Il business delle ecomafie ha raggiunto i 14,1 miliardi di euro
"Mai nella storia del nostro Paese sono stati effettuati tanti arresti per crimini contro l’ambiente come nel 2017, mai tante inchieste sui traffici illeciti di rifiuti". Si tratta di uno degli aspetti più interessanti fra quelli che emergono dal Rapporto Ecomafia diffuso oggi da Legambiente. Al contempo, però, è cresciuto anche il fatturato delle ecomafie, che arriva a quota 14,1 miliardi, con una crescita del 9,4% che si deve soprattutto agli illeciti relativi al ciclo dei rifiuti, alle filiere agroalimentari e al racket animale. Per il presidente di Legambiente Stefano Ciafani, "i numeri di questa nuova edizione del rapporto Ecomafia dimostrano i passi da gigante fatti, ma servono anche altri interventi, urgenti, per dare risposte concrete ai problemi del paese. La lotta agli eco criminali deve essere una delle priorità inderogabili". Un auspicio condiviso dal presidente della Repubblica che, in un messaggio, si è detto convinto "che il rapporto contribuisca a far crescere energie positive e impegno, anzitutto nei giovani, la cui sensibilità per i temi dell’ambiente – e dunque del loro futuro – è molto sviluppata".
Il risultato più importante, sul fronte della repressione, si deve anche all'applicazione della legge 68, la nuova normativa che ha introdotto gli ecoreati nel Codice penale. La nuova legge è stata applicata 484 volte per contestare l’inquinamento ambientale (361 casi), l’omessa bonifica (81), i delitti colposi contro l’ambiente (64), il disastro ambientale (55), l’impedimento al controllo (29) e il traffico di materiale ad alta radioattività (7): sono state 31 le persone giuridiche e 913 le persone fisiche denunciate, 106 i sequestri per un valore complessivo di oltre 11,5 milioni di euro. Complessivamente nel 2017 gli illeciti ambientali sono stati 30.692 (+18,6% per cento rispetto all’anno precedente), 39.211 le persone denunciate (con una crescita del 36%) e 11.027 i sequestri effettuati (+51,5%). Quasi la metà degli illeciti (44%) è avvenuta nelle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso: al primo posto la Campania (con il 14,6% del totale nazionale), seguita dalla Sicilia, dalla Puglia, dalla Calabria e dal Lazio.
La maggior parte delle infrazioni, circa un quarto, si è concentrata nel settore dei rifiuti: 76 sono state le nuove inchieste aperte dalla magistratura per traffico organizzato (erano 32 nel 2016), con 177 arresti, 992 trafficanti denunciati e 4,4 milioni di tonnellate di rifiuti sequestrati (otto volte in più del 2016). A seguire nella classifica i delitti contro gli animali e la fauna selvatica (22,8% del totale degli illeciti), gli incendi boschivi (21,3%), il ciclo del cemento (12,7%). Tra le tipologie di rifiuti preferite dai trafficanti ci sono i fanghi industriali, le polveri di abbattimento fumi, i Raee (rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche), i materiali plastici, gli scarti metallici (ferrosi e non), carta e cartone. L'obiettivo dei trafficanti non è tanto il loro smaltimento vero e proprio quanto le finte operazioni di trattamento e riciclo, sia per ridurre i costi di gestione che per evadere il fisco.
In lieve diminuzione rispetto al 2016 le infrazioni sul ciclo del cemento. Lo scorso anno sono state notificate 3.908 infrazioni e denunciate 4.977 persone. Il 46,2% dei reati si è consumato in Campania, Sicilia, Puglia e Calabria. In Italia si continua a costruire abusivamente: secondo le stime del Cresme, nel 2017 in Italia sarebbero state circa 17.000 le nuove case abusive. Un dato che testimonierebbe il fatto che, "dopo anni di recessione significativa – l’edilizia, e quindi anche quella in nero, abbia ricominciato a lavorare". Molto resta ancora da fare per le demolizioni degli edifici abusivi, secondo Legambiente "solo pochi e impavidi sindaci hanno il coraggio di far muovere le ruspe, rischiando in prima persona".
In crescita i reati nel settore agroalimentare e contro la biodiversità. Nell'agroalimentare sono avvenute 37mila infrazioni: 22mila persone denunciate e/o diffidate, 196 arresti e 2.733 sequestri, per un valore di un miliardo di euro (erano 700 milioni nel 2016). I settori più colpiti sono quello ittico, della ristorazione, di vini e alcolici, della sanità e cosmesi e in genere nel campo della repressione delle frodi nella tutela della flora e della fauna. 7mila sono le infrazioni (+18% rispetto al 2016) e più di 6mila le persone denunciate "per aggressioni sulla pelle di lupi, aquile, pettirossi, tonni rossi, pesci spada e non solo". La Sicilia è in testa per numero di illeciti (1.177 pari al 16,8% del totale nazionale), seguita dalla Puglia (946 reati), dal Lazio (727) e dalla Liguria per la prima volta in quarta posizione (569), prima della Calabria (496) e della Campania (430).