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Il Fmi migliora le previsioni per l’Italia, niente recessione nel 2023 ma i prezzi saliranno ancora

Il Fondo monetario internazionale ha rivisto le previsioni di crescita dell’Italia: nel 2023 non ci sarà la recessione attesa. L’inflazione, però, resterà su livelli alti. Una delle proposte per contrastarla è una “tassa di solidarietà” alle famiglie e le aziende più ricche.
A cura di Luca Pons
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Il Fondo monetario internazionale ha pubblicato il suo ultimo rapporto sull'andamento dell'economia globale (World economic outlook). Tra i dati si conferma un andamento generale: le prospettive sono migliori rispetto a qualche mese fa, ma la situazione resta difficile. La cosa vale anche per l'Italia, che nel 2023 dovrebbe vedere il suo Pil crescere dello 0,6%. È un dato decisamente più basso del +3,9% del 2022 e del +6,7% del 2021, anni segnati dalla ripresa post-pandemia. Ma è comunque una previsione migliore di quella che lo stesso Fmi aveva fatto a ottobre: allora, ci si aspettava che l'Italia sarebbe andata in recessione, con un Pil in diminuzione: -0,2%.

A migliorare le previsioni per l'Italia e per gli Stati europei in generale è stata anche la risposta alla crisi energetica. Questa include le misure di supporto alle famiglie, spiega il Fmi, ma anche l'annuncio del tetto al prezzo del gas, che dovrebbe "supportare il potere d'acquisto" dei Paesi Ue nel settore energetico.

Tra gli altri Paesi europei, le stime di crescita non sono migliori. Anche la Germania passa da un saldo negativo a uno positivo, ma per il 2023 il Pil si ferma a +0,1%. Tra i principali Stati dell'Ue, solo la Francia ha un risultato leggermente superiore all'Italia (o,7%). La cosa si inverte nelle previsioni per il 2024, però: l'Italia dovrebbe crescere dello 0,9% (-0,4 punti rispetto alla scorsa stima del Fmi). Al pari di Giappone e Regno Unito, che nel 2023 andrà in recessione, sarà il Paese più ‘lento' tra le economie avanzate.

L'inflazione resta alta, la proposta del Fmi: "Tasse di solidarietà mirate ai più ricchi"

A pesare molto sull'economia mondiale, e anche su quella italiana, sono "il rialzo dei tassi d'interesse da parte delle banche centrali", nel caso dell'Italia la Banca centrale europea, e "la guerra in Ucraina", spiega il rapporto. Per quanto riguarda il primo punto, il rialzo dei tassi d'interesse è stato fatto con l'obiettivo di ridurre l'inflazione – e quindi l'aumento dei prezzi.

Il tasso d'inflazione, però, deve ancora essere molto abbassato, perciò devono continuare gli "sforzi" delle banche centrali. Dopo che l'inflazione mondiale è arrivata all'8,8% (in Italia è stata in media dell'8,1%, con picchi sopra l'11%), nei prossimi anni questa dovrebbe abbassarsi. Ma le economie avanzate dovranno aspettare il 2024 o il 2025 perché si ritorni a livelli normali.

Insomma, nel 2023, per le famiglie, i prezzi continueranno ad aumentare più della norma. Per questo, sostiene il report del Fmi, servono misure "mirate e temporanee" per sostenere le fasce più vulnerabili all'aumento dei prezzi, specialmente dell'energia e dei beni alimentari. Per finanziarle, suggerisce il Fondo, si potrebbero istituire "tasse di solidarietà una tantum sulle famiglie e le imprese più ricche", dove queste fossero "appropriate".

Il rischio è che i prezzi crescano e il potere d'acquisto delle famiglie si riduca ancora: a quel punto, anche un eventuale aumento degli stipendi per venire incontro alle famiglie avrebbe il rischio di aumentare l'inflazione ancora di più, in una spirale negativa. Quindi nel prossimo anno i nuclei familiari – o almeno, quelli che possono permetterselo – dovranno ricorrere ai propri risparmi privati.

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