicendomi ‘non ti preoccupare, tu buttali dentro’, la situazione la gestiamo noi”.
Sul punto, Alfano stesso è intervenuto replicando duramente: “Oggi la barbarie illegale arriva a farmi scoprire, dalle intercettazioni tra due segretarie, che un uomo di ottant'anni, il cui fisico è da tempo fiaccato da una malattia neurodegenerativa che non lo rende pienamente autosufficiente, avrebbe fatto ‘pressioni' presso le Poste per non so quale fantastiliardo di segnalazioni. È indegno dare credito a persone che non so nemmeno chi siano”.
Ovviamente sarà l'inchiesta a far luce su eventuali responsabilità o illeciti. C'è però un punto più politico, relativo alla figura del fratello del ministro dell'Interno e alla dinamica della sua assunzione prima alla camera di Commercio di Trapani, poi in una società partecipata dal Governo. E alle spiegazioni che né Alfano né altri membri del Governo hanno mai dato alle sollecitazioni giunte dal Parlamento.
Nell'agosto del 2013 era stato il deputato di Sinistra Ecologia e Libertà Palazzotto a rivolgere un'interrogazione al ministro dello Sviluppo Economico, allora il democratico Flavio Zanonato, in cui metteva nero su bianco le sue perplessità sulla vittoria da parte del fratello di Alfano del concorso come segretario generale della camera di Commercio di Trapani, sui titoli conseguiti dallo stesso e sulle modalità con le quali si ratificassero nomine in organismi pubblici. Palazzotto al Fatto spiegava: "È imbarazzante per questo governo che il fratello del vice premier sia coinvolto in questa situazione poco trasparente: come è possibile evadere ogni controllo in un concorso pubblico?".
I fatti al centro dell'interrogazione del deputato di Sel si riferivano al 2010 e, come detto, l'interrogazione è dell'agosto 2013, ma della "zona grigia" intorno al fratello del ministro dell'Interno si tornerà a parlare qualche settimana dopo, quando divenne ufficiale la sua nomina a dirigente di Postecom, società di Poste Italiane. La notizia fece molto discutere e i deputati del Movimento 5 Stelle Colletti e Catalano presentarono un'interrogazione parlamentare che si può definire "riassuntiva" (qui link alla fonte), diciamo:
Per sapere – premesso che: nell'anno 2009, Alessandro Antonio Alfano ha conseguito la laurea in economia e finanze; già nel 2008, però, ancora privo di titolo, è stato docente del laboratorio di «Principi e strumenti di marketing » presso la facoltà di comunicazione dell'università di Roma «La Sapienza»; nel 2010 al dottor Alfano è stata contestata la veridicità di alcuni punti del curriculum vitae presentato per partecipare al concorso – poi vinto – per un posto di segretario generale della camera di commercio di Trapani; in quell'occasione, le forze dell'ordine sequestrarono la documentazione relativa al concorso. Il dottor Alfano lasciò il posto di segretario generale dopo circa un anno per presunte cause «di forza maggiore»; ad agosto 2013, la vicenda è stata anche oggetto di un'interrogazione parlamentare, tuttora rimasta inevasa, presentata dal deputato del gruppo Sinistra Ecologia e Libertà, Erasmo Palazzotto; all'inizio di settembre 2013, Alessandro Alfano è stato nominato, senza concorso, dirigente di «Postecom» società di servizi internet del gruppo Poste Italiane partecipato al 100 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze, e avrà diritto ad uno stipendio annuo di oltre centomila euro–: se il Ministro interrogato sia a conoscenza della nomina del dottor Alessandro Alfano a dirigente di Postecom ed intenda accertare se tale nomina sia avvenuta in seguito ad una scrupolosa valutazione del curriculum vitae del candidato e/o all'esito di una comparazione tra diversi profili professionali idonei a ricoprire quell'incarico dirigenziale; se risulti al Ministro interrogato, nell'ottica di contenimento delle spese delle società a parziale e totale partecipazione pubblica, assolutamente necessaria tale nomina e quali siano le motivazioni che hanno portato il management di Postecom a tale irrinunciabile scelta; se sia nelle intenzioni del Ministro, in caso di illegittima nomina, inviare un dettagliato esposto alla competente Corte dei Conti e se si intendano, eventualmente, prendere provvedimenti verso i dirigenti della società Postecom.
Anche in questo caso, né il Governo, né direttamente il ministro Alfano ritennero di dover dare risposte. Anche per questo motivo sono in molti a chiederne le dimissioni (e non è esclusa la presentazione dell'ennesima mozione di sfiducia nei suoi confronti): da Salvini al M5S, fino ad arrivare a Sinistra Ecologia e Libertà.
Il leader leghista affonda: "Ministro Alfano, faccia una cosa giusta: dimissioni. Non per l’assunzione del fratello alle Poste o per quello che avrebbe fatto il padre, ma per la sua totale incapacità di difendere i confini e la nostra sicurezza, i cittadini italiani e le stesse Forze dell’Ordine". Dal blog di Grillo se ne chiedono le dimissioni. E Scotto, capogruppo Sel, chiosa: "L’Italia non può avere a capo del Viminale un ministro dimezzato e distratto da altro. Faccia un gesto di responsabilità e si dimetta".