Il caso del 2020 che dimostra le responsabilità del governo a Cutro: doveva intervenire la Guardia costiera
di Annalisa Girardi e Marco Billeci
A due settimane dal naufragio di Cutro, il cui bilancio continua ad aggravarsi, non è ancora chiaro perché quel barcone a pochi metri dalle coste calabresi non sia stato soccorso dalla Guardia costiera e siano invece uscite in mare delle motovedette della Guardia di Finanza in un'operazione di polizia. È inoltre emerso un precedente del 2020 a dimostrazione che contesti di questo tipo andrebbero sempre trattati come eventi Sar, cioè di ricerca soccorso, per cui va si deve attivare la Guardia costiera. A quanto apprende Fanpage.it da fonti legali, i parenti delle vittime vogliono citare proprio quell'episodio di alcuni anni fa nella memoria difensiva che stanno depositando in Procura
Nella notte del 9 settembre 2020 una barca a vela, partita presumibilmente dalla Turchia, naviga al largo di Isola di Capo Rizzuto. Il mare è agitato, forza 5. Viene intercettata da una motovedetta della Guardia di Finanza. Anche in quel caso non era stata mandata alcuna richiesta di soccorso, ma i finanziari sono subito affiancati da delle unità navali della Capitaneria di porto. La Guardia costiera, appunto. Il mare è agitato e le operazioni di soccorso sono complesse. Alla fine la barca a vela è in balia delle onde e viene scortata fino al porto più vicino, dove ad attenderla ci sono i medici del 118 e della Croce rossa italiana.
Insomma, un'operazione Sar a tutti gli effetti. Come dovrebbe essere d'altronde: si tratta di una barca sovraffollata, con decine e decine di migranti a bordo, che viaggia con mare forza 5. Una potenza che rende il pericolo di naufragio concreto e che fa scattare le operazioni di soccorso.
La domanda quindi è: perché le cose non sono andate così anche nella notte tra il 25 e il 26 febbraio?
Il nodo è sempre quello che rimanda a un documento riservato del ministero dell'Interno, di cui Fanpage.it ha già scritto, che detta alcune indicazioni rispetto agli episodi di immigrazione irregolare via mare. Si tratta di un accordo tecnico-operativo di cui i destinatari sono tanto la Guardia costiera, quanto la Marina, la Finanza, la Polizia e i Carabinieri: l'evento Sar, si legge, deve scattare esclusivamente quando "le condizioni meteomarine pongono in serio e immediato pericolo di vita gli occupanti del natante".
Insomma le operazioni di soccorso possono partire solo quando c'è un pericolo immediato di perdita di vita in mare. In altre parole, quando la barca è a un passo dal naufragio. Un documento, però, in netto contrasto con il Piano Sar a cui fa riferimento la Guardia costiera, aggiornato nel 2020. Questo stabilisce chiaramente che per situazione di pericolo si intende "una situazione in cui si può ritenere, con valutazione reale ed obbiettiva, che una persona sia minacciata da un grave ed imminente pericolo di perdita della vita".
Secondo il Piano del 2020, quindi, basta che ci sia una valutazione di pericolo da parte delle autorità per far scattare l'evento Sar. Nell'episodio del 9 settembre di quell'anno sarebbero state seguite proprio queste indicazioni, mentre non sono sarebbero tenute in considerazione due settimane fa a Cutro.
Secondo quanto fanno sapere fonti legali a Fanpage.it, gli avvocati dei familiari delle vittime starebbero inserendo proprio questo episodio nella memoria difensiva da depositare in Procura. A dimostrazione di come sarebbero dovute andare le cose anche nella notte tra il 25 e il 26 febbraio.