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Speciale Europa e Parlamento Ue

Il Covid ha fatto ammalare anche i sovranisti: gli europei vogliono più Ue, e meno egoismi nazionali

I Paesi mediterranei hanno spesso accusato Bruxelles di averli lasciati soli nella gestione dell’emergenza coronavirus. Ma le frustrazioni verso l’Unione europea negli ultimi mesi non hanno portato acqua al mulino degli euroscettici e dei sovranisti. Al contrario, secondo i cittadini europei la pandemia ha dimostrato come la cooperazione tra gli Stati membri sia fondamentale: e chiedono che in futuro questa sia ancora più ampia.
A cura di Annalisa Girardi
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La pandemia di coronavirus non è solo un'emergenza sanitaria. Ha anche scatenato una gravissima crisi economica e sociale, arrivando a mettere in discussione lo stesso progetto dell'Unione europea. Che si è trovata di fronte a una sfida senza precedenti. Allo scoppio dell'epidemia di Covid-19, alcuni Paesi si sono trovati più colpiti di altri, come nel caso dell'Italia. Inizialmente, una risposta comune è tardata ad arrivare e alcuni Stati membri sono stati accusati di mancanza di solidarietà. Anche oggi, quando è chiara la portata dell'emergenza e, di conseguenza, la necessità di mettere in campo misure straordinarie, i negoziati sul piano per la ripresa non sono certo privi di difficoltà. L'opinione pubblica spesso si è mostrata critica verso l'Ue, così come nei confronti della gestione nazione della crisi: specialmente i Paesi mediterranei, che hanno sofferto dell'impatto maggiore, hanno spesso accusato Bruxelles di averli lasciati soli. Nonostante ciò, i cittadini europei affermano che la pandemia ha mostrato loro come sia fondamentale la cooperazione tra gli Stati membri.

È quanto emerge da un report redatto da Ivan Krastev e Mark Leonard per l'European Council on Foreign Relations: alla fine di aprile i due ricercatori hanno studiato le opinioni di circa 10 mila cittadini in Francia, Germania, Italia, Polonia, Portogallo, Spagna, Bulgaria, Danimarca e Svezia. Sono emersi principalmente due fattori: da un lato, buona parte degli intervistati ha affermato che l'Ue è stata irrilevante nella risposta alla crisi fino a questo momento. Ma dall'altro lato, la maggioranza ha anche sostenuto che in futuro sia necessaria una più ampia cooperazione tra gli Stati membri.

Cala la fiducia nei capi di Stato e di governo

Secondo il 58% dei francesi, l'Ue si è dimostrata inconsistente durante l'emergenza. In Italia, è della stessa opinione circa il 40% degli intervistati. È ancora più diffusa l'opinione che, specialmente nelle prime fasi dell'emergenza, Bruxelles abbia deluso i cittadini europei. Per quanto riguarda i leader che a livello nazionale hanno gestito l'epidemia, la fiducia dei cittadini è cambiata nel corso dei mesi. Il report sottolinea come questa fosse alta a marzo, all'inizio della crisi, quando la popolazione cercava rassicurazioni da parte delle istituzioni. Con il passare dei mesi però, i cittadini si sono mostrati più disillusi verso l'operato dei loro governi. In Francia sono aumentate le critiche nei confronti di Emmanuel Macron e il 61% ha bocciato la sua gestione dell'emergenza, mentre in Spagna il 54% dei cittadini ha detto di non essere soddisfatto delle misure promosse da Pedro Sanchez. Una leadership che non vacilla è invece quella di Angela Merkel, in Germania: i consensi alla cancelliera sono rimasti infatti stabili al 58% durante la pandemia.

In generale, tra i nove Paesi presi in esame, il 33% degli intervistati ha dichiarato di aver perso fiducia nel proprio governo, vista la loro gestione dell'emergenza. Solo il 29% ha invece affermato che la pandemia ha dimostrato come vada ampliato il ruolo dello Stato. Ad ogni modo, le frustrazioni verso Bruxelles e i ritardi nelle risposte alla crisi non hanno portato a una svolta euroscettica e sovranista. Il 63% pensa infatti che, da adesso e nel futuro, i governi europei debbano cooperare a un livello più profondo.

"C'è bisogno di più cooperazione in Ue"

In Portogallo lo pensa il 91% degli intervistati. In Italia oltre il 75%. In Spagna si arriva all'80%. Non sono solo i Paesi mediterranei a chiedere maggiore cooperazione tra gli Stati membri: anche il 55% dei tedeschi è d'accordo. La percentuale si abbassa lievemente in Francia, ma è comunque oltre la soglia del 50%. Come detto, le insoddisfazioni verso l'Ue per la gestione della crisi non hanno portato acqua al mulino dei populisti. Nel nostro Paese, dove abbiamo visto un'opinione pubblica delusa dall'iniziale mancanza di solidarietà europea e dove spesso abbiamo sentito dire che Bruxelles ci ha lasciato soli, il 76% crede comunque che la ripresa debba essere trainata dall'Ue. Solo il 16% ha ribadito il proprio appoggio a Matteo Salvini e ai suoi argomenti contro l'Unione durante la pandemia. Lo stesso è accaduto in Spagna, dove il partito populista Vox ha perso consensi dall'inizio dell'emergenza Covid-19. Quello di Marine Le Pen in Francia, Rassemblement National, non ha registrato particolari variazioni, mentre in Germania solo il 6% ha detto che Alternative für Deutschland si è distinta durante la pandemia.

La recessione economica

Tuttavia, avverte il report dell'European Council on Foreign Relations, queste pretese di maggior coesione all'interno dell'Ue non devono far credere che la gestione della peggiore recessione che l'Europa si trova ad affrontare dal secondo dopoguerra sarà semplice. Al momento la proposta del Recovery Plan della Commissione europea si trova sul tavolo delle trattative del Consiglio europeo: ma anche se gli Stati membri sono consapevoli che un accordo vada trovato al più presto, in quanto una risposta tardiva rischierebbe di risultare inefficiente, la strada non è per nulla in discesa. Gli Stati frugali non accettano di buon grado l'idea di una condivisione del debito, mentre gli Stati mediterranei, quelli più colpiti, continuano ad insistere affinché il peso della pandemia sia sostenuto dall'Unione e non dai singoli Paesi.

La spaccatura, comunque, non è solo interna. La crisi ha anche cambiato le percezioni dell'Europa verso i suoi confini esterni. In particolare, è peggiorata l'opinione pubblica verso gli Stati Uniti (60%), contro il 48% che afferma invece di considerare in modo più negativo la Cina dallo scoppio della pandemia. Questo cambio di equilibri influenza anche l'opinione verso l'identità della stessa Europa: "Non è più solo un progetto motivato da ideali e valori comuni, ma una comunità che condivide lo stesso destino e che deve rimanere unita per riprendere il controllo del proprio destino", scrivono i ricercatori. Questo vale anche per il settore produttivo, ad esempio: la pandemia ci ha infatti insegnato l'importanza di produrre i dispositivi utili in tempi di emergenza all'interno dei confini europei, per non doverli andare a recuperare sul mercato globale a condizioni non necessariamente convenienti.

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