E' da ieri sera che i versi di Dante mi risuonano in testa come capita solo con quei refrain di canzoni che tua madre ti cantava da piccolo. Ripenso all'Italia, a quello che è successo meno di 24 ore fa e non posso credere che il mio paese sia ancora lo stesso raccontato dal Sommo settecento anni or sono.
Un paese incapace di dotarsi di regole che consentano la governabilità. Un paese schiavo di leggi fatte per accontentare la coalizione di turno. Un paese incapace di Politica. La Politica con la P maiuscola, quella di cui ci sarebbe bisogno quando tutto intorno è crisi. Che in fondo è la semplice capacità di alzare il naso oltre l'immanenza; oltre la cronaca; oltre il sondaggio; oltre la demagogia.
Vorrei arrabbiarmi ma poi penso che sia giusto così. Che questa è l'Italia. E che ieri abbiamo visto il nostro paese esprimersi in tutta la sua essenza.
Le elezioni sono stato lo specchio dell'Italia: dal politico millantatore di titoli, al comico, passando per la sinistra narcisa e l'ex fascista oltre il tempo utile, fino ad arrivare a quel sogno di uomo forte che da ormai cento anni non riusciamo a scrollarci di dosso.
Ritessendo il filo della giornata credo sia giusto partire dal M5S, il vero vincitore di queste elezioni, e dalle sue posizioni. Grillo ha detto – e fatto ripetere ai suoi eletti – che loro non hanno bisogno di sostenere qualcuno perché voteranno di volta in volta le leggi che ritengono opportune. Questo mantra ripetuto a memoria da tutti i neo-parlamentari cade di fronte alle domande degli intervistatori su cosa faranno in caso di voto di fiducia su un governo Bersani. La risposta è sempre la stessa, massificata, "Voteremo legge per legge"… "Voteremo legge per legge"… Ma sarebbe importante che gli organi del partito spiegassero ai 108 onorevoli e 54 senatori che un Governo, prima di fare le leggi, prima di entrare in carica, deve chiedere "la fiducia" ai due rami del Parlamento e quindi saranno obbligati a fare una scelta – con voto palese -. Cosa faranno, quindi, i grillini davanti ad una simile eventualità? Ad oggi sappiamo solo che voteranno legge per legge.
Grillo dovrà chiarire, inoltre, come unire le posizioni del suo elettorato composto da valori di destra e di sinistra. Alle coalizioni di centrodestra e centrosinistra mancano rispettivamente 7,2 e 4 milioni di voti ovvero 11milioni e 200mila che al netto dei 2 milioni e 700 mila di astenuti equivalgono esattamente ai voti grillini. Per un partito che dialoga con la sua base vuol dire trovare un accordo su politiche quali immigrazione, esteri, tassazione. Scelte che mettano d'accordo le due visioni dicotomiche che il Movimento 5 Stelle ha tra il suo elettorato – probabilmente un leghista che vota grillo avrà difficoltà ad accettare una revisione della Bossi-Fini, ad esempio -.
Ed infine l'altro mantra: "aboliremo il finanziamento pubblico ai partiti!". Come se il finanziamento privato non sia stato il metodo privilegiato per pagare tangenti. Come se il '92 non fosse mai esistito. La campagna elettorale di Beppe Grillo è costata un milione di euro, la metà è arrivata da autofinanziamenti delle base e l'altra metà? Quella che ha consentito il salto di qualità verso l'apice di primo partito d'Italia? Non è dato sapere. Ah! La trasparenza!
Se spostiamo lo sguardo verso il PD non può non colpire il disastro elettorale che la "gioiosa macchina da guerra" è stata capace di mettere in piedi. Solo pochi mesi fa il Partito Democratico era riuscito a portare 3 milioni di persone al voto. Uno strepitoso risultato dato dalla enorme capacità del centrosinistra di parlare verso l'interno. Di parlare alla sua macchina. Uno strepitoso risultato raggiunto, anche, grazie la capacità di Renzi di parlare al di fuori fuori del suddetto apparato. Forse è vero che a questo PD è mancato un Renzi. Ma come ha detto qualcuno stamane a chi lo invocava: "ora potrebbe non bastare più, la politica è merce deperibile" Bersani si è dimostrato un ottimo uomo di partito, un uomo di grande classe ma un pessimo trascinatore. Il PD rispetto alle precedenti elezioni – in cui Berlusconi ebbe la maggioranza più ampia della storia repubblicana – ha perso 2 milioni e 600 mila voti quasi tutti imputabili ad un'incapacità comunicativa al di fuori del perimetro "tradizionale". Perché delle due l'una o il PD non ha dato una sua visione di paese o non è riuscito a comunicarla. Tertium non datur.
Un'incapacità comunicativa manifesta data la capacità di rianimare Berlusconi. Nei continui richiami al "giaguaro", il PD ha ricreato il nemico che, a dicembre, era morto. In altri termini l'exploit di Berlusconi nasce proprio dall'errore del PD di continuare a viverlo come il nemico da "smacchiare". Un errore che, ex post, non è solo di comunicazione ma anche di calcolo: alla Camera, non ha perso contro Berlusconi ma contro Grillo. Se al PD c'è stato uno stratega dietro queste scelte è il caso che si ponga qualche domanda. E se lo stratega dovesse rispondere con la giustificazione che i sondaggi dicevano altro vuol dire che è meglio che ripensi alle sue capacità di intercettare il sentimento popolare.
Infine il Pdl. Un partito che non ha vinto. Un partito capace di passare dal 37% del 2008 al 21% del 2012 non può dirsi vittorioso. La vittoria è ben altro. Vincere non vuol dire perdere 6 milioni e 300 mila voti… Se Berlusconi è riuscito nell'impresa di perdere e al tempo stesso di bloccare il Senato deve ringraziare il PD e le sue televisioni che, ancora una volta, hanno avuto la forza di chiamare a sé l'elettorato anziano italiano. Quell'elettorato che "Berlusconi non si discute si ama", mobilitato proprio in seguito ai continui attacchi demokat al Cavaliere. Quell'elettorato che il Tg4, Studio Aperto, Barbara D'Urso, etc… etc… Perché se prometti di restituire l'IMU qualcuno che ci crede magari lo trovi. E trovi anche quei voti che ti possono permettere di metter bocca sull'elezione del nuovo Presidente della Repubblica.
Per concludere potremmo parlare di Fini, Casini, Ingroia e Vendola ma è uno strazio da Seconda Repubblica che ci risparmieremo. Questo tsunami politico ha avuto come pregio di mettere la parola fine ad una serie di partiti che hanno perso il treno con la storia.
Mancano due mesi alla fine del mandato del Presidente della Repubblica, manca un Governo, il Parlamento si è appena insediato e tutto intorno è crisi economica. E' già successo: nel 1992. Arrivò "il botto esterno", anzi due…
Ripenso a Dante, alle sue parole.
Oggi in Italia fa freddo e "la primavera tarda ad arrivare".