Come capitava spesso al suo predecessore, tocca a Mario Monti affrontare le forche caudine della stampa internazionale. Se in effetti, al momento dello scoppio della bolla berlusconiana i grandi giornali internazionali erano sembrati decisamente ben disposti verso il professore (ricorderete quel "Can this mane save Europe?" che tanto aveva fatto discutere), negli ultimi mesi le cose sembrano essere cambiate radicalmente. Che del resto il Governo non sia (ancora) riuscito a mettere in campo quella discontinuità e quei provvedimenti di grande impatto che si attendevano è cosa ampiamente condivisa anche al di là delle alpi. E dunque non desta eccessiva sorpresa l'ennesima bocciatura che arriva da uno dei più autorevoli quotidiani del pianeta. Dopo le critiche del Financial Times, Monti è costretto ad incassare la bocciatura del Times in un editoriale a firma Bill Emmott dal titolo "Mario Monti is facing a big, hairy problem". Critiche che bruciano proprio perché arrivano da valutazioni diverse rispetto a quelle dei "tradizionali oppositori" del Governo. Gli strali del'analista infatti non si concentrano sulla mancanza di dialogo, sulle troppe incertezze o sull'iniquità dei provvedimenti. Tutt'altro.
Sotto accusa finisce l'estrema "cautela" con la quale il professore si sta muovendo, soprattutto nei riguardi del Parlamento e dell'opinione pubblica. Un atteggiamento che rallenta i meccanismi decisionali e rischia di "aprire la strada ai populisti euroscettici", con tanto di riferimento a mister Grillo e alla crescita esponenziale in termini di consenso del Movimento 5 stelle. Sul banco degli imputati non solo il Professore, ma anche i partiti che ne rallentano l'azione e che in fondo mirano a farlo cadere per portare il Paese alle elezioni anticipate. Uno stallo dal quale Monti deve uscire con una prova di forza, sfidando i partiti sul loro terreno e mettendo il Paese di fronte ad una scelta chiara: o carta bianca o le elezioni. "Meglio votare subito che restare impotenti", questa in estrema sintesi l'analisi di Elliott che aggiunge: "Soprattutto in un paese che resta il punto cruciale dell'Europa e della lunga crisi economica mondiale […] è l'Italia che deciderà il destino dell'euro".
Nulla di nuovo, si dirà. Eppure c'è da giurarci che le valutazioni del Times lasceranno il segno su una compagine di Governo da tempo alla "ricerca di identità" e troppo spesso vittima delle proprie contraddizioni. Perché se è vero che quello di Monti è sempre sembrato il regno dei compromessi (ne scrivevamo mesi addietro), allo stesso tempo non va taciuto che paradossalmente questo Governo sta andando avanti a colpi di voti di fiducia che in parte "mortificano il ruolo del Parlamento" (tanto per citare il leit motiv degli interventi in Aula), in parte costituiscono un limite politico proprio in relazione al sostegno trasversale su cui si regge l'esecutivo. E' chiaro che l'analisi del Times in tal senso non sembra poter essere esaustiva, proprio perché non ha poi molto senso spingere verso un "bonapartismo senza legittimazione popolare" e senza chiare coordinate programmatiche. E senza considerare che all'interno dei diversi partiti il fronte del voto cresce giorno dopo giorno…