Il candidato accusato di abusi: “Non puoi denunciare un senatore con immunità, femminista del c… ”
La storia che raccontiamo è quella di una vittima che si è rivolta a noi per denunciare un abuso sessuale da parte di un senatore della Repubblica, candidato alle prossime elezioni e ai piani alti di uno dei principali partiti di questa campagna elettorale. Quella che leggerete è la versione dei fatti dal punto di vista della vittima, che non ha sporto denuncia alle autorità. Dopo mesi di indagini, siamo entrati in possesso di documenti, tra cui chat, audio e mail che coinciderebbero con il suo racconto e per questo riteniamo opportuno raccontarlo.
Dentro i palazzi delle istituzioni, lungo i corridoi labirintici del potere, si allunga un'ombra. Tutti lo sanno, ma nessuno ne parla, o quasi. Perché basta una voce – che ne nasconde altre – per rendere tutto più chiaro: è il me too della politica.
Un senatore piuttosto noto e una giovane donna diventano i protagonisti di una storia che si consuma a qualche metro da Palazzo Madama. Una storia che doveva essere l’inizio di un rapporto professionale, ma che in breve si è trasformata in sopraffazione e paura. Una storia che in fretta è diventata una violenza.
Novembre 2021. Ambra – nome di fantasia – decide di avvicinarsi alla politica. Non è così estranea a quel mondo, ma ha sempre mantenuto le distanze. Stavolta, però, sceglie di darsi un’opportunità e si avvicina a un partito che le sembra diverso dagli altri. Dentro c’è un uomo che i palazzi del potere li bazzica da anni e che oggi riveste il ruolo di senatore della Repubblica italiana, per un partito di cui si sente parlare tutti i giorni.
Dopo un primo scambio, lui sembra interessato al profilo professionale di lei: conosce diverse lingue, è ferrata in politica estera. Un curriculum apprezzato dal senatore che la invita a un primo incontro presso la sede del partito. Non distante dal Senato, il parlamentare accoglie l’aspirante politica, che, esaltata dal momento, non si sofferma troppo su quello che le succede intorno. Non può, però, non notare che una delle assistenti si avvicina all’ufficio e, sorridente, ricorda al senatore che la porta della stanza sarebbe dovuta restare aperta durante l’incontro.
Già nel primo incontro, però, c’è altro che non quadra: “Sai, se vuoi stare accanto a me nel partito, dovrai cambiare il tuo modo di vestire, il tuo modo di porti, di camminare”. Le richieste del senatore stonano con il contesto: “Sarai nell’occhio del ciclone, perché io sono uno molto chiacchierato”, le dice.
“Non passarmi così vicino, sono pur sempre un maschietto”, continua. Ambra inizia a sentirsi a disagio, ma pensa che forse è quello il prezzo da pagare per continuare a stare in quell’ambiente: qualche battuta fuori luogo non ferma la sua voglia di riuscire a portare a casa quell’incarico. I due si lasciano con la promessa di lui: “C’è spazio per te, rivediamoci”. “Io ho creduto che a loro mancasse qualcuno che conoscesse le lingue e avesse competenza in materia estera. È comunque un partito che punta molto sulle donne e sui giovani, ne fanno dei cavalli di battaglia. Ho pensato che avesse visto in me una figura vincente”, ci dice Ambra.
Una volta lasciato l’ufficio, però, Ambra inizia a ricevere messaggi dal senatore. Messaggi ambigui, con riferimenti sessuali espliciti. Alla sua compostezza, lui risponde con allusioni travestite di ironia. Nelle chiamate continue che le fa – anche dall’aula – le chiede dei suoi ex, di cancellare alcune foto dal web, si fa sempre più presente e pressante. Lei, intanto, cerca sempre di spostare l’argomento, gli chiede quando può iniziare a fare attivismo, gli parla dei suoi progetti, che, però, si schiantano contro intenzioni ben diverse.
Alla fine il senatore le dà un altro appuntamento, alle ore 15 di martedì 16 novembre, nel suo ufficio, quello istituzionale, nell’edificio che guarda Palazzo Madama e in cui l’onorevole svolge le sue mansioni di parlamentare. Ma non stavolta, perché è qui che si consuma velocemente la storia che Ambra denuncia. Il senatore la invita a sedersi su un divanetto, prende il telefono e chiama uno dei vertici del partito: “Ho qui la persona che ti sostituirà”, dice, e dopo averla riempita di complimenti, riattacca. È in quel momento che Ambra capisce il ricatto: “Ho fatto quello che volevi, adesso tocca a te”, le dice.
