Il caso del concorso per il call center dell’Inps: a rischio almeno 600 lavoratori
Un concorso per l’assunzione al call center dell’Inps rischia, paradossalmente, di mandare a casa centinaia di lavoratori. Persone che da anni garantiscono il funzionamento del servizio all’Istituto di previdenza e ora temono di diventare degli esuberi. La stima è di circa 600 posti in bilico. E il dato potrebbe essere ancora più pesante, perché appena messo in moto il meccanismo del bando non si possono formulare previsioni. Così è scattato l’allarme e la corsa contro il tempo per tutelare i dipendenti, chiedendo l’attivazione della clausola sociale. I sindacati vogliono che il passaggio da una società all’altra debba avvenire “sotto protezione”. “La clausola sociale eviterebbe qualsiasi ripercussione occupazionale. È una norma che già esiste ed è stata ripetutamente confermata da diverse recenti sentenze, alle quali invece non si fa mai riferimento”, afferma Venanzio Cretarola, segretario dell’Ugl Abruzzo, in prima linea sulla questione. Una delle sedi è infatti a L'Aquila.
Ma cosa sta accadendo di preciso? Tutto nasce con il progetto dell’Inps, presieduto da Pasquale Tridico, di internalizzare il servizio di contact center, diventato un punto di riferimento fondamentale per i cittadini durante la pandemia di Covid-19. Attualmente la gestione è affidata alle società esterne Comdata e Network Contacts. Entro la fine del 2021, invece, il call center tornerà nel recinto dell’Inps, precisamente alla società in house Italia Previdenza-Sispi. La procedura, secondo le intenzioni dei vertici dell’Inps, prevede una selezione pubblica, un bando aperto a tutti, perché così impone la legge. Ma qui nasce l’intoppo. Secondo i sindacati confederali i criteri indicati lascerebbero fuori, all’istante, i 600 lavoratori che sono solo in possesso della licenza media. Paradossalmente, però, “si tratta di personale con grande esperienza, che ha consolidato le competenze negli anni”, spiegano a fonti sindacali. Ma non potrebbero nemmeno partecipare alla selezione. Per salvaguardarli si dovrebbe attivare solo la clausola sociale.
Un effetto perverso sarebbe, peraltro, quello di impattare sulla qualità del servizio, perché verrebbero a mancare competenze consolidate. Senza dimenticare un aspetto: il cambiamento delle tipologie di contratto può comportare una diminuzione delle ore di lavoro. di E non solo: c’è chi prevede una fine della vicenda a carte bollate. Con la selezione pubblica, infatti, è prevedibile che arrivino decine di migliaia di candidature: in questi periodi difficili, c’è fame di lavoro ed è scontato prevedere una massiccia partecipazione. A quel punto, chi vince il concorso ottiene, legittimamente, il posto di lavoro. Ma chi lavora già nel call center potrebbe non rientrarci. Certo, si sta pensando di introdurre il requisito dell'esperienza nel settore che darebbe punteggio aggiuntivo. Potrebbe essere un significativo vantaggio per chi già lavora nel call center dell’Inps.
A quel punto è facile immaginare che si finisca nelle Aule di Tribunale, tra nuovi partecipanti e vecchi lavoratori, a colpi di cavilli regolamentari. “Questo concorso rischia di diventare la Disneyland degli avvocati per la serie di ricorsi che può innescare”, dice a Fanpage.it Riccardo Saccone, segretario nazionale responsabile dell’area Tlc ed emittenza della Slc-Cgil. “Sull’internalizzazione del servizio – osserva Saccone – siamo tutti d’accordo. Riteniamo che sia un bene portare il servizio all’interno dell’istituto. Il punto è un altro: non capiamo perché l'Inps stia continuando a insistere sulla formula della selezione pubblica. Si cerca la strada più tortuosa, perché i lavoratori che non rientrano nell'organico diventerebbero degli esuberi. La nostra posizione è in realtà molto semplice: chi sta già lavorando al call center viene confermato. Per le future assunzioni si possono bandire i concorsi”. C’è, poi, un altro aspetto evidenziato dai sindacati e riferito “all’incidenza che questo avrebbe sulla tenuta economica delle attuali aziende che svolgono il servizio, che si troverebbero a dover gestire un processo di ristrutturazione del perimetro. E che finirebbe per coinvolgere, per obblighi di legge, i loro interi organici”.
Il caso è stato portato all’attenzione del ministro del Lavoro, Andrea Orlando. Il deputato di Fratelli d’Italia, Walter Rizzetto, ha depositato un’interrogazione alla Camera, sottolineando che “non si può credere che l’esclusione di alcuni lavoratori sia un’operazione meritoria con la scusa che prende in considerazione i titoli di studio”. Il motivo? “Fino ad oggi, quelle stesse persone erano considerate delle risorse valide per lo svolgimento del servizio”. Aggiunge Rizzetto, interpellato da Fanpage.it: “Questo percorso di internalizzazione non può essere intrapreso ricorrendo a misure discriminatorie che portano ad escludere dal perimetro molti lavoratori o che attribuiscono condizioni contrattuali peggiorative a chi vi rientrerà”.
Come se non bastasse, Cretarola denuncia un’altra vicenda: “Il presidente Tridico ha dichiarato di aver appreso, con estrema sorpresa, che AdER Servizi (un’altra società, ndr) ha aderito alla gara Consip. Quindi circa 200 operatori escono dal perimetro del contact center, auspicando di trovare soluzioni con i gestori attuali ossia Comdata e Network, che reputiamo improbabile si carichino questi 200 lavoratori senza alcuna commessa”. Un puzzle complicato. Saccone, tornando sul processo di internalizzazione, manifesta tutta la preoccupazione sulla tempistica: “Di sicuro non c’è più un minuto da perdere da perdere. Mancano pochi mesi, davvero si pensa di bandire il concorso a settembre, ultimare le selezioni e partire entro fine anno? Ma di cosa stiamo parlando?”. Da qui l’appello del parlamentare di Rizzetto: “Mi auguro che il presidente dell’Inps Tridico chiarisca quanto prima la sua posizione su questa vicenda, rimediando a queste criticità. Bisogna assicurare una manovra virtuosa che tuteli tutti i lavoratori”.