Il caso Finmeccanica, Scajola, Lavitola e le presunte mazzette da 500 milioni
«Di questa storia non so nulla. Ma nonostante tutto credo ancora nella giustizia. Mi metto a disposizione della magistratura. Subito» . Così Claudia Scajola, in un'intervista a Repubblica, si difende dall'accusa di corruzione internazionale mossagli dai pm di Napoli nell'ambito dell'inchiesta su Finmeccanica. Se ci sono state tangenti, insomma, questo è avvenuto a sua insaputa, perché un ministro «non può sapere quali siano le strategie delle aziende» sottolinea l'ex titolare del dicastero dello Sviluppo Economico accusato di aver avuto un presunto ruolo di mediazione nell'affare delle forniture dell'industria italiana in Brasile. «Per quanto mi riguarda – precisa Scajola – tutto si è svolto regolarmente. Ho spinto perché vincesse un'azienda italiana, alla luce del sole. E poi, se davvero ci fossero state delle trattative anomale, crede che lo avrebbero fatto sapere ai ministri coinvolti?». E aggiunge: «La gente scherza quando dico "a mia insaputa". Ma io dimostrerò che ho ragione. Anche in questo caso. In passato ho dato le dimissioni da ministro senza essere ancora indagato. Era un segno di rispetto per le istituzioni, è stato interpretato come un'ammissione di colpevolezza. Che tristezza».
Indagati ed arrestati – L'indagine che vede il nome di Scajola inscritto nel registro degli indagati è quella che coinvolge Massimo Nicolucci, ex "portavoce" dello stesso parlamentare di Forza Italia (anche se quest'ultimo smentisce la conoscenza), raggiunto dallo stesso avviso di garanzia, così come l’imprenditore napoletano Paolo Graziano, e che ha portato all'arresto di Paolo Pozzessere, ex direttore commerciale e attuale senior advisor in Russia dell’azienda controllata dallo Stato che opera nel settore della difesa e controlla le società Telespazio Argentina, Agusta Weestland e Selex sistemi integrati.
L'inchiesta – Da una parte i pm Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock indagano su una presunta tangente per una commessa di fregate in Brasile, dall’altra parte si tratta di una presunta tentata corruzione del presidente della Repubblica di Panama, Ricardo Martinelli, al quale sarebbero stati promessi 18 milioni di euro come corrispettivo per le forniture di Finmeccanica per 180 milioni di euro che riguardavano armamenti ed elicotteri AgustaWestland. Una vicenda che il gip Dario Gallo definisce nell'ordinanza «raccapricciante». Un'inchiesta nella quale è coinvolto anche l'ex editore dell'Avanti! Valter Lavitola per il suo ruolo di «intermediario con i rappresentanti del governo di Panama acquirente finale dei prodotti industriali» scrive il gip. Ma a proposito di Lavitola, Scajola dice: «Non l’ho mai incontrato in occasione di missioni internazionali per l’industria italiana. L’ho incontrato come possibile candidato alle elezioni 2001, ma poi non lo candidammo».
Da Lavitola a Berlusconi – Eppure il ruolo di Lavitola emerge in maniera chiara nell'inchiesta Finmeccanica, almeno a leggere l’ordinanza del Gip di Napoli Dario Gallo in cui viene citata, come riporta la Stampa, una telefonata del faccendiere con Pozzessere. Lavitola parla della sua quota di provvigione per l’affare delle commesse della holding di stato a Panama. E sbotta: «Lui, quando sa che è una cosa tua, deve rimané sempre con un po’ di pathos, fammi fa’ a me, che io il berlusconismo lo parlo benissimo». E a proposito del rapporto con Silvio Berlusconi, Lavitola non solo risolveva i suoi "problemi" personali (vedi il caso Tarantini), ma in realtà era l’uomo del Cavaliere per gli affari in America Latina, a Panama, in Brasile, in Argentina. Scrive il gip che «Lavitola, senza averne alcun titolo, era una sorta di “Uomo di Stato in incognita”».
