Oggi si ricomincia: la discussione della proposta di legge del deputato PD Fiano è l'occasione giusta per i nostalgici avvoltoi che si alzano in volo appena vedono uno spiraglio per legittimare l'ideologia fascista. Intendiamoci: la discussione del cosiddetto ddl Fiano è solo l'appiglio per alzare un po' di polvere e contribuire al mefistofelico clima di questi ultimi mesi, denso di un neofascismo che invoca il "pugno" duro invocando "il popolo prima di tutto" che pedissequamente insegue il fascismo che fu.
Innanzitutto occorre smontare una narrazione tossica che è andata avanti in tutti questi anni e ha preso particolare vigore in questi ultimi mesi: il contrario di fascismo non è l'essere comunisti e, volendo ben vedere, nemmeno essere di sinistra. Essere antifascisti significa essere continuamente democratici, ribelli a ogni abuso di potere, impermeabili alla fascinazione dell'uomo solo al comando in ogni sua forma, stare all'erta in difesa delle leggi e della Costituzione, essere continuamente impegnati a vigilare su una democrazia che sia veramente rappresentativa, popolare e quindi partecipativa ed essere convinti che tra oppressi e oppressori si necessario stare sempre dalla parte degli oppressi senza nessuna distinzione di provenienza o credo religioso. Esso, è un ventaglio amplissimo quello dell'essere antifascisti: dentro ci stanno le diverse ideologie politiche, tutte.
Volere a tutti i costi identificare gli antifascisti come "sinistri", "zecche", "comunisti" o altri epiteti simili (che, badate bene, sono abitualmente usati da qualche segretario di partito nonché da qualche editorialista di quotidiani nazionali) è la scorciatoia per riabilitare il neofascismo a legittima posizione politica (che legittima non è, in quanto vietata per Costituzione) sovrapponendola a una destra che mai come in questi ultimi anni risulta essere incapace di prendere le distanze dai mostruosi rigurgiti dei neofascismi di ritorno. Ed è proprio la destra, questa destra così concentrata a racimolare voti raschiando il fondo del barile, che forse ha le responsabilità maggiori: la Resistenza e l'antifascismo, nella storia della nascita della Repubblica Italiana ha visto combattere nelle formazioni partigiane e nell'opposizione a Mussolini anche sensibilità politiche che nulla avevano a che vedere con i comunisti e la sinistra. In una democrazia sana tutti i partiti dell'arco costituzionale dovrebbero tenere a mente la lezione della storia.
La storia, appunto. Perché in fondo è un problema di storia, memoria e quindi cultura. Non si può non pensare che la confusione che regna sotto il cielo (come dimostra lo sconfortante dibattito sul ddl Fiano) sia figlia di un analfabetismo storico che dovrebbe servire (anche) da argine contro il ritorno dei mostri passati. Come ha scritto Michela Murgia qualche settimana fa in una sua nota su Facebook "Mussolini era socialista e forse non te l’ho spiegato mai. Ho dimenticato di dirti che si intestava le istanze dei poveri e dei diseredati. Ho omesso di raccontarti che i suoi editoriali erano zeppi di parole d’ordine della sinistra, parole come “lavoratori” e “proletariato”. Non ti ho insegnato che un socialismo che pretende di realizzarsi con metodo fascista è un fascismo, perché nelle questioni politiche la forma è sempre sostanza e il come determina anche il cosa. Per questo il fascismo agisce anche nei sistemi che si richiamano a valori di sinistra e anzi è lì che fa i danni più grandi, perché non c’è niente di più difficile del riconoscere che l’avversario è seduto a tavola con te e ti chiama compagno".
Per questo, che piaccia o no alla Meloni o al Salvini di turno, il fascismo non è un'opinione politica. Il fascismo è il tentativo anzi di sostituirsi alla politica per agire libero da vincoli costituzionali. Il fascismo è la malattia, né di destra né di sinistra, di chi crede che le regole democratiche siano un ostacolo alla loro idea di giustizia e di gestione dello Stato "fatta da sé." Ogni cedimento alla soluzione semplice di chi prova a convincerci che il fine giustifichi ogni mezzo è un lusso che non possiamo permetterci. Mica da sinistri. Da democratici, appunto.