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Agenzia delle Entrate, si dimette direttore Ruffini: “Per governo tasse sono pizzo di Stato, non posso restare”

Ernesto Maria Ruffini ha rassegnato le dimissioni dal ruolo di direttore dell’Agenzia delle Entrate, incarico che ricopriva dal 2020. Lo ha fatto aprendo una polemica con il governo Meloni: per loro, ha detto, è “come se combattere l’evasione fosse qualcosa di cui vergognarsi”, e se i funzionari del Fisco fossero “estorsori di un pizzo di Stato”.
A cura di Luca Pons
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Finisce in anticipo il mandato di Ernesto Maria Ruffini, direttore dell'Agenzia delle Entrate che ricopriva l'incarico dal 2020 (dopo averlo già fatto del 2017-2018 ed essere stato amministratore delegato di Equitalia dal 2015 al 2017). Nel periodo della pandemia ha puntato molto sulla digitalizzazione delle procedure del Fisco, e in questi anni ci sono stati si è registrato un calo dell'evasione. Ruffini ha annunciato le sue dimissioni al ministro dell'Economia Giorgetti, e nel renderle pubbliche ha aperto una dura critica nei confronti del governo: "È stata fatta una descrizione caricaturale del ruolo di direttore dell’Agenzia".

Le critiche del centrodestra a Ernesto Maria Ruffini

Negli scorsi giorni non sono mancate, da parte del centrodestra, critiche dirette a Ruffini per la sua partecipazione a convegni che parlavano di temi politici e sociali. Al punto che, stando a retroscena di stampa, avrebbe iniziato a circolare l'ipotesi che il direttore del Fisco potesse entrare in politica per diventare la figura che unisse i vari partiti di centro in un'unica federazione. Un'ipotesi che lui ha smentito nettamente, nell'intervista al Corriere con cui ha annunciato le sue dimissioni.

Le motivazioni delle dimissioni: "Come se combattere l'evasione fosse qualcosa di cui vergognarsi"

Per quanto riguarda il governo, la destra e le critiche ricevute, Ruffini ha affermato: "Sono un avvocato che da tanti anni scrive e partecipa a incontri pubblici su ciò che ci unisce, come la Costituzione e l’uguaglianza. Ho letto però che parlare di bene comune sarebbe una scelta di campo. E che dunque dovrei tacere oppure lasciare l’incarico".

In questi anni, ha detto, "non mi era mai accaduto. È stata fatta persino una descrizione caricaturale del ruolo di direttore dell’Agenzia, come se combattere l’evasione fosse una scelta di parte e addirittura qualcosa di cui vergognarsi". Se "le cose stanno così", ha concluso, "che senso ha rimanere? Passo la mano, nessun problema".

La polemica attorno al suo nome "descrive un contesto cambiato" rispetto a quando ha ricevuto l'incarico, ha aggiunto. "Non mi era mai capitato di vedere pubblici funzionari essere additati come estorsori di un pizzo di Stato", ha insistito Ruffini ricordando le parole di Giorgia Meloni della scorsa estate. "Oppure di sentir dire che l’Agenzia delle Entrate tiene in ostaggio le famiglie, come fosse un sequestratore".

Si tratta di dichiarazioni che sono arrivate negli ultimi due anni: "Ho taciuto sinora, per senso dello Stato. Attenzione però: se il fisco in sé è demonizzato, si colpisce il cuore dello Stato; tanto più che il livello della tassazione lo decide il legislatore, non l’Agenzia. Personalmente ho sempre pensato che a danneggiare i cittadini onesti siano gli evasori".

Il futuro di Ruffini, cosa farà dopo le dimissioni dall’Agenzia delle Entrate

Parlando del suo futuro, Ruffini ha chiarito: "Torno a fare l’avvocato, che è una bellissima professione. Rimango con le mie idee e i miei ideali. E difendo il diritto e la libertà di parlare di bene comune e senso civico". Di fronte a una domanda diretta sull'ingresso in politica, è stato netto: "Ci sono domande a cui si risponde con un sì o con un no. E la mia risposta è no. Non condivido il chiacchiericcio che scambia la politica per un gioco di società, le idee per etichette ed il senso civico per una scalata di potere".

Anche l'ipotesi di una ‘federazione' di centro costruita attorno a lui non cambia le cose: "Fatico a pensare che per cambiare le cose bastino i singoli. Per natura tendo più a credere nella forza delle persone che collaborano per un progetto comune. Affidarsi a sedicenti salvatori della Patria non è un buon affare. Dovremmo smetterla di considerare la politica come una partita a scacchi o un gioco di potere".

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