Senza nemmeno darle il tempo di metabolizzare, il senatore la bacia. Quello che succede dopo è un’inesorabile discesa verso la violenza. Quando lei trova la forza di staccarsi, si allontana da lui e va verso la finestra, ma lui la raggiunge e le mette le mani sotto la gonna. Fino a toccarle le parti intime.
Ambra non ci sta, toglie le mani del senatore da sotto la sua gonna e va via. È entrata in quell’ufficio con l’ambizione politica e ne esce vittima del potere.
Ancora una volta è lui a cercarla, con chiamate e messaggi che cadono nel silenzio. Passano un paio di giorni e Ambra riceve una chiamata da un altro numero. Risponde: non è lui, ma la sua amante. I minuti che seguono sono pieni di insulti: “Sei una puttana, stai lontana da lui, non ti permetterò di prendere il mio posto”.
Le telefonate di lui intanto continuano, chiama piangendo e chiedendo un incontro. “Non riesco a chiudere occhio senza di te”, le scrive, “Dobbiamo essere felici insieme”. Lei gli risponde una volta sola: “Perché mi hai messo le mani addosso dentro al Senato?” e lui: “Perché sei bellissima”. A quel punto lei minaccia di denunciarlo se dovesse continuare a cercarla. E lui: “Sì, certo, denunci un senatore con l’immunità. Stai perdendo l’uomo e l’occasione della tua vita”.
E ancora: “Ma smettila a fare la perfettina, se non volevi che ci provavo non ti mettevi la gonna, che era un chiaro segnale, ti mettevi i pantaloni e facevi la frigida. Con questi movimenti femministi del cazzo vi siete tutte montate la testa”.
Lei non risponde, lui sparisce davvero. Qualche settimana dopo, su una testata online viene pubblicato un articolo in cui si parla di un senatore che molesta le sue assistenti. Una di loro parla, denuncia quello che le è successo. Parla anche di altre vittime, tutte terrorizzate all’idea di venire allo scoperto. Quello che si legge corrisponde a quello che è successo a Ambra, che ci racconta di essere stata contattata da una delle assistenti del parlamentare: “Ho una persona che dovresti sentire, anche lei ha subito quello che hai subito tu. Parlaci, denunciate insieme”. Ambra parla con questa ragazza: lei singhiozza al telefono mentre racconta la molestia subita nel 2018, quando il senatore era già quello che è oggi. “Mi ha rovinato la vita”. Quando la chiama è da poco diventata madre e non vuole esporsi, si chiude a riccio al solo pensiero di dover ripercorrere pubblicamente quello che ha vissuto e cercato di dimenticare.
I mesi di ricerche dietro quest’intervista hanno evidenziato come nessuno voglia mettere in pericolo il fortino che il senatore ha costruito attorno a sé. Eppure non mancano i messaggi che lo schiacciano sotto una colpa precisa: quella di abusare del suo potere per esercitare una forma di controllo sulle sue assistenti come rivelano alcuni messaggi di cui siamo entrati in possesso.
La voce inizia a girare. Ambra viene contattata anche da un giornalista di una testata nazionale, che le chiede conto di quelle voci. Non se la sente di parlare e respinge l'intervista, ma, dopo il confronto con l’altra vittima, inizia a pensare di denunciare il senatore. È passato da poco Natale, quando una mattina sente bussare violentemente alla porta. Guarda dallo spioncino e sul pianerottolo un grumo blu di poliziotti. Apre spaventata, pensa al peggio, mentre i poliziotti entrano e si presentano: è l’anticrimine, hanno il mandato per una perquisizione a casa e personale.
A fare la denuncia è il senatore. Non ci crede, Ambra. “Non abbiamo niente in mano, l’ha fatto per darti una lezione”, ammette il capo ispettore, che sostiene che chi denuncia non era stato in grado di portare delle prove concrete: i messaggi offensivi sui social di cui veniva accusata Ambra erano stati cancellati, non c’era traccia di quel reato. “Mi hanno rivoltato casa, ero veramente in lacrime, disperata, arrabbiata. Non riuscivo a capire, perché io ero già vittima”.
