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Il decreto sulle liste d’attesa nella sanità rischia solo di sovraccaricare i medici, dice Gimbe

Nessun finanziamento aggiuntivo e prestazioni in più chieste su un personale sanitario già sovraccarico. Secondo il presidente della Fondazione Gimbe Nino Cartabellotta il governo “guarda al dito e non alla luna”. E per rendere effettivo il taglio delle liste d’attese servono sette decreti attuativi.
A cura di Pietro Forti
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Il decreto legge sulle liste d'attesa nella sanità pubblica voluto dal governo Meloni avrà bisogno di diversi decreti attuativi e rischia anzi di sovraccaricare ulteriormente il personale sanitario. Secondo l'analisi effettuata da Fondazione Gimbe il decreto sarebbe da rivedere alla luce di queste criticità ed è per questo che oggi alle 14:30 sarà in audizione in Senato. "Il decreto legge sulle liste di attesa non prevede risorse aggiuntive e potrà essere pienamente operativo solo previa approvazione di almeno sette decreti attuativi – dichiara Nino Cartabellotta, presidente della fondazione –  con scadenze non sempre definite e tempi di attuazione che rischiano di diventare biblici".

Il motivo per cui il carico di lavoro andrebbe ad accumularsi in maniera ancora più gravosa sui professionisti della sanità, secondo la Fondazione Gimbe, è l'impossibilità di avere le visite specialistiche di cui ci sarebbe bisogno: "Il decreto non include misure per ridurre la domanda inappropriata di esami diagnostici e visite specialistiche – continua Cartabellotta – e punta, oltre che su attività ispettive e sanzioni, sul potenziamento dell’offerta di prestazioni sanitarie con ulteriore sovraccarico dei professionisti sanitari che hanno carichi di lavoro già inaccettabili". Non è possibile affrontare questa misura, dunque, con gli stessi numeri nel personale e nei finanziamenti: "Se i professionisti sono sempre gli stessi e con carichi di lavoro già inaccettabili, come potranno mai erogare le prestazioni anche il sabato e la domenica senza violare la direttiva UE sugli orari di riposo che prevede, oltre alle 11 ore al giorno, almeno un giorno intero (24 ore) di riposo a settimana?".

Per potersi permettere questo ulteriore carico di lavoro, il governo ha voluto sostenere il personale sanitario al livello fiscale, con l'introduzione di un’aliquota unica al 15% sulle prestazioni aggiuntive. 80 milioni recuperati dal fondo per i danneggiati da trasfusioni e vaccinazioni e da altri obiettivi nazionali: "Dal 2025 – spiega inoltre Cartabellotta – gli oltre € 160 milioni verranno dalla corrispondente riduzione della spesa destinata al perseguimento degli obiettivi sanitari di carattere prioritario e di rilievo nazionale previsti dalla Legge di Bilancio 2024".

Presentare come risolutivo dei problemi della sanità italiana il decreto è riduttivo secondo Cartabellotta: "Ricondurre tutti i problemi del Ssn alle liste di attesa è estremamente semplicistico perché si continua a guardare al dito e non alla luna". Il governo starebbe operando in maniera tale da erogare prestazioni sanitarie in tempi brevi, "e non importa se l’erogatore sia pubblico o privato – commenta il presidente – Dimenticando che quello che abbiamo perduto è la capacità del Ssn di prendere in carico i pazienti, soprattutto quelli cronici, in primis quelli oncologici". Questi pazienti, secondo la Fondazione, sono l'esempio del malfunzionamento di un Ssn che non accompagna più il malato, dal momento che devono cercare loro stessi di farsi strada tra gli esami da effettuare per poi arrivare ad avere delle cure.

Il presidente Cartabellotta indica anche un altro pericolo legato a questo decreto, ovvero la possibilità che un ulteriore sovraccarico del personale contribuisca all'esodo dei professionisti: "Bisogna investire sul personale sanitario aumentando gli organici, e non stremare ulteriormente quello già in servizio, con il rischio di alimentare ulteriormente la fuga dei professionisti dal Ssn".

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