“È gente che non ha mai fatto nulla nella vita: nella mia azienda li prenderei per pulire i cessi. Di Maio ha una buona parlantina, non posso negarlo, ma non ha mai combinato niente di buono per sé, per la sua famiglia, per il Paese. Non possiamo affidare l'Italia a gente come lui”. “I 5 stelle sono assolutamente un pericolo per l'Italia, va evitata una loro presa del potere. Nessun accordo è possibile con loro, un partito che non conosce l'abc della democrazia, che prova invidia sociale, formato solo da disoccupati, e che rappresenta un pericolo per l'Italia”. E ancora: “Il Movimento 5 Stelle è il partito dei disoccupati, di chi vuole raggiungere il potere per togliere a chi ha e prenderlo per sé. Dopo tanto tempo mi trovo ancora questo destino, al posto dei comunisti ci sono i 5 stelle, io mi trovo a dover spiegare queste cose agli italiani, il pericolo che corrono. Mi sono un po' rotto”.
Sono queste alcune delle dichiarazioni che Silvio Berlusconi aveva fatto il giorno dopo aver ricevuto l'ennesimo "schiaffo" dai 5 Stelle (la definizione è di Licia Ronzulli, una delle sue fedelissime). Parole che avevano rappresentato la pietra tombale a ogni ipotesi di ulteriori trattative per giungere a un governo politico fra MoVimento 5 Stelle e centrodestra. In molti avevano bollato come "inopportune" le sue frasi e lo stesso Salvini si era adirato non poco. I fatti di questi ultimi giorni hanno fornito la giusta cornice di senso alla sterzata impressa dal Cavaliere dal Molise. Berlusconi non è uno sprovveduto. Ha determinato le sorti della politica italiana per oltre 20 anni. Ha superato, con perdite certo, la fase più difficile della sua esperienza politica, che poteva (e forse può) relegarlo alla completa irrilevanza politica. Pensare che le uscite contro i 5 Stelle siano state solo reazioni emotive e infantili dettate dall'orgoglio e dalla frustrazione è un grave errore di prospettiva.
Il problema, semmai, è capire "dove sta andando a parare" Berlusconi. Lui ha uno scenario zero, da evitare a tutti i costi: il ritorno alle urne in tempi brevi. Sapeva non ci fossero le basi per un accordo PD – M5s. Sapeva che su un governo Cdx – PD non ci fosse proprio da discutere, dati i rapporti di forza interni ai due gruppi. E, infine, sapeva e sa che Salvini e Di Maio se ne fregano di governi tecnici, istituzionali, del Presidente e via discorrendo. Ha provato a muoversi di conseguenza, restando aggrappato a un simulacro, "l'unità del centrodestra", e cercando di tenere insieme i cocci di Forza Italia. Le due sole possibilità di non tornare a votare, però, sono legate all'accordo Salvini – Di Maio (che, secondo molti analisti, potrebbe anche andargli bene, perché gli consentirebbe di riproporsi come capo dei moderati e a Forza Italia di ricostruirsi come forza responsabile di governo alternativa al populismo), oppure alla riuscita dell'esperimento "tecnico" di Mattarella, che parallelamente provocherebbe l'apertura del mercato delle vacche, con il tentativo di mettere in piedi un esecutivo "politico" che a quel punto passerebbe per la formazione di nuovi gruppetti parlamentari di peones e responsabili, intenzionati a evitare il ritorno alle urne. Tutto sta a far nascere questo governo neutrale, insomma.
In questo contesto si colloca anche la posizione che sta tenendo Matteo Renzi, già anticipata nel corso di una incredibile partecipazione alla trasmissione televisiva di Rai Tre Che Tempo Che Fa. Incredibile perché, dopo aver sbandierato ai quattro venti la volontà di "stare zitto per due anni", l'ex segretario del PD sceglieva di intervenire a pochi giorni dalla Direzione Nazionale del partito, cancellando preventivamente ogni discussione ed esautorando de facto il segretario reggente Maurizio Martina. L'intervista di Renzi arrivava dopo giorni, anzi settimane, di fuoco preventivo dei renziani (e non solo) contro ogni ipotesi non solo di accordo, ma finanche di dialogo con il Movimento 5 Stelle. Strategia che ha reso molto più semplice per l'ex segretario sparare la bordata che ha distrutto i pilastri che avrebbero (forse) potuto sorreggere il ponte del dialogo fra democratici e grillini. Con un nuovo intervento televisivo, Renzi ribadisce la contrarietà del PD a elezioni anticipate e dà ragione a Martina (!?!) sulla scelta di appoggiare la proposta di Mattarella di dar vita a un governo di garanzia. In fondo, come vi abbiamo spiegato qui e qui, anche Renzi spera ancora che Salvini e Di Maio trovino un'intesa. Perché se si andasse al voto subito si troverebbe "costretto" a sostenere Gentiloni, senza aver avuto neanche il tempo di cominciare a ricostruire la propria community, di rilanciare la sua immagine come leader, di ripensare un contenitore politico che sia credibile alternativa al populismo. Peraltro, col rischio di fare un'altra campagna elettorale seguendo lo stesso canovaccio della scorsa: un disastro annunciato.
Ecco, Renzi e Berlusconi vogliono la stessa cosa. E si trovano nella stessa condizione: dover subire scelte altrui e, in fondo, sperare nell'abbraccio fra Salvini e Di Maio. Augurarsi il peggio per sopravvivere e ripartire, insomma.