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Opinioni

Il dilemma di Bersani: vincere, ma in che modo?

Matteo Renzi e Pierluigi Bersani, cronaca di una sfida annunciata tra sospetti, polemiche ed una (assurda) concezione del concetto di “regole”. E il segretario è ad un bivio: blindare la vittoria o cercare una vera legittimazione?
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Renzi-Napoli

Renzi piace perché è giovane, ma non solo. Bersani piace perché è un grande "vecchio", ma non solo. Renzi è "politicamente molto più di centrodestra che di centrosinistra" (tanto per citare Scalfari). Bersani non capisce "che è molto più di sinistra premiare il merito che difendere posizioni acquisite". Renzi crede che la sinistra corra un serio rischio nel consegnare ai centristi i contenuti dell'agenda Monti. Bersani sa che tocca agli elettori eleggere il prossimo parlamento, dal quale dipende anche la prossima Presidenza della Repubblica. Insomma, tanto per capirci, non c'è un solo tema sul quale i due sembrano d'accordo, non c'è alcuna possibilità di convergenza se non il rispetto minimo che il giovane contendente deve al grande segretario e la doverosa considerazione in cui quest'ultimo deve tenere il suo sfidante più accreditato. Niente di strano dunque, se non una differenza di vedute fra due personaggi di grande rilievo, sulla quale ad avere l'ultima parola dovrebbero essere militanti, simpatizzanti e cittadini. Dovrebbero, appunto.

Invece no, perché a pochi giorni dall'Assemblea Nazionale del Partito Democratico, appare chiaro che il modello di primarie immaginato dall'estabilishment del partito finirà per influenzare il risultato finale in maniera determinante. Perché lo schema di cui si discute in queste ore prevederebbe (accanto al mandato a Bersani per "trattare" con le altre anime della coalizione e l'impegno a sostenere alle politiche il vincitore delle primarie) il doppio turno, con un turno di ballottaggio aperto solo a coloro che hanno votato al primo. Una modalità sostanzialmente diversa dalle primarie che incoronarono Prodi, Veltroni e lo stesso Bersani e che, secondo le impressioni di analisti ed addetti ai lavori, finirebbe indubbiamente per avvantaggiare Bersani. Ipotesi che hanno ovviamente fatto infuriare Matteo Renzi e lo stesso Nichi Vendola, che dal profilo twitter ha manifestato chiaramente le sue perplessità: "Se fosse vero che può votare al secondo turno solo chi ha votato al primo mi sentirei più un candidato di un reality show che delle Primarie". Ma c'è di più, dal momento che una tale volontà rivela anche quello che è il vero pensiero di Bersani e del gruppo dirigente democratico.

Per la prima volta infatti, i sondaggi mostrano Renzi in vantaggio nei confronti degli altri candidati, con la sensazione netta che la campagna elettorale di Bersani abbia già accumulato un grande ritardo. Se la macchina organizzativa del Sindaco di Firenze è già a pieni giri, nulla o quasi sembra muoversi dal versante opposto, con il segretario impantanato nella trattativa sulla riforma elettorale, nelle anguste strettoie parlamentari (su ddl anticorruzione e "tagli alla politica regionale" si gioca una partita importante) e nell'opera di mediazione interna. Sostanzialmente l'unica nota positiva per Bersani è venuta dalla conferma della candidatura di Nichi Vendola. Sempre nell'ipotesi in cui si voti con il doppio turno, sia chiaro: con gli elettori di Sinistra Ecologia e Libertà che "amplierebbero" la quota numerica necessaria al raggiungimento del 50% e dunque costringerebbero quasi certamente i due contendenti al turno supplementare di ballottaggio. Un turno di ballottaggio nel quale la differenza la farebbe (nel caso in cui si vietasse la partecipazione "ai nuovi elettori") la capacità di mobilitazione del proprio elettorato di riferimento. E si capisce come, avendo in mano la macchina organizzativa del partito, Bersani possa in qualche modo trarne vantaggio.

Insomma, un ennesimo pasticcio, ma soprattutto una scelta estremamente discutibile, oltre che indicativa sul clima che si respira ai piani alti del Nazareno. Ma soprattutto scelte che aprono la strada ad una serie di domande di senso:

– Per quale motivo le regole che hanno funzionato nel 2005, nel 2007 e nel 2009 non dovrebbero andar bene anche nel 2012? (visto che non sono mai stati sollevati dubbi sui plebesciti per Prodi e Veltroni)

– Che senso ha pretendere che al secondo turno possa votare solo chi ha preso parte al primo?

– Davvero è ragionevole pensare che oltre alla sottoscrizione della carta di intenti e alla dichiarazione di appartenenza al centrosinistra, un cittadino per votare alle primarie debba "ritirare una tessera elettorale", oppure iscriversi ad un albo pubblico?

Il punto è che quella di Bersani è una sintesi impossibile tra il timore di perdere di misura in caso di turno "secco" ed il terrore di infiltrazioni esterne nel secondo turno: un dilemma non semplice, dal quale però non si può uscire con una forzatura. Non se si pretende di guidare legittimamente prima la coalizione e poi il Paese.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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