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Il documento riservato che spiega perché Giuseppe Conte abbia detto sì al TAV Torino Lione

Fanpage.it ha potuto visionare l’appunto riservato alla base della decisione di Giuseppe Conte di dare il via libera definitivo alla realizzazione dell’alta velocità Torino – Lione. A pesare non solo i costi che l’Italia avrebbe dovuto sostenere in caso di rinuncia, ma anche l’aumento del finanziamento europeo e soprattutto la non disponibilità della Francia ad aprire alla completa revisione degli accordi.
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Un “appunto riservato” con una serie di osservazioni finali redatte dallo staff di Palazzo Chigi, dopo un non meglio precisato confronto tecnico: è il documento alla base della decisione del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte di dare il via libera definitivo alla TAV, nonostante la contrarietà del Movimento 5 Stelle e malgrado la posizione dello stesso ministro dei Trasporti. Toninelli, come noto, resta legato all’analisi costi – benefici redatta da una commissione di esperti guidata dal professor Marco Ponti, secondo cui il progetto presenterebbe una “redditività fortemente negativa” e, anche nello scenario più positivo ipotizzabile, avrebbe conseguenze negative dal punto di vista economico e trascurabili vantaggi ambientali. Una valutazione contestata (nei parametri di riferimento e nella ratio stessa anche dall’ex commissario di governo Paolo Foietta), che però aveva convinto proprio il Presidente del Consiglio a “valutare alternative”, annunciando di voler aprire un tavolo di concertazione con la Francia e, di fatto,  rafforzando l’ipotesi dello stop definitivo all’opera.

Alla vigilia di uno snodo decisivo, la risposta che il governo deve dare all’agenzia europea per le infrastrutture e le reti per evitare la perdita dei finanziamenti, Conte ha invece scelto di bypassare completamente il confronto con gli alleati di governo e mettere il Movimento 5 Stelle di fronte al fatto compiuto. Come confermato anche alla Camera dei deputati, dunque, il governo andrà avanti sul TAV, anche se formalmente l’ultimo passaggio sarà lasciato al Parlamento (dove sembra esserci una ampia maggioranza Sì TAV).

Si è tanto parlato delle ripercussioni e ragioni politiche della svolta, ma è interessante capire anche come il Presidente del Consiglio sia giunto a tale decisione. Il documento che Fanpage.it ha potuto visionare chiarisce alcuni aspetti centrali e permette di anticipare anche quella che sarà la strategia comunicativa delle prossime settimane. Che si compone di due pilastri essenziali: il danno economico (determinato anche dalla perdita dei finanziamenti europei) e gli ostacoli politici, determinati dall'indisponibilità di Macron di rivedere progetto e sistema.

La parte di “sintesi” del documento è chiarissima e resa in modo praticamente integrale dallo stesso Conte nelle sue dichiarazioni pubbliche. “Solo la realizzazione della TAV”, si legge nel documento, “assicura la possibilità di accedere al finanziamento europeo”, chiarendo che non sarà possibile utilizzare per altri capitoli di spesa quei fondi europei. Ma non solo, perché “ogni diverso progetto costituisce violazione degli accordi bilaterali con la Francia, richiede un passaggio parlamentare e comporterà verosimilmente l’avvio di un contenzioso internazionale, da comporre poi anche in forma economica, in sede diplomatica o arbitrale”.

Peraltro, qui arriviamo al vero nodo della questione, ovvero i rapporti con Macron, anche i lavori alla linea storica richiederebbero un accordo con la Francia, “evenienza poco credibile”, si legge nel documento, soprattutto “nel caso non si realizzi la TAV e ci sia l’avvio di un contenzioso internazionale con la Francia per la violazione degli accordi bilaterali”. In questo senso, il documento cita la Loi d’orientation des mobilités (LOM), il testo approvato dalla Assemblée National francese il 18 giugno 2019 con il quale sono stati confermati tutti gli impegni francesi alla realizzazione del TAV.

La questione economica del TAV

Il secondo pilastro della strategia di Conte si basa sull'analisi del danno economico che la mancata realizzazione dell'opera comporterebbe e dell'assenza di risorse per impostare soluzioni alternative. Nel dettaglio, si legge nella relazione, l’opera alternativa (ovvero la messa in sicurezza della linea storica) non potrebbe essere realizzata con i fondi europei perché non rispetterebbe “gli standard tecnici fondamentali e neanche i canoni della rete […] la sagoma dovrebbe essere PC80, mentre quella storica resterebbe necessariamente PC45; la pendenza non potrebbe rispettare il limite del 12,5 per mille, essendo situata oltre i 1000 metri di quota […] Va poi ribadito che i finanziamenti europei riguardano i nuovi collegamenti AV attraverso tunnel e non possono essere utilizzati per il potenziamento di precedenti linee non di base”.

Poi, l’analisi costi benefici del gruppo Ponti deve essere rivalutata poiché è intervenuto un fattore nuovo: l’aumento dal 40% al 55% del finanziamento europeo sulla tratta transfrontaliera, che incide sullo stanziamento da destinare al completamento dell’opera. I tecnici di Chigi sanno benissimo che al momento siamo in presenza solo di un “impegno” della Commissione, ma considerano comunque necessario aggiornare le valutazioni espresse nell’analisi costi – benefici caldeggiata da Toninelli con “gli effettivi costi che l’Italia dovrebbe sopportare in caso di non realizzazione dell’opera. Ecco cosa scrivono i tecnici di Conte:

Il costo certificato per la sezione transfrontaliera ammonta a 9,6 miliardi di euro.

Il costo della tratta nazionale ammonta a 1,7 miliardi di euro.

Risultano già stanziati per la realizzazione della sezione transfrontaliera 2,56 miliardi di euro.

Ove il finanziamento della Commissione UE arrivasse fino al 55% (come preannunciato nella nota dell’8 maggio) e si raggiungesse un accordo con la Francia per il riequilibrio paritario del finanziamento europeo nella misura del 22,5%, l’Italia dovrebbe sostenere per la realizzazione della tratta transfrontaliera al massimo un costo di 30 milioni ripartito in dieci anni. Anche in assenza di tale accordo, i costi aggiuntivi rispetto alle somme stanziate ammonterebbero a circa 200 milioni in dieci anni

Per la tratta nazionale, quantificata in 1,7 miliardi, l’Italia potrebbe invece beneficiare di un contributo della Commissione pari al 50%, come preannunciato dalla DG MOVE e della Coordinatrice Radicova, così dovendo sostenere costi per 850 milioni di euro in dieci anni, peraltro già previsti nel contratto di programma con RFI.

I costi per l'opzione zero

Il documento considera non corrette le prime stime sui costi che l'Italia dovrebbe sostenere in caso di "opzione zero", la cancellazione dell'opera. E mette nero su bianco una tabella di spese, riassumendo sia le considerazioni dell'ACB Ponti che quelle dell'Avvocatura dello Stato. Il totale ammonta a 3,55 miliardi, di cui:

  • 390 di risarcimento per lo scioglimento di contratti in corso;
  • 81 per risarcimento o penalità;
  • 400 per rivalsa dei costi sostenuti dalla Francia;
  • 535 fondi già versati dalla UE;
  • 297 somme non ancora ricevute in base al Grant Agreement;
  • 347 costi di ripristino delle opere realizzate finora;
  • 1,5 miliardi messa in sicurezza della linea storica.

A questa cifra bisogna aggiungere altri 100 milioni per la chiusura cantieri e circa 350 di “false spese” da contabilizzare come perdite. Il totale si avvicina ai 4 miliardi di euro.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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