Il dramma dei detenuti nelle carceri italiane, nell’indifferenza di tutti e nell’inerzia del governo Meloni
a cura di Selena Frasson
Barsom Youssef aveva 18 anni, era sbarcato a Lampedusa nel luglio del 2022 come minore straniero non accompagnato. Youssef soffriva di disturbo post traumatico da stress, i suoi problemi erano iniziati in Libia quando venne catturato dai trafficanti: detenuto, abusato, costretto a imbracciare le armi. Di quella esperienza non ha mai voluto parlare, eppure – riferisce il suo avvocato, la Dott.ssa Monica Bonessa – continuava a ripetere che qualcosa in lui si era rotto. Youssef doveva essere aiutato. Dalla perizia psichiatrica disposta dal Tribunale dei Minorenni di Milano emerge che la sua era una condizione “incompatibile con la detenzione carceraria”, ma i medici della Uonpia (Unità operativa di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza) riescono a vederlo solo due volte in due anni, il resto del tempo lo passa tra il carcere e le comunità. Al Beccaria viene picchiato, “quando l’ho visto – continua l’Avv. Bonessa – Youssef non riusciva ad alzarsi dalla sedia”; un pestaggio lungo che finisce con l’isolamento della vittima perché “non c’è abbastanza personale per gestire la situazione”. In comunità “lo stordiscono con i farmaci”. Youssef muore carbonizzato a Milano, in una cella del carcere di San Vittore. Lo trovano rannicchiato sotto un lavandino, stava cercando di proteggersi.
Il nome di Youssef compare nel lungo elenco redatto da “Ristretti orizzonti”, il giornale del carcere di Padova e dell'istituto di pena femminile di Venezia che dal 1992 raccoglie i dati sul fenomeno dei suicidi in carcere. Accanto al suo ci sono quello di Jordan Tinti, 27 anni, morto per “asfissia meccanica violenta” nello stesso carcere in cui aveva denunciato di aver subito maltrattamenti; quello di Matteo Concetti, 23 anni, poche ore prima di togliersi la vita aveva detto alla madre "se mi mettono di nuovo in isolamento io mi impicco"; quello di Oumar Dia, 21 anni.
La notte del 19 ottobre 2023, viene trovato appeso con una corda rudimentale alle sbarre della finestra della sua cella, nel carcere di Opera. Da quel momento in poi è un susseguirsi di omissioni e contraddizioni: “inammissibile e incomprensibile – si legge nell’opposizione alla richiesta di archiviazione, firmata dall’avvocato della famiglia Dia, Simone Bergamini – che il cappio utilizzato da Oumar non sia stato messo a disposizione della Procura e della difesa per le analisi del caso”.
Dall’esito dell’autopsia emergerebbe l’incompatibilità tra le lesioni riportate dalla vittima e le circostanze descritte dagli agenti che lo hanno trovato; dubbi che potrebbero essere chiariti solo con l’acquisizione di nuove prove, ma dopo tre mesi dal fatto la Procura ha disposto la chiusura delle indagini e di fronte alla richiesta di chiarimenti per l'assenza delle immagini di videosorveglianza il Ministero della Giustizia si è limitato a rispondere che “tutte le immagini vengono cancellate dopo 24 ore”. Nuovi sviluppi sono attesi per il prossimo 15 febbraio, data dell’udienza in cui si discuterà della possibile riapertura del caso, per il momento si registra un fatto: Oumar era finito in carcere per la rapina di un cellulare e la sua rimane una delle tante “morti da accertare”.
Sono tutte vittime del sistema, di alcune conosciamo la storia, di altre rimangono solo le iniziali, stampate su un foglio Excel. Nel 2024 sono stati registrati ufficialmente 90 suicidi in carcere, il numero più alto da quando, trent’anni fa, il dato ha iniziato a essere rilevato nelle statistiche ministeriali e nel 2025 prosegue quella che, ormai, non può più essere chiamata emergenza: è già salito a nove il numero delle persone detenute che si sono tolte la vita nel mese di gennaio.
Il problema del sovraffollamento
Far funzionare il sistema penitenziario, in Italia, costa 3 miliardi di euro all’anno. Sono 190 le strutture penitenziarie esistenti, per un totale di circa 62 mila detenuti, sebbene i posti effettivamente disponibili siano solo 51 mila. Questo significa che vi è un indice di sovraffollamento pari al 132,6%. Solo nel 2013 la II Camera della Corte europea dei diritti umani (CEDU), con la sentenza Torreggiani condannava lo Stato italiano per la violazione dell’art. 3 della Convenzione europea dei diritti umani (CEDU). Il caso riguardava i trattamenti inumani o degradanti subiti dai detenuti, costretti a vivere in celle triple e con meno di quattro metri quadrati a testa a disposizione a causa delle condizioni di sovraffollamento.
Si parla della costruzione di nuove carceri ma intanto è lo stesso ministero della Giustizia a pubblicare sul proprio sito i dati relativi alle celle non disponibili. In totale, alla data del 12 ottobre scorso, sono 120 su 189 i penitenziari italiani in cui almeno una stanza di detenzione non è disponibile.
Il piano del governo Meloni per l’edilizia penitenziaria
Con l’approvazione della legge 8 agosto 2024, n. 112 il legislatore ha nominato Marco Doglio, il nuovo commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria. Il decreto d’incarico è stato firmato il 23 settembre 2024 dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, su proposta del Ministro della giustizia Carlo Nordio, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini. Il suo incarico scadrà ufficialmente il 31 dicembre 2025, termine entro cui dovrà provvedere alla realizzazione delle opere necessarie per far fronte alla grave situazione di sovraffollamento degli istituti penitenziari.
Nella Relazione sullo stato di attuazione del programma di edilizia penitenziaria del 2023 si legge che il MIT e il Ministero della Giustizia hanno provveduto ad impegnare 166 milioni di euro, per la realizzazione di 21 interventi di edilizia penitenziaria, al fine di aumentare la capacità ricettiva del sistema penitenziario di circa 7mila posti.
I fondi, dovrebbero provenire nell’ambito dello stanziamento dei finanziamenti inerenti la realizzazione di nuovi padiglioni detentivi, ma anche essere reperiti impiegando le risorse provenienti dal c.d. PNRR. Nell’ambito del Piano Nazionale Complementare, infatti, sono stati decisi interventi straordinari con lo stanziamento di 30,6 miliardi. Il PNC (Piano Nazionale Complementare), inoltre, prevede 132,9 milioni di euro divisi in due sub-investimenti. Altri 48,9 milioni di euro saranno investiti nella Giustizia Minorile e di Comunità (il DGMC) con interventi in varie strutture e la costruzione di quattro nuovi Istituti penali per minorenni.
Intervenuta sull’emergenza carceri durante la conferenza stampa di fine anno, la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni si è limitata a ripetere le stesse parole pronunciate dal Ministro della Giustizia Carlo Nordio in occasione della presentazione del decreto “Carcere sicuro”. ”Quello che dobbiamo fare è adeguare la capienza delle nostre carceri alle necessità. Questo fa uno Stato serio”.
Nessuna novità, dunque, solo la promessa di nuovi posti detentivi.