"Non dite nulla dell’elicottero che abbiamo venduto a Putin” – Un altro nome che compare spesso nelle carte del giudice napoletano è quello dell’Ad di Finmeccanica Giuseppe Orsi: è lui a scegliere direttamente Pozzessere per un ruolo di «primo piano» all’estero, fornendogli un ”decisivo appoggio»; ed è a lui che Pozzessere «riferisce direttamente» scrive ancora La Stampa. Cosi’ come e’ sempre Orsi, stando a quanto sostengono i pm, che ad un certo punto invita i suoi a non parlare più degli affari con Putin, dei quali il dominus era appunto Pozzessere. C'è un'altra telefonata di quest'ultimo con l’amministratore delegato di AgustaWestland, Bruno Spagnolini: «Quando parlate di, se doveste dire che ci volano (sui nostri elicotteri, ndr) vari Capi di Stato non menzionate Putin, siccome me l’ha detto il Presidente…» dice Spagnolini. E ancora, scrive il Gip: «I pm evidenziano che fu lo stesso Orsi a dare notizia dell’acquisto di un elicottero da parte di Putin, con una intervista al “Sole 24ore”: quindi, l’unica spiegazione plausibile di questo cambio di atteggiamento è, secondo i pm, da ravvisare nell’esigenza di tenere riservati gli affari di Finmeccanica con Putin e la Russia in generale».
Una tangente da 550 milioni a Scajola? – L'inchiesta Finmeccanica è assai tortuosa. Presunte tangenti, appalti e cifre notevoli che passano per le mani di ex ministri e parlamentari. E in qualche caso lasciano come traccia il pagamento di una bustarella milionaria. Come scrive il Corriere della Sera, l’entità della tangente pagata dal Brasile per la fornitura di navi militari da parte di Finmeccanica è pari a 550 milioni di euro: una commessa da 2,5 miliardi di euro sulla quale la “cresta” sarebbe stata pari all’11%. Anche questi dati emergono dalle carte della Procura di Napoli. Stando alle dichiarazioni dell'ex dirigente della holding Lorenzo Borgogni, sulla fornitura fu infatti applicata una sorta di "tassa".
È il 10 novembre quando Borgogni viene interrogato sulla trattativa avviata da Fincantieri e Finmeccanica per la fornitura delle 11 fregate militari al governo brasiliano che si era improvvisamente arenata.
Il canale tra l'Italia e il Brasile era rappresentato dall'onorevole Claudio Scajola e dal parlamentare napoletano Massimo Nicolucci e ciò perché Scajola era molto legato al ministro della Difesa brasiliano Jobin. Preciso che, anche se all'epoca Scajola era ministro dello Sviluppo economico il suo dicastero non aveva nulla a che fare con l'affare della fornitura delle fregate. Paolo Pozzessere, che curò i rapporti tra Fincantieri e Finmeccanica, mi disse di aver appreso dal dottor Giuseppe Bono (direttore generale di Fincantieri) che in cambio delle illustrate agevolazioni era stato pattuito un "ritorno" – che avrebbe dovuto pagare la stessa Fincantieri quale contratto di agenzia – dell'ammontare dell'11 per cento dell'affare complessivo pari per la sola Fincantieri a 2,5 miliardi di euro.
Tale cifra di "ritorno" percentuale – secondo quanto riferitomi da Pozzessere – doveva essere parzialmente destinata tra Scajola e Nicolucci da una parte e Jobin dall'altra».
Il manager svela anche il coinvolgimento dei vertici di Finmeccanica:
In una fase immediatamente successiva appresi sia da Pozzessere sia dall'allora amministratore delegato Pierfrancesco Guarguaglini – evidentemente messo a parte da Pozzessere – che era stata chiesta anche a noi di Finmeccanica la stessa percentuale di "ritorno" dell'11 per cento della nostra parte in affari (pari anch'essa a 2,5 miliardi di euro).