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Il coronavirus può provocare una strage nelle carceri: il provvedimento del Governo è inutile

A dieci giorni dalle violente rivolte andate in scena nelle carcere di tutta Italia non è cambiato niente. Le scelte del Governo per limitare il contagio nei penitenziari sono insufficienti e difficilmente applicabili, come segnalato dai Garanti dei detenuti. I penitenziari sono sovraffollati e il coronavirus rischia di provocare una strage dietro le sbarre. Sono già dieci i detenuti risultati positivi e nuovi contagi potrebbero portare a nuove esplosioni di rabbia.
A cura di Valerio Renzi
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A dieci giorni dallo scoppio delle violente rivolte nelle carceri di tutta Italia – e in cui hanno perso la vita 13 detenuti tra Modena e Rieti – la situazione all'interno degli istituti penitenziari di tutto il Paese non è migliorata. Al momento i provvedimenti presi dal Governo con l'obiettivo di alleggerire la condizione di sovraffollamento degli istituti, evitando così il contagio del coronavirus si trasformi in un ecatombe dietro le sbarre, non sembrano aver risolto molto. E in assenza di iniziative da parte del Governo tutto ricade sulla buona volontà dei garanti dei detenuti, sulla magistratura di sorveglianza e sullo sforzo dei territori e delle amministrazioni penitenziarie.

Mentre i sindacati di Polizia Penitenziaria parlando di "indulto mascherato", il Garante dei Detenuti del Lazio Stefano Anastasia mostra numeri alla mano come il provvedimento non cambierà nei fatti nulla: "Secondo la nostra stima sono circa 3000 i detenuti che possono usufruire virtualmente del provvedimento, circa il numero di posti resi inagibili durante le rivolte. Così non si svuoteranno i penitenziari e rischiamo di trovarci di fronte a una nuova esplosione di rabbia nel caso i contagi si diffondessero". Ieri da Voghera è arrivata la notizia di un primo detenuto positivo al coronavirus. "È un errore pensare la comunità penitenziaria come una comunità chiusa, impermeabile, senza considerare le migliaia di agenti penitenziari e gli operatori che ogni giorno entrano ed escono. In due giorni sono 10 i detenuti contagiati di cui si ha notizia nelle carceri di Voghera, Pavia e San Vittore a Milano.

L'epidemia di coronavirus arriva in una situazione di terribile sovraffollamento carcerario: i posti disponibili sulla carta nei penitenziari italiani sono 50.931, nella realtà molti di meno, e il numero di detenuto a febbraio 2020 era di 61.230. Il sovraffollamento è una condizione strutturale ed endemica, a cui non si può certo rispondere con un provvedimento come quello del Governo, valido che fino al prossimo 30 giugno , per il quale sono previsti gli arresti domiciliari per i detenuti che hanno pene da scontare sino a 18 mesi e qualora la pena sia superiore a 6 mesi si potrà applicare il braccialetto elettronico.

Ma anche volendo applicare le indicazioni arrivate dal ministro Alfonso Bonafede, le difficoltà non mancano. "I detenuti che potrebbero accedere alle pene alternative alla detenzione penitenziaria hanno quasi tutto lo stesso problema: l'assenza di un domicilio dove scontare gli arresti domiciliari o dove essere rintracciabili, quasi sempre per questa ragione si trovano in cella e non fuori. – spiega Anastasia – L'impegno dei Garanti, delle amministrazioni penitenziarie e dei magistrati di sorveglianza è massimo: stiamo cercando residenze in sinergia con gli enti del terzo settore e le istituzioni locali ma non è facile, soprattutto perché stiamo combattendo una corsa contro il tempo".

Il provvedimento del governo prevede anche che i detenuti in regime di semilibertà, che rientrano solo la sera in carcere, possano essere rimessi in libertà fino al 30 giugno. Ma anche in questo caso il problema è sempre lo stesso: "A Rebibbia  – continua il Garante del Lazio – su cinquanta detenuti in semilibertà cinque non sapevano dove prendere domicilio. Per ora abbiamo sopperito grazie a dei fondi del nostro ufficio ma non sarà possibile farlo ancora a lungo". Insommm gli stessi limiti con cui ci si scontra in una situazione di normalità per l'accesso alle pene alternative alla detenzione, ovviamente si palesano in una situazione di emergenza.

Le scelte del Governo per salvaguardare la salute dei detenuti, e di riflesso di tutta la popolazione fuori e dentro il carcere, si dimostrano così drammaticamente insufficienti. I provvedimenti presi, già difficilmente applicabili in una situazione ordinaria, perché dovrebbero esserlo ora?

La condizione dei detenuti viene trattata ancora con strumenti ordinari e non con strumenti straordinari come sta accadendo per qualsiasi altro aspetta della vita sociale. Complice un Parlamento mai come oggi giustizialista e favorevole alla detenzione senza se e senza ma, che rende l'orizzonte di un'amnistia o la scelta di provvedimenti più efficaci al momento lontanissima. Non rimane, purtroppo, che attendere di conoscere le dimensioni del contagio nelle carceri italiane.

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Giornalista pubblicista e capo area della cronaca romana di Fanpage.it. Ho collaborato prima prima di arrivare a Fanpage.it su il manifesto, MicroMega, Europa, l'Espresso, il Fatto Quotidiano. Oltre che di fatti e politica romana mi occupo di culture di destra e neofascismi. Ho scritto per i tipi di Edizione Alegre "La politica della ruspa. La Lega di Salvini e le nuove destre europee" (2015) e per Fandango Libri "Fascismo Mainstream" (2021).
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