Ricapitoliamo, dunque. Il Pd non vuole più allearsi coi Cinque Stelle, dopo aver lavorato all’alleanza per tre anni, perché Giuseppe Conte ha cospirato alla caduta del governo guidato da Mario Draghi. Azione non vuole allearsi col Pd, a meno che non sottostia al patto repubblicano vergato da Carlo Calenda, a meno che non tagli i ponti con l’alleanza tra Sinistra Italia ed Europa Verde, e nemmeno con Italia Viva, che a sua volta bisticcia pure col Pd.
Questo è il quadro a meno di due mesi dalle elezioni, con la destra unita che veleggia sicura attorno al 45% dei consensi e con una legge elettorale che premia le coalizioni che si presentano unite, perlomeno nel sostenere i candidati dei collegi uninominali, che valgono circa un terzo dei seggi di Camera e Senato. E quasi quasi verrebbe da pensare che lo stanno facendo apposta, che non è possibile che di fronte allo scenario di una potenziale slavina a favore della coalizione più a destra che l’Italia abbia mai conosciuto, dopo cinque anni a parlare di pericolo sovranista, di derive putiniane, di amici di Orban, con sei anni di fondi del Pnrr da spendere e una transizione energetica tutta da costruire il centrosinistra italiano consegni il Paese a Salvini e Meloni e si arrenda senza combattere perché impegnato in liti da pollaio tra i suoi galletti.
Eppure no, a quanto pare non lo stanno facendo apposta. A quanto pare Carlo Calenda è convinto che il suo 6% in solitaria, non si sa bene come, possa arginare Giorgia Meloni nel nome della sacra agenda di Mario Draghi, che probabilmente non degnerà nemmeno di un blandissimo sostegno il suo volonteroso, autonominato epigone. A quanto pare Enrico Letta è davvero convinto che il Partito Democratico “con gli occhi della tigre” (cit) polarizzerà tutto il consenso di chi si oppone a Giorgia Meloni, svuotando i Cinque Stelle. E a quanto pare Giuseppe Conte è davvero convinto che quella dello splendido isolamento sia una scelta sensata, e non un suicidio politico.
La diciamo meglio: a quanto pare sono tutti convinti di poter vincere da soli, di non aver bisogno del contributo di tutti. Oppure, seconda ipotesi, sotto sotto sono convinti che sia meglio perdere anziché provare a vincere, col rischio di dover poi governare assieme. Che il peggio del peggio sia nel proprio campo, non in quello avverso: la sinistra per Calenda, i Cinque Stelle per Renzi, Renzi e Calenda per i Cinque Stelle. Un messaggio implicito, questo, grazie al quale la destra può stravincere senza nemmeno far campagna elettorale. Lasciando che il centro della scena se lo prenda il pollaio avverso.
Contenti loro. A tutti loro, però, proviamo a fare una domanda. Cosa penserebbero Calenda, Letta, Renzi, Conte se domani la destra annunciasse una clamorosa rottura, se Salvini, Meloni e Berlusconi decidessero di correre ognuno per sé nei collegi uninominali? Se di fronte alla prospettiva di prendersi il governo del Paese decidessero che invece è il momento di regolare i conti, dopo cinque anni passati su fronti avversi? Penserebbero che sono dei geni, o dei pazzi masochisti?
Ecco: provate a rispondere. E poi guardatevi allo specchio.