"Una regolazione moderna delle convivenze stabili tra omosessuali è un elemento di civismo che un governo deve affrontare. Terrei fuori dal dibattito la parola matrimonio che da noi comporta una discussione di natura costituzionale, tuttavia dobbiamo dare dignità e presidio giuridico alle convivenze stabili tra omosessuali perché il tema non può essere lasciato al Far West". Come si possa partire da una simile dichiarazione di Pierluigi Bersani ed arrivare a parlare di "Partito Democratico contro i matrimoni gay" è sinceramente uno di quei misteri che difficilmente riusciremo a spiegare. Così come ci riesce particolarmente complicato capire come si possa ridurre una questione di elevato spessore morale e civile ad una (francamente) stucchevole questione terminologica. Quello che è certo è che il dibattito sulla questione ha subito un'accelerazione nelle ultime settimane. Paradossalmente, dove non era riuscita neanche una sentenza della Corte di Cassazione (del marzo scorso) in cui si ribadiva la "necessità della tutela delle unioni gay ed il diritto ad una vita familiare", sono bastate le dichiarazioni "progressiste" di Barack Obama e del neo Presidente della Repubblica francese, il socialista Francois Hollande (nonché del commissario europeo Cecilia Malmstrom, liberal popolare).
Un problema di termini? – Una questione che continua ad essere definita complessa, controversa e cruciale, quando invece, a parere non solo di chi scrive ovviamente, basterebbe semplicemente il "buonsenso della normalità". Il buonsenso che, malgrado propaganda e valutazioni che rispondono a logiche "altre", traspare anche dalle parole di Bersani, magari nella forma "riveduta e tradotta" da Ivan Scalfarotto, vice-presidente del PD: "Se il problema è la parola matrimonio, la soluzione viene da Londra e Berlino: una bella legge sulle unioni civili di contenuto perfettamente identico al matrimonio e poi del nome riparliamo quando avremo capito che il matrimonio gay è un problema solo sulle due sponde del Tevere". Una posizione decisamente condivisibile, perché depurata da isterismi e incrostazioni ideologiche, ma soprattutto perché decisamente orientata all'eliminazione di quella che è a tutti gli effetti un'anomalia. Un problema che da un certo punto di vista non merita nemmeno elaborazioni ulteriori: equità, buonsenso e logica dovrebbero bastare a valutare come gli orientamenti sessuali degli individui non possono rappresentare limiti giuridici né ostacoli "nell'accesso ai diritti fondamentali degli individui". E che non merita neanche astrusi ed assurdi compromessi, acronimi dall'elaborazione cervellotica (Dico, Di.do.re e via discorrendo) che hanno finito solo con il trasformare un "falso problema" in un terreno di scontro per integralisti di opposte fazioni e per apprendisti stregoni della moralità e della banalità.