Il 10 febbraio è il Giorno del ricordo. Una modaltà di commemorazione che ogni anno rischia di far passare i fascisti per vittime, e quel che è peggio tutte le vittime per fascisti.
Diciamola chiaramente come la dice lo storico Gobetti: "Ogni sofferenza, anche individuale, ha un valore in sé, ogni singola vittima innocente merita rispetto". Io aggiungo questo: gonfiare i numeri dei morti è cattiva memoria, e priva di rispetto le vittime vere, perché le confonde con quelle fantastiche.
Per questo ho deciso di mettere in fila queste parole, per darvi i numeri che danno gli storici, che non lavorano per la propaganda ma appunto per la Storia.
Con queste parole voglio soprattutto raccontarvi i contesti, perché senza i contesti ci si trova di fronte alla Storia come un pesce in un oceano a cui togli l'acqua.
Per questo testo ho preso molti dei riferimenti dati dallo storico Eric Gobetti, contenute nel suo libro "E allora le foibe?".
Ma nel Carso io ci sono anche andato, realizzando un documentario video con Fanpage.it e intervistando altri dieci fra storici e testimoni, il documentario lo trovate anche in fondo a questo pezzo.
Ma ora torniamo a questo pezzo. Questo scritto che state leggendo non interpreta i fatti, io semplicemente ho deciso di raccontarveli. Quelle che leggerete non sono le mie opinioni, sono eventi accaduti. Quello che fanno i giornalisti è favorire i pensieri che si agitano, è questo che provo a fare.
Partiamo dalle parole.
Foiba è una voragine nel terreno tipica delle regioni carsiche. Le foibe sono state usate in tempo di pace e in tempo di guerra, per gettarci spazzatura, motorini rubati, cavalli morti, e anche cadaveri. Nella seconda guerra mondiale vengono gettati nelle foibe civili e partigiani uccisi da fascisti e nazisti, ma anche i cadaveri di soldati e collaborazionisti uccisi dai partigiani.
In ogni caso le foibe sono un luogo di sepoltura, nessuno vi viene gettato vivo dentro.
Facciamo un passo avanti: il Giorno del Ricordo è il 10 febbraio.
E' stata scelta questa data perché coincide con la data della sigla del trattato di pace che nel '47 decise il passaggio di molti territori alla Jugoslavia. E’ stata scelta questa data come se quei territori fossero stati strappati all’Italia, ma non è così. Dalla caduta dell'Impero romano fino alla fine della prima guerra mondiale, quella di cui parliamo era un'area multiculturale: cultura germanica, slava e latina insieme.
Italo Svevo sceglie questo pseudonimo per sottolineare la sua appartenenza italiana e tedesca. A Fiume e Istria ancora di più: ci sono slavi, tedeschi, ebrei, armeni, greci, magiari, tutti insieme.
Poi questi territori passano all’Italia nel ‘18, e con l’arrivo del regime fascista inizierà l’italianizzazione forzata. Per esempio i maestri sputano in bocca ai bambini che non parlano italiano.
Dal ‘29 è imposto per legge l’uso della lingua italiana nei luoghi pubblici. Il regime cambia i cognomi a intere famiglie. Chi non era italiano viene privato dei diritti per vent'anni. Questo è il contesto.
Aggressioni personali, incendi ai luoghi di ritrovo come al Balkan, centro culturale della minoranza slovena a Trieste.
Il governo fascista anticipa le leggi razziali antiebraiche con leggi contro questi "stranieri" in Italia. Ordina la chiusura di scuole e associazioni.
Viene promulgata la famigerata Circolare 3 del generale Mario Roatta contro chi resiste all’italianizzazione forzata. Questa ordinanza impone la distruzione di interi villaggi per legge, e fucilazioni di massa. Questo è il contesto.