Ambra vuole vederci chiaro e va al commissariato di zona. Il vice ispettore le conferma l’anomalia dell’episodio e spiega: “I politici alzano il telefono e fanno quello che vogliono. Chi c’ha il potere si sente autorizzato a fare dall’alto del suo piedistallo”. La conferma arriva da un audio registrato proprio da Ambra in un secondo incontro con il vice ispettore. Secondo la ricostruzione, un vice capo della Polizia avrebbe ceduto alle pressioni del politico per velocizzare l’iter della denuncia e arrivare alla perquisizione in tempi brevissimi.
Quello che succede dopo, però, getta Ambra nello sconforto: durante il colloquio con il poliziotto a cui si era rivolta per chiedere aiuto, i commenti del pubblico ufficiale sono inopportuni: “Perché sei andata con la gonna a quell’appuntamento?”, come se l’abbigliamento fosse il lasciapassare per la molestia. Ma il peggio arriva quando, dopo l’incontro, il vice ispettore le invia una mail, le dice di tranquillizzarsi e aggiunge una postilla: “Comunque sei uno spettacolo”.
Di fronte all’ennesimo episodio di sessismo, maschilismo e abuso di potere, Ambra decide di rivolgersi a un superiore del capo ispettore, a cui gira la mail del suo sottoposto. In quel momento a Ambra viene promesso che saranno presi provvedimenti. E di questa cosa informerà tramite mail i vertici massimi della polizia di Stato.
Ma ad oggi non è successo nulla.
Siamo riusciti a ricostruire la rete fittissima di donne che da un punto all’altro dello stivale sono cadute ai piedi del senatore. A volte, ricoprono anche ruoli di una certa importanza nel partito, si fidano di lui e sperano che possa rappresentare il punto di partenza per una carriera nel mondo della politica.
Il parlamentare si circonda di persone fedelissime. Scandagliando i social del senatore, dei suoi collaboratori e di altre persone a lui vicine, individuiamo la dipendente del partito che aveva chiamato Ambra per esortarla a denunciare. Ambra la riconosce in una foto di gruppo e, incrociando i dati raccolti, risaliamo a lei. La contattiamo, tentenna, ma poi ci dà appuntamento in una centralissima piazza di Roma. Finalmente una crepa nel muro di omertà. Quando stiamo per arrivare, però, ci chiama: “Scusa, non posso, ho un altro appuntamento”. Tra la prima e la seconda chiamata passa un’ora: il tempo giusto, forse, per pensare a una carriera messa a rischio da quella conversazione. La chiamiamo più volte, cercando di convincerla dell’importanza di quell’incontro, ma non cede. Il giorno dopo riceviamo una chiamata: è l'ufficio stampa del partito. Lei ha scelto di difendere il senatore, alzandoci così il muro dell'ufficio stampa.
Non sarà l’unica che rintracceremo, ma dalle ragazze che crescono all’ombra del senatore la risposta sarà sempre la stessa: silenzio.
Fedeli e silenziose mentre lui continua ad alimentare la sua immagine di uomo tutto famiglia e partito. Ambra, nonostante la paura, ha deciso di farsi avanti, nella speranza che le altre vittime si riconoscano nella sua storia e denuncino: “Quello che ha fatto con me l’ha fatto anche con altre ragazze, io spero che si facciano avanti”. Intanto Ambra continua a ricevere messaggi di minaccia da anonimi: l'ultimo le è stato inviato su Instagram da un uomo che, dopo una verifica, ritroviamo tra gli amici del senatore.
Ambra andrà, nonostante la denuncia che ha subiro, non si arrende all’idea che quell’uomo abbia usato il suo potere istituzionale prima per molestarla e poi per intimorirla.
Abbiamo chiamato il commissariato: il capo ispettore è ancora lì, come anche il senatore, che nel pieno della campagna elettorale sorride sereno ai suoi sostenitori, convinto che la verità non verrà mai a galla. “I cittadini stanno votando una persona pagata profumatamente da loro che fa andare una ragazza nel suo ufficio del Senato e la molesta” – chiosa Ambra.
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