video suggerito
video suggerito
Opinioni

Il “derby” che deciderà il futuro della Costituzione

Del come Renzi ha trasformato il referendum in un derby, nel Paese e nel partito. Di come gli altri si siano adeguati a tale lettura. E di cosa succederà dopo il 4 dicembre.
144 CONDIVISIONI
Immagine

Una marea di gente, come sempre. Nessun simbolo di partito, come sempre. Matteo Renzi mattatore, come sempre. Se ci fermassimo qui, la Leopolda 7 non sembrerebbe tanto diversa da quelle degli ultimi anni: l'autocelebrazione di una comunità, di un popolo, che in qualche modo si sente "altro" dalla politica tradizionale e insofferente alle vecchie formule dell'aggregazione partitica.

Il punto, o meglio il problema, è che adesso c'è altro. Se già lo scorso anno la Leopolda era stata una formidabile passerella del renzismo, con un generale senso di autocompiacimento per il percorso che in pochi anni aveva portato il "rottamatore e il suo popolo" alla guida del Paese, quest'anno c'era da fare il passo ulteriore. Legare definitivamente e nel modo più chiaro possibile il destino di un popolo a quello del progetto politico, sancire la perfetta convergenza del cammino dei leopoldini con la battaglia per il Sì al referendum sulla riforma della Costituzione. Paradossalmente, il No di parte della minoranza del partito, il Nì di parte della maggioranza di Governo, le polemiche di Bersani e D'Alema, hanno agevolato questa transizione, rendendo evidente che quella referendaria è la battaglia di chi è alla Leopolda, di chi ha investito energie e speranze nel percorso di riforma della politica di Renzi. Non più, dunque, la Leopolda di Governo, che non aveva poi entusiasmato (del resto, sicuri che le unioni civili "Ncd version", il piano contro la povertà azzoppato, l'Ape o il balbettante cammino su ius soli e riforma della cittadinanza, siano ragioni per cui vivere e morire?), ma la Leopolda per il Sì. Un sì legato a doppio filo col concetto di "futuro".

"La Leopolda è una cosa diversa da tutti gli altri eventi politici", ha tenuto a precisare Renzi dal palco, riferendosi al meccanismo dei "tavoli tematici", in cui ministri, eletti ed esperti di settore, dialogano direttamente con i cittadini. Ma il senso è anche un altro. Per mesi si è discusso del Partito della Nazione, poi della possibilità che Renzi molli il Pd per fondare la sua creatura politica, ignari del fatto che questa creatura già c'è. È una corrente potenziata, con una propria filosofia, una propria iconografia (santi laici e ricorrenze incluse), dei punti di riferimento essenziali, una classe dirigente e un programma "in continuo divenire". In questo senso la battaglia referendaria sembra aderire perfettamente alla Weltanschauung leopoldina, a quel "o noi o loro" che Renzi ha ossessivamente ripetuto nelle precedenti 6 edizioni della kermesse fiorentina. Per una serie di ragioni.

Essenzialmente, Renzi si sta giocando la partita del referendum da solo. Non ha il sostegno completo del partito, né quello del Governo, né quello dei corpi intermedi. A parere di chi scrive, la personalizzazione c'entra poco, o meglio, è conseguenza e non causa dello schieramento delle forze in campo. E, da un certo punto di vista, la personalizzazione è l'unica cosa che tiene ancora aperta la partita referendaria.

Una personalizzazione che diventa "o noi o loro", proprio perché c'è perfetta adesione del popolo renziano con il progetto politico di Renzi. "Ecco perché ogni giorno di più il referendum diventa un derby tra futuro e passato, tra speranza e nostalgia, tra chi vuole cambiare e chi preferisce non cambiare nulla", dice Renzi, delimitando in due il campo e provando a dettare una linea cui in pochissimi si sottraggono.

"O noi o loro", nasce con riferimento ai compagni di partito. E lì ritorna, con le scelte di parte della minoranza del partito che hanno trasformato il referendum in un congresso anticipato. "O noi o loro", è di nuovo: o una nuova classe dirigente "che sta cambiando il Paese", o i D'Alema, i Bersani, le Bindi, che "hanno fallito" per venti, trenta anni e che ora "votano assieme a Casa Pound, Grillo, Brunetta".

Ma "o noi o loro", è una narrazione che Bersani (e con lui altri) ha di certo a lungo subito, ma poi raccolto, rilanciato e sfruttato. Proprio perché la ritiene essenzialmente fondata, tanto da pensare di poter arrivare fino alle estreme conseguenze: "Io dico ‘dentro, dentro', ma se il segretario dice ‘fuori fuori' bisognerà anche rassegnarsi a un certo punto". Intendiamoci, nel caso specifico Bersani prende un clamoroso abbaglio: Renzi non ha mai detto ‘fuori, fuori', ha anzi zittito i contestatori con una citazione obamiana ("Don't boo, vote"). Ma è evidente che per giorni, mesi, anni, la componente maggioritaria del PD abbia approfondito il solco con la minoranza ("le" minoranze, meglio), proprio nello schema del noi / loro.

Che l'esplosione possa coincidere con la consultazione referendaria non è un caso. È un derby, o meglio, è finito col diventare un derby. Per volontà politica di Renzi, certo. Ma anche per scelta di altri: delle opposizioni in Parlamento, che, salvo rare eccezioni, hanno inteso impostare la campagna referendaria "contro Renzi e il suo Governo"; per scelta di alcuni esponenti del PD, che lo leggono come un anticipo del congresso, qualcuno addirittura come uno strumento per regolare questioni personali in sospeso; per scelta di corpi intermedi e gruppi di interesse, che sguazzano nelle contrapposizioni brutali e polarizzanti; dei movimenti antagonisti che, con una certa coerenza rispetto alle proprie posizioni per la verità, vedono nella riforma la fine di un percorso di smantellamento dei diritti sociali; dei politici / ex politici marginalizzati dagli eventi o dal tempo.

È un derby con tutto ciò che comporta: tifo da stadio, semplificazione dei temi, contrapposizioni esasperate, assenza (quasi totale) di riflessioni sul merito, probabile esonero del mister in caso di sconfitta. Che sia un derby a dover decidere il futuro della Costituzione è tutto sommato triste.

144 CONDIVISIONI
Immagine
A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views