L'Italia fascista crea campi di concentramento in cui vengono rinchiusi 100.000 jugoslavi. Uno dei peggiori lager italiani si trova su un’isola a poche miglia marine da Fiume. Dal '42 al '43 il regime fascista interna lì 30.000 persone, almeno 1500 moriranno di fame ed epidemie. La maggioranza di queste erano donne e bambini.
A Podhum, vicino Fiume, il 12 luglio ‘42 le truppe italiane fasciste radono al suolo il villaggio e fucilano 91 persone, chi sopravvive viene portato al campo di concentramento di Arbe.
E' questo il contesto di violenza che si vive a Fiume, Trieste e Gorizia nell'estate del 1943.
Diciamolo chiaramente: bollare la reazione a tutto questo come "l'Auschwitz italiana", è una provocazione meschina.
Non esiste accostamento storico possibile fra le due vicende, non solo nei numeri, ma anche nella metodologia, negli scopi e soprattutto nelle motivazioni degli aggressori.
Sia chiaro: ogni violenza gratuita è condannabile, e nella resistenza all’occupazione fascista vi sono anche episodi deprecabili, ma sono episodi, non si tratta della codificazione di un’idea. L’idea era la liberazione dall’oppressore.
E’ proprio il paragone storico con il genocidio che non regge, perché non è stata una rappresaglia contro gli italiani, ma contro gli italiani fascisti. Ad esempio con i partigiani jugoslavi combattevano anche tantissimi italiani. Un numero: nella primavera del '44 sono tra i 20 e i 30 mila i partigiani italiani che entrano nell'esercito jugoslavo.
All’interno di questa “caccia all’uomo fascista” finirono uccisi anche degli innocenti? Sì.
E’ stato giusto? E’ stato inevitabile? Queste sarebbero opinioni, e questo scritto non ne contiene. Io oggi vi racconto, semplicemente, un pezzo di Storia.
Quando cade il governo italiano nel settembre ‘43, si assiste a vendette e regolamenti di conti, e alla cattura dei rappresentanti del passato regime. Vengono condotti processi sommari, vengono fucilate persone e i corpi gettati nella foiba di Pisino. Le vittime sono circa 200. E’ un fatto, come quello che un mese dopo l'esercito tedesco rioccupa l'intera Istria e in meno di sette giorni uccide 2.500 persone, italiani e jugoslavi contrari al regime.
Dal '43 alla fine di aprile del '45 operano in quella zona come oppressori anche soldati italiani, volontari agli ordini dei nazisti, sono ad esempio quelli della Decima Mas comandata da Valerio Borghese. Uccidono jugoslavi e italiani. Ad esempio a Lipa, vicino a Fiume,viene distrutta il 30 aprile ‘44 da truppe fasciste e naziste, che insieme uccidono 269 persone, molte delle quali bruciandole vive.
A Trieste opera anche la Banda Collotti, italianissima, e proprio a Trieste si costituisce l'unico campo con pratiche di sterminio in Italia: si chiama Risiera di San Sabba. Sono le autorità naziste a dirigerlo ma contribuiscono a riempirlo le delazioni e gli arresti compiuti dai fascisti italiani.
Parliamo ora di morti, non per un confronto di cifre, ma per avere dei punti di riferimento indispensabili a capire la Storia.
Tra l’armistizio del '43 e la liberazione nel '45 secondo gli storici la resistenza e l’esercito jugoslavo fanno un numero massimo di morti che va dai 3.500 ai 5.500.
Ciò non significa che nei morti fatti dalla resistenza jugoslava non ci siano anche degli innocenti, senza dubbio ci sono state anche vendette private ed epurazioni preventive. E ogni singolo morto merita la necessità del rispetto, ma anche per questo è necessario essere chiari.
I morti vanno rispettati tutti, ma lo svolgimento della Storia non è innocente. Non sono uguali i carnefici e le vittime, non sono uguali i fascisti e chi resisteva all’occupazione fascista. Lo dico perché la confusione non la meritano soprattutto le vittime.
Buona Memoria!